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CARTA VINCE, CARTA PERDE. E I COCCI SONO TUOI (Cuba, Iran, Siria, Serbia, Grecia).

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“Il cristianesimo non se l'è presa forse anch'esso con la proprietà privata, con il matrimonio, con lo Stato? Non ha predicato, in loro sostituzione, la beneficenza, la mendicità, il celibato e la mortificazione della carne, la vita claustrale e la Chiesa? Il socialismo sacro è soltanto l'acquasanta con la quale il prete benedice la rabbia degli aristocratici”.(Karl Marx)
“A chi desidera acquisire un'idea intuitiva della Santissima Trinità, non posso consigliare di meglio che sognare niente, finché non si sia addormentato. [...] "No", "niente", "non", questo è il concetto intuitivo della Santissima Trinità”.(Karl Marx)
“Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola”. (Karl Marx)

“La critica della religione è il fondamento di ogni critica”. (Karl Marx)

“Sono rimasto molto colpito dalla saggezza e modestia del papa. Leggo tutti i suoi discorsi e a Renzi ho detto che se il papa continua così tornerò alla Chiesa cattolica… Quando il papa verrà Cuba a settembre prometto di andare a tutte le messe e già ora leggo tutti i suoi interventi”. (Raul Castro)

“Barack è un uomo onesto. Ho letto due sue biografie e so che agisce in modo onesto grazie alle sue origini umili” (Raul Castro)

Il nostro obiettivo è di inserirci in un grande programma di privatizzazioni: agroindustria, meccanica e turismo sono i settori privilegiati per gli investimenti statunitensi”. (Carlo Calenda, viceministro cubano allo sviluppo economico)

Stramazzato sulla via di Damasco
Nelle citazioni qui sopra c’è l’epitome, la sintesi, di un processo controrivoluzionario. Il nemico numero uno rimangono, storicamente, ontologicamente ed escatologicamente, la Chiesa, la sua dottrina totalitaria, la sua ideologia  mendace e ricattatrice, la sua strategia bimillenaria di obliterazione o corruzione di cervelli e vite. Ma Raul Castro in Vaticano esprime plausi e ringraziamenti ai Papi che hanno operato per le “riforme” di quello che per il mondo erano la rivoluzione e lo Stato socialisti, e per la riconciliazione con lo Stato canaglia che da oltre mezzo secolo assedia, aggredisce, terrorizza Cuba e tutta l’America Latina. Con il concorso psicofisico delle sette cristiane evangeliche, che dilagano per tutto il continente, compresa Cuba, e, in questo caso, con quello della Chiesa cattolica. Da che mondo è mondo, non s’è mai vista una Chiesa di denominazione cristiana favorire emancipazione, libertà, prosperità, se non delle élites proprietarie e predatrici. E Bergoglio è stato messo lì per fare da anti-Chavez e riavvolgere il gomitolo della liberazione latinoamericana negli ultimi 15 anni. Con la stessa funzione affidata al polacco Woytila nei confronti dell’URSS e del socialismo di ogni denominazione.

 Felipe Perez Roque

Tutto incominciò il 2 marzo del 2009, quando Raul Castro, succeduto al fratello Fidel, eliminò dalla scena politica e da ogni visibilità in perpetuo il ministro degli esteri Felipe Perez Roque e il vicepresidente di Cuba, Carlos Lage. Felipe Roque, punta di diamante della seconda generazione rivoluzionaria, coerente antimperialista, amatissimo dal popolo, era considerato il vero delfino di Fidel. Insieme ai due protagonisti della rivoluzione, furono cacciati una sessantina di ministri, viceministri, dirigenti del partito, alti funzionari,  sostituiti da veterani militari ottuagenari. Lo Stato confiscato dall’esercito. Per sei mesi, fino a quando non apparve un video in cui, nel corso di un’occasione conviviale, i due incriminati “scherzavano” sulle condizioni psicofisiche di Fidel, dell’operazione che decapitò il governo del paese non venne data alcuna spiegazione alle masse, né in patria, né all’estero. Si parlò vagamente di “intese con interessi stranieri”. Nessun ricorso, nessuna difesa furono consentiti.

Il secondo provvedimento, poi sancito dal congresso del partito, fu il radicale rovesciamento della politica economica, con il licenziamento progressivo di 500mila dipendenti dello Stato e il lancio di una campagna di privatizzazioni che coinvolse metà dell’economia cubana. Si pensava, così, di rimediare agli effetti nefasti dell’embargo, ma anche, con ogni evidenza, alle carenze e incapacità di uno Stato dalla burocrazia ossificata e in gran parte corrotta (Fidel lo denunciò molte volte), che non era mai stato in grado di sviluppare un’agricoltura efficiente, in un paese a vocazione agricola, e neppure una semplice industria di base, rimanendo costantemente in condizioni di dipendenza dalle importazioni e dal turismo, prima dall’URSS e poi da alcuni paesi amici o che non guardavano per il sottile.
  

Venne poi, nei tempi recenti, il disgelo o riavvicinamento agli Stati Uniti, proposti dalla versione soft del reaganismo e dei neocon imperialisti, impersonata da Obama sul piano politico, economico, sociale e, su quello culturale, dai tre papi che si sono avvicendati a Cuba. La funzione di questi ultimi era di verniciare di libertà, buonismo, tolleranza, interclassismo, le riforme per un socialismo alla vietnamita, nel quale imperversa, all’ombra delle multinazionali, un capitalismo di rapina che vede oggi dominare una casta di privilegiati il resto della popolazione impoverita e spodestata. La massima voce critica, il generale Giap, si spense nel 2013.

Que linda es Cuba?
Di tutti questi rivolgimenti veramente epocali, al di là dello sconcerto di esponenti della sinistra latinoamericana, nessuna associazione di amicizia con Cuba si fece carico di discutere con i suoi aderenti o con l’opinione pubblica, per verificarne meriti e demeriti. Oggi nell’Avana infestata da migliaia di bancarelle, dove gli ex-statali, dotati di licenza d’impresa (ma senza il minimo supporto finanziario o infrastrutturale), si arrabattono  a vendere bibite, dolci e centrini fatti in casa.

Allo sviluppo pensano, secondo le anticipazioni di Raul e dei suoi ministri, gli investimenti stranieri, le privatizzazioni di quanto può essere privatizzato, e quindi la ricostruzione alla grande della “socialista” proprietà privata. Le maggiori industrie agrochimiche Usa e UE si preparano al festino sull’arretratissima agricoltura cubana. Quelle delle costruzioni e delle infrastrutture, come quelle di viaggi, trasporti e turismo,  si leccano i baffi  in vista del potenziale turistico dell’Isola e della capacità di consumo di cui beneficerà la créme della società partorita dalle riforme. Un ricordo personale: in un docufilm – El Camino del sol - di molti anni fa, denunciai la presenza di necrogeni tetti d’amianto su migliaia di case contadine. Da un ministro mi fu assicurato che si trattava anche di una forte preoccupazione delle autorità preposte e che si sarebbe rimediato. A oggi la situazione non è cambiata, a dispetto di un’isola fatta di argilla e che potrebbe produrre tegole e mattoni a milionate.

L’arrivo di Monsanto eTotal, di McDonald’s e Coca Cola, di Wall Mart e Goldman Sachs, l’invasione di milioni di turisti Usa dal portafoglio ansioso di svuotarsi su divertimenti e consumi di lusso, saranno la panacea che ridarà benessere a un popolo deprivato da mezzo secolo di assedio esterno, di burocrazia inefficiente e di corruzione? Visto che di “rinnovamento del socialismo” si parla, quale è la teoria che, nel presente, modifica e aggiorna il socialismo del suo fondatore scientifico? Quali sono gli obiettivi voluti, quali quelli possibili, compatibili con il progresso del popolo, con autodeterminazione e sovranità?  Quale sarà il destino delle prodigiose Istruzione e Sanità che avevano sollevato la società cubana al livello più avanzato sul piano intellettuale e della salute?. La Chiesa, con il primate di Cuba, Jaime Ortega, padrino “spirituale” delle trasformazioni, ha già avanzato le consuete rivendicazioni su insegnamento, cura, associazione e comunicazione. Strumenti per obliterare quanto rimane di una coscienza rivoluzionaria e di classe. Risentiranno della concorrenza, oltre che i templi ora sempre affollati dei Testimoni di Jehova o degli Avventisti del 7° giorno, anche le scuole, università, ospedali, gratuiti di Stato?

Non siamo profeti e geopoliticamente capiamo quel che capiamo. Ma qualcosa vediamo. Il flirt con i papi e con l’Obama “onesto” si svolge sullo sfondo di un mondo in controtendenza. C’è un’America  Latina che, al suo vertice a Panama del mese scorso, all’unanimità ha isolato gli Usa e gli ha ributtato in faccia il decreto obamiano con cui al Venezuela veniva annunciata la guerra, sulla base della definizione “di grave ed imminente pericolo alla Sicurezza degli Stati Uniti”. Questo, dopo che da oltre un anno contro il Venezuela bolivariano vengono scatenati i terroristi dell’estrema destra (43 morti), sicari della vecchia élite detronizzata da Chavez.  Alle pressanti destabilizzazioni che Obama ha accentuato nei paesi delle riforme sociali e dell’antimperialismo, hanno risposto con le mobilitazioni diplomatiche e di massa Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Uruguay, Argentina (colpita dall’infame accusa di Bergoglio di narcotraffico. Mica la Colombia, il Perù, il Messico…). Su questa aggressione, che ha avuto i capitoli più eclatanti nei colpi di Stato in Honduras e Paraguay e che vede nei paesi subalterni moltiplicarsi vuoi basi e militari Usa, vuoi  processi neoliberisti, nulla dice il Papa, nulla hanno mai detto i papi.

Ma l’Obama soft (c’è sempre, ai vertici politici o ecclesiali una funzionale successione di tipi hard e tipi soft (questi ultimi più feroci, astuti e infinitamente più pericolosi) ha un raggio d’azione più ampio rispetto al solo continente latinoamericano. Mentre Raul concorda l’apertura delle ambasciate, l’imminente fine dell’embargo, l’esclusione dalla lista dei paesi terroristi (Guantanamo??), e garantisce cancelli spalancati a manipolatori di terre, acque, aria, risorse, cervelli,  “l’onesto” Obama si dà a fare in giro. Se ne possono trarre ampie rassicurazioni su come si evolverà il rapporto tra la massima potenza economica e militare mondiale e un’isola, a dispetto del proprio grande popolo, in ginocchio.
 C’era una volta…

Obama ha moltiplicato, o direttamente, o con surrogati importati, le guerre di Bush: quella afghana prolungata a tempo indeterminato, Libia distrutta, Siria massacrata, Iraq squartato, Pakistan,Yemen e Somalia bombardati, Ucraina destabilizzata e spaccata in funzione dell’aggressione alla Russia, armamentario nucleare ammodernato, forze speciali del Pentagono e della Cia in decine di paesi. In più l’uso planetario del terrorismo e delle operazioni False Flag. E’ a questo uomo “onesto” perché di “umili origini” (tutt’altro, madre Cia), si può dare fiducia, dando in pegno il proprio paese e popolo?
Noi, che abbiamo militato per la rivoluzione cubana, restiamo fedeli all’impegno di solidarietà con il popolo di Cuba, non necessariamente con i suoi governi.  Nel giorno dei salamelecchi al papa che farà tornare cattolico il presidente cubano, Fidel ha scritto un articolo intitolato “Nuestro derecho a ser Marxistas-Leninistas”.  C’è la frase qui sotto. Troppo poco troppo tardi?

“I 27 milioni di sovietici che morirono nella Grande Guerra Patriottica lo fecero anche per l’umanità e per il diritto di pensare ed essere socialisti, marxisti-leninisti, comunisti e di uscire dalla preistoria”. (Fidel Castro, 11 maggio 2015)


Ahmadinejad e Chavez

Le carte iraniane
Entro la fine di giugno si dovrà siglare l’accordo nucleare di Ginevra tra l’Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania. Ma le linee fondamentali del “compromesso” sono note e consolidate. E si sa che fine fanno i “compromessi” con il più grande Stato Canaglia della storia. In cambio di un “eventuale” alleggerimento delle sanzioni genocide, da anni inflitte al popolo iraniano, Tehran dovrà eliminare il 90% della sua infrastruttura nucleare. Quella che al paese è costata circa 200 miliardi di dollari e l’assassinio, per mano dei terroristi MEK al soldo di Washington, dei suoi cinque migliori scienziati nucleari.

Tutti i pilastri dell’industria nucleare verranno demoliti o de-installati, a costi altissimi, compresi quelli per la costruzione di depositi di scorie. L’arricchimento al 20% dell’uranio, insufficiente per qualsiasi ordigno atomico, ma indispensabile a fini sanitari ed energetici, verrà ridotto al 3,67%, con il quale si fa al massimo un po’ di ricerca teorica. Due terzi delle 19.000 centrifughe saranno smantellate. Si potranno usare, a Natanz, solo 5.060 centrifughe della vecchia generazione. L’Iran dovrà distruggere il reattore ad acqua pesante di Arak e convertirlo ad acqua leggera. Il materiale esausto dovrà essere portato fuori dal paese. Non saranno consentiti ricerca e sviluppo su tali materiali. L’arricchimento così limitato dovrà essere confezionato a Natanz. Sede, diversamente dalla centrale di Fordow, esposta ai bombardamenti, mentre quelle sotterranee, impenetrabili ai missili, saranno convertite.

L’Iran, per arrivare a questo accordo preliminare, ha bypassato il Majlis, il parlamento.e ha provocato massicce manifestazioni di protesta a Tehran, capeggiate dal sindaco Ghalibal con gli studenti delle università, nelle maggiori città e nei media. Tutto il settore politico e sociale che si riconosceva nel precedente presidente, laico, Ahmadinejad, sconfitto alle elezioni dalle divisioni interne al campo antimperialista e delle classi lavoratrici (in Occidente rinominato “conservatore” e “radicale”), si è sollevato contro un cedimento che, invece, ha avuto il consenso dei maggiorenti del sistema: Ali Khamenei, guida suprema, Hassan Rouhani, ayatollah premier, espressione della borghesia liberista già mazzolata dal predecessore, il ministro degli Esteri Zarif. Silenzio dei Guardiani della Rivoluzione.
Spot. Un’ideuzza di quale fosse l’Iran con Ahmadinejad  e i “radicali” al potere, di come vivessero la gente, le donne, i giovani, gli artisti, di quali fossero gli attentati imperialisti alla società e quale la resistenza degli iraniani, si può ricavare dal docufilm “TARGET Iran” (vedi www.fulviogrimaldicontroblog.info)

Tardiva e retorica è suonata la minaccia di Khamenei che l’Iran non avrebbe adempiuto all’accordo (in parte già concretizzato) se non dopo l’immediata e totale abolizione delle sanzioni. Abolizione, del resto, resa di attualità e interesse anche per parecchi Stati occidentali – al di là della furia genocida dei nazisionisti e dei sociopatici Saud traballanti sul trono – che si sono scoperti fortemente danneggiati dalla perdita di quel mercato e di quelle materie prime.  

L’accordo di Ginevra, imposto a un paese che ha firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, che non ha mai inteso produrre armi nucleari (anzi, vennero colpite da una fatwa di Khomeini) e da anni propone un Medioriente denuclearizzato (comprese le 400 bombe del belluino Israele!), è il risultato di una quasi quarantennale campagna di satanizzazione dell’Iran e dei suoi governi, condotta dall’Occidente  e dalla tutt’altro che innaturale alleanza Israele-satrapie del Golfo. Fa il paio con un’altra impresa coloniale: l’accordo del 1919 firmato dal re Ahmad Shah e dal ministro britannico Lord Curzon, intesa a incorporare la Persia nell’impero britannico. I promotori iraniani dell’accordo, primo ministro e due membri del gabinetto, risultarono collezionisti di tangenti britanniche. L’Iran divenne un protettorato militare ed economico del Regno Unito, sebbene il parlamento, come oggi, non avesse mai approvato il trattato. A volte, nella storia, le tragedie si ripropongono come tragedie, non sempre come farsa. Un elemento farsa traspare solo dall’imputazione all’Iran di velleità nucleari armate, mossa da chi sapeva perfettamente che era infondata , ma finalizzata a bloccare il generale ammodernamento tecnologico e industriale di  una potenza regionale che metteva a rischio l’egemonia e la stabilità dei regimi reazionari e militaristi dell’area.

Hard e Soft

Se poi si pensa a Cuba, dove 50 anni di embargo e di attentati terroristici non hanno guadagnato agli Usa che quattro scalzacani dissidenti, si vede come risulti inane, ottusa e retrograda, oltreché pericolosa per tutti, la strategia hard di Israele e della bella compagnia di califfi con cui, in questo momento, tenta di radere al suolo lo Yemen (ma Huthi e yemeniti impegnati per la libertà avanzano e attaccano anche su territorio saudita). Se l’Iran è oggi il motore, quanto meno ideale, della resistenza araba in Iraq, Siria, Libano, Gaza,Yemen; se si trattava del paese più tecnologicamente, economicamente e militarmente progredito dell’area; se era una componente non indifferente di un fronte mondiale riunito intorno a Russia, Cina, BRICS, gran parte del Sud; se costituiva una barriera di difficile abbattimento nella marcia verso la Russia e l’Asia centrale ex-sovietica, con il sistema hard storicamente fallito, era d’uopo passare al metodo soft. Quello del presidente nero e del Francesco venuto da  lontano e che dice buonasera.

Prima, con la rivoluzione colorata del 2009, fallita clamorosamente, poi con sanzioni e diplomazia: moine, ricatti, corruzione della dirigenza.  Insomma, portare l’Iran dalla “nostra parte”, con le cattive travestite da buone. Isolare Russia e Cina. Frantumare la mezzaluna scita, più antimperialista che scita. In Iraq e Siria la lotta contro l’invasore Isis, mercenariato Usa-Golfo che l’Alleanza occidentale finge di bombardare (mentre inconfutabili testimonianze mostrano, anche in video, che le “bombe” sono rifornimenti di armi e vettovaglie), vede sempre più uniti sciti e sunniti. In Siria da sempre e vi si aggiungono i cristiani. Tutto questo appariva l’opzione necessaria una volta constatato, dopo mille tentativi, che le martellate sui denti degli iraniani non provocavano che il consumo del martello.

L’Iran ha carte di riserva? Ha soluzioni B in tasca? L’Iran di Ahmadinejad, degli studenti di Tehran, delle classi non privilegiate, impegnato con gli Hezbollah, la Siria, l’Iraq, lo Yemen, Gaza, amico di Cina e Russia, ci riserverà qualche sorpresa? L’accordo sul nucleare con l’Associazione a delinquere dei tecnonazisti d’Occidente (che a Kiev ormai si rappresentano come tali celebrando la “resistenza nazista al bolscevismo”, in Italia danno l’olio di ricino alla Costituzione, nel Golfo e a Tel Aviv stanno come stanno) non conforta una simile prospettiva. Ma, non si sa mai.

Blair, vicerè UE in Serbia
Per non farci mancare niente, aggiungo altri due episodi deprimenti di uno sceneggiato messo in scena dalla Cupola. In Serbia, proiettata verso un’Europa che scricchiola da tutte le parti e, dunque, verso la Nato (già sono arrivati i “consiglieri” Usa, già la Serbia partecipa a manovre congiunte), è stato nominato consigliere del primo ministro Alexander Vucic, l’ex-premier britannico e criminale di guerra Tony Blair, il losco serial killer che scatenò l’inferno sull’Iraq con il pretesto che Saddam poteva polverizzare Londra in 45 minuti e che si era fatto le ossa bombardando, con il compare D’Alema, la Serbia nel 1999. Altri regimi cui Blair presta esperienza e consigli sono democrazie come il Kuwait, il Ruanda, l’Albania e l’Azerbajan. Mentre sono i peggiori tabloid scandalistici, fautori delle sue imprese scellerate, come La Repubblica, che ne ospitano gli spurghi editoriali. I guadagni di Blair, che già nel 2011 ammontavano a 20 milioni di sterline, sono a carico della famiglia governante gli Emirati Arabi Uniti. Gli stessi che, con i sovrani vicini, mandarono armi, fondi e miliziani alla quinta colonna bosniaca e kosovara.

Chi ha vissuto con i serbi del 1999 e seguenti, dall’assalto occidentale all’ultimo baluardo di una Jugoslavia unita e socialista, alla miracolosa ricostruzione nel giro di 2 anni (anche della Zastava-automobili, per mano degli operai, ora decimati e marchionnizzati), fino al colpo di Stato Cia, assistito dai sorosiani di Otpor, si chiede dove sia finito quel popolo fiero, irriducibile, che ho visto sfidare gli F15 e 16 spediti dalla cosca di assassini da Aviano. Sui ponti del Danubio, sui piazzali della Zastava, nelle stazioni ferroviarie, nelle piazze dei paesi, con le magliette “Target” sul petto, offrivano cantando l’inno nazionale un beffardo ed eroico bersaglio ai codardi terminator al sicuro in alto. Ressero per lunghi anni, i serbi, nel rifiuto della fagocitazione euro atlantica. Poi pare che si sia spento tutto. E contro il genocida Blair, che si sappia, si è levata solo qualche voce in parlamento. Forse i popoli hanno limitate riserve di energia. Forse dopo un grande sforzo collettivo, c’è il down collettivo. Vedi l’Italia dopo il Rinascimento, dopo il Risorgimento, dopo le lotte operaie e contadine del dopo-1919, dopo la vittoria partigiana, dopo il ’68-’77…

Grecia, carta perde
Potrei chiudere con Tsipras e con il povero Varufakis, commissionato con due guardie del corpo estratti dalla componente liberista, dopodiché tale ridimensionamento era stato reso opportuno per mostrarsi in sintonia con i capobastone burocratici che lo avevano definito ragazzaccio incompetente. Vabbè, Tsipras ha riassunto i dipendenti della Tv di Stato e le straordinarie donne delle pulizie del ministero. Ma più paghi debito e più ti tocca indebitarti. Una spirale alla cui fine pende un cappio. Così pianificavano i Rothschild  fin dal ‘700. Ma le privatizzazioni sono passate, servizi, aeroporti, porti, infrastrutture. Pare la devastazione dei beni pubblici operata negli anni ’90, sotto ferula Soros, da Ciampi, Amato, Dini, Draghi, Prodi. Tra le conseguenze programmate: interramento della sinistra e nascita del Partito Unico della destra capitalista e sub-imperialista. Fino al climax, con Renzi. Se la vedranno brutta coloro che hanno creduto in Tsipras (e i loro epigoni attaccati allo strascico di Madame Spinelli). Difficilmente l’avrebbero vista più brutta, se il rifiuto del debito, costruito ad arte da mandanti esterni ed esecutori interni, l’uscita dall’ Euro, una non meramente propagandistica richiesta di risarcimenti di guerra alla Germania, li avesse portati fuori dalla portata degli antropofagi. Prima che questi  disperdessero nel mare di madre Teti e di padre Poseidone i brandelli di una Grecia che più nome non ha.

Siria al V anno di resistenza


Una parola di zolfo sulla Siria, innescata da questo tweet con foto dell’ineffabile boss di Human Rights Watch, quel Mario Appelius angloassone-israeliano (*) che, a volte, tira la giacchetta ai qualche brutalone tra i militi di Obama o Netaniahu e, sempre, mette fuoco a tutte le jallabieh, i turbanti e i colbacchi che non siano indossati da satrapi amici. La straziante scena di distruzione raffigurata nell’immagine è una chiavica: è detta di Aleppo bombardata con bombe-barili del demoniaco Assad, “uccisore del proprio popolo” (così Gheddafi, Milosevic, Saddam). L’operazione e tracotante, volgare e soprattutto stupida. Perché non c’è voluto niente per scoprire che quella foto si riferisce a Gaza dopo l’operazione israeliana “Margine di Sicurezza”. Città disintegrate insieme ai corpi di quasi 2.500 palestinesi. 

*Appelius, giornalista e turiferario delle peggiori nefandezze belliche, coloniali e interne del fascismo

Alla notizia ferale della conquista jihadista, con relativi massacri e fosse comuni, di idlib al confine turco, risponde quella della riconquista del circondario intorno a Idlib da parte delle truppe patriottiche; alla caduta di alcuni centri a Sud verso la Giordania, segue la riconquista di tutto il Qalamun, la zona tra Siria, Golan e Libano, già in parte co-amministrata da Al Nusra ed esercito israeliano. Il rilancio in questi giorni di una nuova virulenta campagna statunitense e jihadista  di accuse al governo nazionale di aver fatto ricorso ad armi chimiche, proiettili al cloro, cozza contro l’evidenza di analoghe passate spostamenti delle responsabilità dagli autori Al Nusra ai governativi. E anche contro il dimostrato uso di armi al cloro da parte dell’Isis in Iraq. Si direbbe un clamore inteso a depistare dalle notizie di fonte sicura, ed anche ammessa, dell’arrivo di  contingenti di militari Usa  sia in Ucraina, sia in Giordania e Turchia, per l’addestramento al terrorismo contro le libere repubbliche del Donbass, contro Siria e Iraq, di nuove ondate di mercenari sollecitati da Europa, Medioriente e Asia. E anche i turchi starebbero per intervenire direttamente, in collusione con il nuovo monarca dei Saud, Salman, subito rivelatosi molto più rabbioso e bellicoso del tentennante predecessore Abdallah, che a Obama piaccia o non piaccia. Parrebbe, qui, che prevalga il metodo hard.


Aspettando Putin, ultimamente visto nella Mosca del 70° della vittoria sul nazifascismo, in una Russia  consapevole della sua rinascita dal collasso e dalla svendita del fiduciario Usa Eltsin. Una Russia determinata a contrastare i rigurgiti nazisti. Quelli emergenti da varie parti, istigati e legittimati dagli sponsor occidentali, contro i quali la Russia ha proposto una risoluzione ONU,  che le "democrazie"occidentali, padrine dei Renzi e dei Poroshenko, dei califfi e dei battaglioni Azov, hanno respinto. Cosa volete di più.

I CALIFFI SONO TRA NOI. E non sono musulmani. (Vedi Appello No Nato)

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Palmira e le altre
Mentre i sicari del coacervo satanico Usa-Golfo-Turchia-Israele, vengono lanciati contro il sito millenario romano di Palmira, per sradicare, come in Iraq, oltre alle vite, la memoria storica, la coscienza collettiva e, dunque, l’identità e la consapevolezza di sé, dei popoli arabi organizzati in Stati, i cialtroni consanguinei ed emuli dei massacratori fascisti Baldo, Graziani, Mussolini, si muovono ancora una volta , grottesche caricature di pretoriani imperiali, alla riconquista, pro domo eium, della Libia.

L’operazione jihadisti trogloditi e mozzateste viene avviata dalla Cia negli anni ’70, inviando alle madrasse islamiche di Afghanistan e Pakistan testi finto-islamisti che sollecitano alla guerra santa, alle stragi di infedeli e gli forniscono indicazioni su come allestire massacri di infedeli. Roba che nessun musulmano, tantomeno Saladino, si era mai sognato. Si trattava di rovesciare il legittimo governo comunista di Najibullah (poi impiccato a un lampione) che contro questa canea di barbari aveva legittimamente chiesto l’aiuto dell’URSS. Dal successo dell’operazione si è tratto l’incentivo di estenderla a tutti gli Stati nazionali arabi con il risultato, sotto gli occhi di tutti gli dei antichi che l’avevano ispirata, della distruzione totale dell’Iraq, della Libia, della Siria, della Somalia e  dello Yemen e con l’apertura del nuovo fronte euro-asiatico in Ucraina e in altri paesi, islamici o meno, della Federazione russa.

Finanziato da Washington e dai satrapi alleati, addestrato dagli istruttori Usa e dai  loro lanzichenecchi turchi e giordani, il coacervo mercenario Al Qaida-Al Nusra-Isis, è impegnato ora a obliterare questi paesi nel più profondo della loro essenza, polverizzandone l’anima e il corpo da Niniveh a Hatra, da Mosul a Palmira. Per i  quali siti della migliore storia umana qualche ingenuo si era immaginato un impegno universale a proteggere e perpetuare la civiltà, al limite con i caschi blù dell’ONU. Figuriamoci, dopo aver tanto brigato per cancellare varie civilizzazioni dalla faccia del pianeta, a forza di missili, TTIP, cibo tossico, malattie indotte e cellulari, sarebbe stato darsi la zappa sui piedi

Si congiungono nell’intento le barbarie dei due Stati supercriminali, Usa e Israele, frustrati da un passato di civiltà di cui sono privi, e il feroce oscurantismo di dittature dinastiche in ansia per la collera dei propri popoli. Si noti il parallelismo tra l’apocalisse scatenata contro i paesi del Sud del mondo e, la strategia imperialista, iniziata con il Piano Marshall e la Nato e culminata con l’Unione Europea, che ora si completa con TTIP e TISA (Trattati di libero scambio Usa-UE), con i quali si sostituisce allo Stato di diritto lo Stato, o Non-Stato, del mercato. Cioè delle multinazionali della sopraffazione armata ed economica che farà di un insieme di non-più Stati, sotto il dominio tirannico delle èlites transnazionali nominate dalla Cupola e intrecciate alla criminalità organizzata, l’appendice coloniale dell’impero a guida Usraele. Un duo che, grazie alla truffa della “crisi”, esibisce oggi la più grande diseguaglianza sociale dai tempi degli schiavi nei campi di cotone e nelle filande di Manchester. Seguita a ruota dall’Italia del capobastone Renzi.

Mondialisti e Stati Nazione
Manca il caporale di giornata Napolitano.

Dai Rothschild, Rockefeller e aggregati necrogeni affini l’obiettivo era stato dichiarato chiaramente: rimpiazzare gli Stati nazionali, con le loro costituzioni, con i loro contratti sociali, per quanto più o meno equi, più o meno sbilanciati a favore di una classe o dell’altra, con la loro legislazione su diritti, tutele, vincoli, con il potere assoluto di un governo mondiale gestito dal complesso militar-industrial-bancario angloassone-israeliano. Spaventoso e irreversibile è il crimine storico della “sinistra”, sedicente comunista, socialista o anarchica, nell’aver fornito carburante ideologico al cosiddetto “superamento degli Stati Nazione”, estrema barriera all’obiliterazione della sovranità popolare, cioè della politica, per mano dell’economia.


Capri espiatori
Ripetendo lo sconcio di capi di governo e di Stato che, da Valpreda in poi, hanno sciolto peana alle “forze dell’ordine” per l’una o l’altra impresa, poi risoltasi in montatura, provocazione e  bufala, Renzi e Alfano, avvoltolati nella bava dei lecchini mediatici, hanno profuso allori e incenso sui poliziotti che hanno catturato il “terrorista” del museo Bardo a Tunisi, Abdel Majid Touil. In combutta con le teste di legno al governo a Tunisi, ansiose di dotarsi di credibilità antiterroristica, gli sprovveduti dilettanti nostrani allo sbaraglio , ma anche sicari del terrorismo USraeliano, propagandato e a volte allestito, indotto in modo da essere, se non reale, percepito, sono stati coperti di infamia e ridicolo dalla grandinata di prove e testimonianze che, dimostrandolo a scuola e in casa, piuttosto che con il Kalachnikov al Bardo, esonerano totalmente il povero giovanotto marocchino. Distruggendo la vita sua e dei suoi famigliari, si è voluto dare concretezza alle fesserie, organiche alla destabilizzazione imperialista dell’Europa e allo Stato di Polizia in corso di costruzione in Italia, spurgate dagli assoldati Isis e rilanciate dall’eroe padano di tutte le tv, relative a terroristi su barconi all’assalto di Roma. Che funzioni o no, per Renzi e il reperto crociato Alfano  vale il Fede delle uniche volte che diceva cose vere: “Che figura di merda!”

Di pacchetto terrorismo in pacchetto terrorismo, dovremmo finire incapaci di rispondere al processo in atto segnato dall’accelerazione forsennata delle sue tappe: Sblocca Italia, Jobs Act, corruzione di Costituzione, delle istituzioni e di tutto il resto, scuola di idiozia e precariato, obbedienza affidata a presidi tirannelli, fiduciari del vampirismo imprenditoriale e bancario,  legge antigiudici e controllo della magistratura (vedi sentenze Bussi, Eternit, Calciopoli, processo trattativa-mafia-Stato, repressione di investigatori irriverenti. Tutto nel segno di una potenziata alleanza con quella malavita, in cravatta o coppola, cui gli Usa affidarono, fin dal 1943, la co-governance  del paese garantita dal braccio armato dei picciotti, sbirri, Gladio e Nato.

Ora aspettatevi pure che, per pararsi il culo sfondato da protervia e inettitudine, questi s’inventino il ritrovamento del passaporto che la madre di Abdel Majid comunica il figlio abbia smarrito. Dove? Magari in un deposito di dinamite con corano, dalle parti di Tunisi.


Legge per l’ambiente?

Al popolo annientato, perforato, depredato, ucciso da trivelle, cemento, Expo, discariche, inceneritori, basi militari stragiste nei confronti di territorio e abitanti, grandi devastazioni e rapine dette Grandi Opere, si è presentato il boccone avvelenato della legge sugli ecoreati. Al giubilo di tutta la masnada green vestita da società civile, agli orgasmi di Ermete Realacci, sodale di tutte le mistificazioni pseudo-ambientaliste del regime dei gassatori e asfaltatori, si sono sorprendentemente uniti i parlamentari Cinque Stelle con il loro voto a favore di una legge che, a molti, pare una rete con maglie tali da far passare gli squali. Per uno come me, che segue con simpatia e, quasi sempre, totale adesione le battaglie dei parlamentari pentastellati, è causa di perplessità. Non ho il minimo dubbio sulla buonafede, ma le critiche al provvedimento, avanzate da ambientalisti al di sopra di ogni sospetto, come Amendola o Guariniello (nei quali, avendoli frequentati da giornalista, ho una fiducia assoluta), sono poi state integrate da quelle di Bonelli, verde tarantino in lotta con l’Ilva che, pure, di ecoreati ha dimostrato di intendersi e da quelle tecniche dall’Associazione Nazionale Magistrati. Per costoro, con la nuova legge, i Riva, Montedison, Eternit, se la sarebbero cavata altrettanto bene. Si spera che gli amici Cinque Stelle, forza parlamentare che fin qui ha eccelso più di tutte nella difesa dagli abusi di inquinatori e devastatori, ci riflettano quando la cosa verrà ridiscussa al Senato.

Le voragini del dispositivo sono tali da farci abitare comodamente e intonsi spurghi di morte come l’Ilva dei Riva o del regime, i Poligoni di tiro, o il rettilario velenoso Montedison di Bussi. La solita manina, quella che aveva infilato nella legge l’evasione impunita e perciò  incentivata fino al 3% del reddito (per alcuni dei nostri padroni si tratta di centinaia di milioni e, a volte, di miliardi. Ma i soldi per il reddito di cittadinanza non si trovano), aveva infilato la quadra per nullificare del tutto il vantato proposito. Un piccolo avverbio:”abusivamente”. Il che, nella logica e nella giurisprudenza della Cassazione, significa una sola cosa: senza autorizzazione. Cioè se hai inquinato, distrutto, diffuso malattie mortali, desertificato, ma con tanto di autorizzazione (quella ambientale, generosamente concessa da tutti i governi e da quasi tutti i ministri dell’Ambiente), non ti si può dire neanche pussa via! Stai a posto con la tua coscienza, per quanto marcia, e pure con la legge e l’onorabilità, e puoi continuare a delinquere, in combutta con il regime. Tutti quelli che in questi anni hanno compromesso la salute del paese e dei suoi abitanti, umani e non, hanno agito nel quadro della legalità . A delinquere erano autorizzati.

E uno. Due: pene fino a vent’anni (uaaahahaha) a chi commette ecoreati con dolo. Cinque anni al massimo, ma come si sa, in genere molto di meno, se l’ecoreato deriva da comportamento solo colposo. Avete mai visto un imprenditore  o politico, o comandante di poligono, che abbia inteso apertamente (magari in camera caritatis sì, ma quella sfugge all’inquirente) provocare linfomi e nascite deformi, o sotterrare sotto il cemento qualche bene comune? Si può giurare che tutti gli ecoreati presi in considerazione saranno giudicati, (dalla magistratura renzizzata, poi!) solo “colposi”.

E due. Tre: per poter essere processato e poi condannato a pene, bonifiche  e risarcimenti, l’autore deve aver provocato un danno al territorio “significativo e misurabile”. Ci rendiamo conto di come i legulei e azzeccagarbugli miliardari di clienti miliardari sapranno interpretare e far giudicare termini talmente laschi, vaghi, aperti a decisioni di infinita arbitrarietà e, renzianamente,  benevolenza? Grillo che, come nessun altro in questi anni, ha contrastato le armate dei fagocitatori del mondo, dica una parola saggia ai suoi bravissimi ragazzi.


Sempre sul tema. La Guardia Forestale dello Stato, da non confondersi con i forestali assunti da alcune ragioni, spesso in virtù del voto di scambio, ora potenziato dal solito illusionista a Palazzo Chigi, è stata in tutti questi anni il più valido, competente, motivato difensore del nostro ambiente. Ha scoperto, come nel caso della Montedison in Abruzzo, la maggior parte dei reati ambientali, ha preservato decine di riserve naturali dall’aggressione dei soliti noti all’Incalza e alla Lupi, con corredo di ministri dell’Ambiente. 

Forza volutamente esigua, sotto organico e sottodotata, davanti al più grave disastro idrogeologico e la più famelica banda di devastatori del continente,  con i suoi appena 8000 agenti, ha dovuto tener testa a tutto il dissesto ambientale provocato, o protetto, dallo Stato che oggi la vuole cancellare. Si inserisce in un programma da Stato di Polizia, a difesa delle élites, la decisione dell’omuncolo solo al comando di spazzare via questa estrema salvaguardia di quanto resta del belpaese in preda alla peste, incorporandola nella Polizia di Stato. Dove si picchiano gli insubordinati, magari aquilani, e non si sa un cazzo, non si vuole, non si deve, sapere un cazzo, di ambiente. Quella polizia che, a dispetto delle torture di Genova e seguenti condannate dall’UE, la foglia di fico avvizzita sulla corruzione universale sotto Renzi, Raffaele Cantone  insiste ai quattro venti essere il presidio della democrazia e del diritto. Vi immaginate i Reparti Mobili scoprire e sequestrare l’allevamento di beagle da macello vivisezionista, o l’orsa Daniza, da far scampare ai maniaci del killeraggio purchessia?

Personalmente ho avuto un’esperienza che dimostra l’assunto a Spezia. Vent’anni fa, un combattivo comitato di cittadini a Pitelli (Spezia), tuttora vivo e irriducibile nonostante la perdita prematura di un suo grande protagonista, l’amico Mirko Raiti, mi aveva aiutato a scoprire una delle peggiori nefandezze che la criminalità ufficiale (amministratori, politici, imprenditori, massoni, mafiosi, militari) aveva commesso in Italia. La Terra dei Fuochi di Spezia e del suo Golfo dei Poeti, ridotto da una inimmaginabile proliferazione di discariche di rifuti tossici (perlopiù autorizzate, non “abusive”!) a Golfo dei Veleni. All’inerzia della magistratura, delle autorità locali, della stampa, noi del TG3 vedemmo rimediare un coraggioso PM, Tarditi di Asti che, di fronte alla latitanza delle celebrate forze dell’ordine, decise di avvalersi del Corpo Forestale dello Stato nella persona di Gianni Podestà, capo del nucleo di Brescia. I miei colleghi Ilaria Alpi e Miro Hrovatin e il capitano di Vascello De Grazia, per averci messo il naso, morirono ammazzati. Il nucleo di Brescia venne esonerato.

Un povero somalo che non c’entrava nulla, Hashi Hassan, pescato a capocchia per coprire i veri responsabili del duplice assassinio a Mogadiscio, istituzionali e non, sta da 15 anni in galera per essere strato marchiato di colpevole dai simil-Alfano e simil-Renzi di allora. Ad Abdel Majid Touil vorrebbero far fare la stessa fine. Ma le indagini, i disseppellimenti del CFS, a Spezia scoperchiarono la cloaca e il verminaio che se ne nutriva. A decine furono arrestati e processati. Per anni e anni. Fino alla prescrizione e all’assoluzione. Le discariche sono sempre lì, il traffico fiorisce, la Somalia muore, i cittadini di Spezia, oltre alla centrale a carbone Enel e all’industria di morte Oto Melara, continuano a sorbirsene i miasmi, a berne l’acqua fetida, a morirne. Con la nuova legge “anti-ecoreati” sarebbe finita uguale. E, con Renzi, il CFS smetterà di rompere i coglioni.


Mogherini-Rommel
Gonfiata come la famosa rana dall’emulazione di Balbo e Graziani, assassini di 600mila libici, agli ordini del super-Hitler d’Oltreatlantico e del suo proconsole Renzi, il ministro europeo per i crimini esteri e della russofobia, nello specifico  personale più obnubilata che consapevole, dopo essersi infoiata per l’acquisto di 90 bidoni volanti Lockheed (il cui prezzo di morte basterebbe a restituire ai pensionati la vita rubata dalla Xantippe degli antropofagi domestici) si arrapa di bellicismo e muove alla riconquista della Quarta Sponda. Imbecilli grotteschi e miopi, ma in perfetta e lungimirante malafede, hanno strappato all’Europa del patron di tutti gli evasori, Juncker, l’adesione alla riconquista. Con l’UE al guinzaglio dei pitbull da combattimento americani, che le avevano tagliato i vitali e convenienti rifornimenti dalla Russia, spettava di diritto subimperialista la rinnovata rapina della Libia.

Hashim il macedone
In questa luce va anche visto la rivoluzione colorata terroristica scatenata dai soliti esportatori di democrazia in Macedonia. Abbiamo visto, nei giorni scorsi, l’attacco del mercenariato Nato kosovaro UCK (i pulitori etnici, trafficanti di droga e organi prelevati da prigionieri serbi, di Hashim Thaci, con base logistica e comando supremo nella base Usa di Bond Steel) a Kumanovo. Vedremo se si tratterà solo dell’inizio e se continuerà fino a quando la Macedonia o salterà, oppure non rifiuterà, come la Bulgaria con il South Stream del gas russo, di ospitare il nuovo gasdotto “Turkish Stream”. Quello che renderebbe  inutile il gasdotto TAP che, dall’Azerebaijan, prono agli Usa, arriverà a devastare il Salento e a squarciare un bel pezzo d’Italia e che porterebbe gli approvvigionamenti russi in Europa, passando per Turchia, Grecia, Macedonia e, su su, in Austria e tutta Europa. Guai a dimenticarsi che sono gli Usa a dover controllare il rubinetto dell’energia per l’Europa, strumento indispensabile per tenerla in ginocchio e trainata dai carri armati Nato ovunque si tratti di rubare e uccidere per l’élite. .

La balla è che si vogliono colpire gli scafisti (rinominati “trafficanti di carne umana”). Cioè l’ultimo anello di una catena che, risalendo per li rami dei Fratelli musulmani (FM), matrice di tutti i terrorismi jihadisti tra Cecenia, Medioriente e Africa, ora regime illegittimo a Tripoli da dove si organizzano e partono tutti i barconi. La verità è che, disintegrato lo Stato più prospero ed emancipato d’Africa, nel caos creativo si conta di accaparrarsi un po’ più di quel petrolio che, gestito dalla Fratellanza e dai suoi nipotini jihadisti, attualmente gonfia i bilanci di troppe società occidentali poco riguardose verso l’Italia. Mentre l’ONU, unica a poter autorizzare delitti guerreschi occidentali, si volta dall’altra parte, embarga i patrioti Huthi in Yemen e scodinzola al clan saudita che porta avanti il genocidio dei fratelli arabi e decapita a decine i propri cittadini (85 dal 1. gennaio, tanti quanti in tutto il 2014 grazie all’occhio benevolo  degli amici del Nord), Mogherini-Rommel sfascerà un po’ di gommoni, pescherecci, barche da diporto, mercantili, con tutto quello che vi vive attorno. Sue Forze Speciali, dette a destinazione squadroni della morte, agli ordini di sergenti Nato,  cercheranno di spazzare via da pozzi e terminali di petrolio gli abusivi che vorrebbero deprivare l’ENI di diritti consacrati dal terminator Graziani. C’erano 3 milioni in piazza contro lo stupro dell’Iraq. Non c’è anima viva oggi che questi commedianti abbaiono “armiamoci e partite” contro un paese che seviziamo dal 2011.

Ultimo anello di una catena da cui pendono alcuni milioni di innocenti ammazzati o annegati e altri milioni di spodestati e spediti nel nulla, gli scafisti sono perlopiù pescatori o migranti essi stessi. La loro criminalizzazione ha un unico scopo: occultare i veri creatori di questi espropri e depredazioni, delle turbe di invasati di sangue e famelici di soldo, del caos creativo finalizzato alle fughe di popoli. E’ quello il primo anello della catena e lega Tel Aviv a Washington e a Bruxelles. La versione in farsa Renzi-Mogherini-Gentiloni, del trio tragico Mussolini-Graziani-Ciano, per bloccare le migrazioni, a rigor di logica,  dovrebbe tirare missili all’ Air Force One, o sul Knesset, o nel salotto di Hollande. Ma sarebbe come se il Duce avesse spedito i suoi 9 milioni di baionette a Berlino, piuttosto che farne gli ascari dei nazisti  dove i feldmarescialli ordinavano.

E’ vero, non stiamo in piazza come un tempo. Ma siamo tantissimi, sicuramente la maggioranza, che almeno arricciamo il naso di fronte  alle scelleratezze che piovono addosso a noi, come a chi capita a tiro dei regimi a servizio dalla Nato. E a forza di muovere quel muscoletto, potremmo arrivare anche a muovere altri muscoli e perfino cellule cerebrali. A impedire questo il regime dispone che i corifei mediatici deviino l’attenzione e la possibile rabbia conseguente dalla realtà all’artificio. Il dato reale essendo che stiamo tutti nella stessa linea di tiro, profughi e cittadini, bombardati e derubati, pensionati,  precari, operai e un terzo di italiani poveri, studenti e la vera élite pensante e cosciente del nostro paese, gli insegnanti. L’artificio è quello costruito con la più massiccia propaganda di intossicazione mai attuata dai tempi di Paolo di Tarso e di Goebbels, quella della demonizzazione di fuggiaschi dai nostri eccidi, terroristi potenziali, anzi probabili e, comunque, mangiatori a sbafo, insieme a quella ancora più facile di Rom e Sinti.Non c’è talk show che non pompi il cavernicolo Salvini (originariamente inventato, come i vari resuscitatori di sinistre farlocche, per togliere spazi ai Cinque Stelle) e organizzi, a pagamento, o per sudditanza, spettacolini sulle nequizie dei deboli tra i deboli.. E’ l’ennesima conferma dell’utilità della guerra tra poveri che i delinquenti del potere praticano da millenni per depistare dai crimini veri e far sì che, piuttosto della rivoluzione, sudditi e schiavi si sbranino tra loro



Verso il tecnonazismo globale
In Ucraina la banda di nazisti installati da Obama (in parallelo con i jihadisti protonazi nel Sud asiatico e africano e con i paranazisti ancora in giacchetta del protettorato italico) si è rilanciata alla pulizia etnica contro popolazioni che, sperimentato quello d’antan, si rifiutano di farsi divorare dal nuovo tecnonazismo di marca euroatlantica. In queste ore il ducincolo Renzi sta fraternizzando in Lituania, al vertice euro-orientale, con i camerati SS già più avanti di lui. Gli sbrindellati dei battaglioni nazisti, ora incorporati nella Guardia Nazionale ucraina sotto comando Usa, capaci di fosse comuni, mortaiate sui civili, roghi di civili a Odessa e poco altro, sono ora rafforzati da Forze Speciali Usa. Si tratta di specialisti delle provocazioni False Flag, tipo aereo NH17 maltese, o armi chimiche di Assad, o Maratona di Boston (l’indiziato per l’uccisione di tre persone, è stato appena condannato a morte, sentenza con ogni evidenza  falsa e bugiarda, e comunque, nessuna pena di morte si concepisce nei confronti di chi a forza di attentati bellici stermina milioni di persone).

Tutt’intorno all’Ucraina e quindi alla Russia, nei paesi incorporati e schiavizzati da UE e Nato, dalla Bulgaria all’Estonia, passando per Romania, Balcani, Georgia, Moldavia, Polonia e baltici, Usa e Nato svolgono manovre sempre più corpose e prolungate. Ovunque si ventila come inevitabile la guerra alla Russia. Ma è, da destra e da sinistra, che, sull’unico presidio del diritto internazionale e della pace e sul suo leader, si ulula ogni infamia possibile. Come contro Saddam, Milosevic, Gheddafi, Gbagbo della Costa d’Avorio (sostituito da Parigi con uno scagnozzo del FMI), Hugo Chavez e ora Maduro, Zelaya dell’Honduras, i patrioti serbi Mladic e Karadzic (destinati a estinguersi nel carcere del Tribunale dell’Aja, dove mai si è sognato di ospitare i serialkiller kosovari), il paraguayano Lugo e tutti gli altri strappati ai loro popoli e obliterati. Tolti di mezzo e sostituiti da despoti fantocci, o dal “caos creativo”, in virtù, anche, della collaborazione cronachistica e ideologica degli utili idioti del “manifesto” Ne citiamo gli ultimi, gli inqualificabili Battiston e Giordana, vessilliferi della democrazia imperiale imperniata sulla “società civile” collaborazionista in Afghanistan, o l’Acconcia che consuma gli ultimi brandelli di credibilità e correttezza del “quotidiano comunista” (ancora difese da eccellenze come Dinucci, Colotti, o Giorgio), blaterando contro chiunque si opponga alla Fratellanza Musulmana, già quinta colonna dei britannici e statunitensi, ora di sultani vari.

Annammo bbene!

Mai c’è stata, nella nostra stagione dello sconforto,  iniziativa più opportuna e, anzi, necessaria, alla sopravvivenza generale, del lancio di una nuova campagna anti-guerra e anti-Nato. Siamo alcune migliaia, per ora, ma, non esagero, indispensabili per la sopravvivenza nostra e di larga parte dell’umanità. La campagna No War No Nato, fin qui snobbata dalle blasonate confraternite del pacifismo, va sostenuta, letteralmente fino all’ultimo respiro. Firmiamone l’appello! Vedi FB, vedi il sito.

BIMBI DA CANNONE e altre evoluzioni della specie - Con Tariq Aziz, ma anche con l'Iraq che l'ha ucciso.

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 “Eccezionale vittoria del centrodestra in Liguria: ha conquistato primo e secondo posto”. (www.spinoza.it)

“Ogni anno s’inventano un trucco nuovo. Prendono uno dei loro ragazzi, ragazzi neri, e lo mettono al governo, così può girare Washington con un sigaro in bocca. E siccome i suoi problemi  personali sono stati risolti, sarà colui che dice al nostro popolo:”Guardate che progressi stiamo facendo, sto a Washington, prendo il tè nella Casa Bianca. Sono il vostro portavoce, sono il vostro leader. Mentre la nostra gente continua a vivere nei bassifondi di Harlem, continuando a ricevere la peggiore forma di educazione”. (Malcolm X, discorso del 7 gennaio 1965 “Prospettive di libertà”)

Stavolta inizio fuori dai soliti seminati su cui ci confrontiamo con gli interlocutori, ma la cosa mi sta tremendamente a cuore. Sarà perché la Chiesa da duemila anni imposta il rapporto adulti-bambini in termini di dominio e arbitrio (la pedofilia ne è l’aspetto meno violento), questo paese è un gigantesco postribolo in cui si prostituiscono bambini. Non bastava la vendita dei propri figli ai pubblicitari del raggiro e della ruffianeria, con la proliferazione inarrestabile di spot televisivi (proibiti nella maggioranza dei paesi) in cui bambini, da pochi mesi (a volte feti) all’adolescenza, manipolati e decerebrati a raccontar balle e stimolare consumi idioti, spapagalleggiano le virtù di quel prodotto, o di quell’altro, a volte nocivi, in ispecie per loro, fingendo raccapriccianti entusiasmi per quel pollo agli antibiotici, per quell’automobile paradisiaca, superpotente sputacchiera di gas serra, per quella merendina ai grassi saturi. Spot pacchiani, oltretutto, confezionati da pubblicitari ottusi e inetti.

Non bastava che cervelli vergini e puliti venissero indottrinati da cinici impostori a fingere, turlupinare, esaltare, cose di cui non hanno la minima cognizione, ma la cui diffusione produce profitti, mentre intossica, deculturizza, rincoglionisce. Un crimine contro l’infanzia, la morale, le responsabilità degli educatori adulti, contro cui nessuna forza politica ha ancora sollevato la minima obiezione, non ha sollevato il minimo sopracciglio. Ci infervoriamo, alcuni,  per i crimini contro l’umanità inflitti a nazioni, migranti, Rom, cittadini poveri, ambiente, storia, cultura, e restiamo apatici e silenti, inavvertiti, di fronte a questo stupro dei nostri figli.

Cosa sarà di questi bambini, che adulti diventeranno? Materiale avariato per le De Filippi e le D’Urso, adulti addestrati al’ipocrisia (anche qui la Chiesa trionfa), alla finzione, alla fregatura, alla paraculaggine. Dunque all’impotenza, se non al teppismo, morale, etico, intellettuale, culturale. Materiale avariato, ma formidabilmente idoneo anche per Renzi, dirigente scolastico supremo per conto e su mandato dei padroni globalisti del tecno nazismo che sul volgo disperso che nome non ha, e neppure autodeterminazione, identità, domina e prospera. Il fuffarolo dell’annuncite, volgarotto ciarlatano cui, chissà perché, tutti, compreso l’esperto Freccero, riconoscono grande talento comunicativo, si è tramutato in picchiatore feroce e le cose le fa davvero: Jobs Act, Sblocca Italia, La Buona Scuola, Italicum, mazzate ai giudici, riforma costituzionale, guerre qua e là. A ritmo tale da lasciare tutti impietriti come Niobe, quando  Apollo e Artemide le ammazzarono i 14 figli.

Tornando a bomba, nel senso letterario del termine, di come l’Idra si avventi sui suoi figli anche per farne carne da cannone, avevamo avuto già qualche percezione. Tra le Disneyland del degrado estetico e immaginifico e i videogiochi della maniacale pedagogia dei mostri, delle stragi e atrocità (esaltate a ogni uscita da tale Federico Ercole sul “manifesto”, irresponsabile facilitatore delle industrie criminali che li creano e diffondono con l’obiettivo di allevare tagliatori di teste e torturatori ovunque servano), ci si prendeva cura dell’età dello sviluppo. Romanzi di formazione per futuri sbirri, marines, jihadisti e politici terminator. Ora, a perfezionare  lo psicoeffetto di videogiochi, film d’azione e smartphone che asfaltano cervelli e ti isolano in una bolla di virtualità, si è pensato opportuno passare a corpi reali, di bimbi e istruttori.

Dal preside al colonello
I primi riterranno del tutto naturale e logico passare dalla ferula del preside-padrone che li educa a servire lo sponsor aziendale, al missile intercontinentale del militare comandante. Da qualche tempo, nella scuola ben avviata al paradiso neoliberista  dai sinistri Luigi Berlinguer e Tullio De Mauro, si affacciano a istruire il pupo affascinanti ufficiali in gallonata divisa delle varie Armi. Alle pecorelle, al cui orizzonte non traspaiono che mattatoi, prospettano lavoro, sicurezza, carriera, prosperità, prestigio e medaglie del Capo dello Stato. Saranno loro ad allestire mattatoi agli altri, russi, musulmani, terroristi, alieni, finendo poi, ma questo non si dice, trapassati da proiettili, o mangiati dall’uranio. E siccome, servita un po’ la patria in mimetica, si può passare in polizia, i mattatoi saranno aperti anche per i No Tav, No Muos, No Nato, No Triv, No TTIP… Niente precariato, disoccupazione, sfratti,  di lavoro ce n’è, eccome.

Mentre a Pisa facevamo le riprese per “L’Italia al tempo della peste”, davanti alla caserma Gamerra, dove si addestrano quelle forze speciali che, a destinazione, vengono chiamate “squadroni della morte”, un cittadino sconvolto mi racconta delle iniziative di Comune e scuole, chiamata “Giornate della solidarietà”. Feste giocose in cui si trascinano scolaresche nelle caserme e nei poligoni a imparare come si ammazza anche meglio che nei videogiochi. Se il videogioco o il film di sfracelli sono le elementari, la caserma dei corsi di morte è il liceo. Gli esami di maturità si faranno sul campo.


Duce! Duce! Tanto è Rothschild che comanda.
La strategia che accomuna questi provvedimenti, osteggiati dai soli 5 Stelle, indica un disegno che è quello di tutti i proconsoli imposti dalla Cupola alle marche dell’Impero. Tra cacicchi scolastici, al servizio dei neoschiavisti aziendali, che tengono  in pugno insegnanti e studenti; verticizzazione delle politiche dell’ambiente che, per mangiarsi territorio e salute, tolgono di mezzo gli enti intermedi, più vicini al territorio (che i 5Stelle dovrebbero evitare di voler abolire, finendo col gettare il bambino con l’acqua sporca): regioni, provincie, comuni, sovraintendenze, organizzazioni sociali; legge elettorale che mette un cialtrone solo al comando, forte magari del 20% dei voti (ridotti al 10% dall’astensione);  senato dei nominati che elimina l’unico controllo rimasto; le guerre che il piantone degli Usa va promuovendo mascherandosi in Afghanistan da ardito incursore con tanto di targhetta “Renzi-Forze Armate”, e tutto il resto, vogliono dire una sola cosa: regime tecno nazista su una società lobotomizzata in cui la lotta di classe la fanno dall’alto verso il basso e, nel basso, la fanno fare tra vittime che si divorano a vicenda.

Per quest’ultimo scenario, è stato inventato il ruolo di colui che sbraita verso l’alto e mena al basso. Basta pensare al fantastico dono ai ricchi che è la sua tassa flat del 15%. Matteo Salvini, dal compito primario, condiviso con i  periodici conati di zombie di “sinistra” di sembrare vivi (da Landini a Tsipras, dalle congreghe di teste d’uovo europeiste e filo-israeliane a “Libertà e Giustizia”), di sottrarre consenso e voti ai 5Stelle, gli unici che fanno paura, deve suscitare finta opposizione ed effettiva frantumazione della coesione sociale. E’ la trovata del sistema chiamata a fingere di scassinare, mentre si limita a pettinare i serpenti della Gorgone Medusa. Lo dimostra la compatta, forsennata, incessante campagna elettorale che gli hanno fatto tutti i Tg, talk show, giornali, in sinergia con le montature anti-Rom e anti-migranti. Pensate all’asimmetria mirabolante tra l’ambaradan intorno alla povera filippina schiacciata dall’auto dei Rom, e la discrezione sulle migliaia di uccisi ogni anno da pirati della strada autoctoni!  Del resto, questi zingari, gitani, nomadi o stanziali, sono il popolo più perseguitato, diffamato, emarginato del mondo, altro che gli ebrei. Cosa ci si aspettava da una simile trattamento, che ne uscisse un esercito della salvezza?


A garanzia di questa fenomenologia da “Untergang des Abendlands” (“Il Tramonto dell’Occidente”, da noi: il tuffo nella fogna), i gradi di gabelliere conferiti allo sguattero dagli enti di riferimento, Bilderberg, Troika, Pentagono,  Wall Street con i padrini renziani Goldman Sachs e JPMorgan, la silente benevolenza del papa e quella esplicita della CEI e, soprattutto, una co-governance storica, ma oggi grandemente rafforzata, tra classe dirigente e criminalità organizzata, che la si chiami mafia, o corruzione. Come concimata dai vari spurghi del grande letamaio, da “Mafia Capitale” a “Mafia Genova”, a “Mafia Campania” a “Mafia tutta Italia”, che sono poi le mafie minori, quelle delle corruttele da tangentucole, lo strato di vermi nel cesto dei rettili, mentre la criminalità organizzata per miliardi  prospera nei palazzi del potere e viene omaggiata ogni sera in televisione.  Ne scaturiscono ovunque creature da catalogo lombrosiano: l’accoppiata Renzi-De Luca o quella Squinzi-Salvini,  vengono da quella catena di montaggio.

Come lo è il linciaggio di Rosi Bindi che, per una volta nella vita, si è scapricciata, come detta la legge, sui lestofanti del proprio partito. Linciaggio cui ha partecipato a picconate quella foglia di fico avvizzita del cosiddetto garante anti-corruzione, Raffaele Cantone. Uno uscito dall’alambicco del nostro Frankenstein di borgata, ma accolto con  commossa gratitudine dal solito branco di boccaloni pronti a tuffarsi in tutte le fonti inquinate che gli sgorghino dal tombino: Obama, Tsipras (nello spappolamento della sua scadentissima delegazione italiota, il “compagno” Curzio Maltese va ora aggrappando la sua europoltrona ai 5 Stelle!), Rodotà, Hollande, Vendola, Ferrero, Fassina, Civati, Aung San Suu Khy, Mandela, Raul Castro, Mattarella, Bergoglio… Reggicoda di illusionisti. Di solito, se hai lo stomaco, li vedi far capolino tra i 72 lettori del “manifesto”. Gente che del termine “imperialismo”, principio che pure di tutto è a capo, manifesta nei suoi programmi una conoscenza quanto quella di un ideogramma mandarino.

Coalizione Sociale, elezioni, 5Stelle

“Colui che inganna troverà sempre coloro che permettono di farsi ingannare” (Niccolò Machiavelli)

Ma come fanno a illudersi, a rivoltolarsi nella perenne scoperta del buono nel sistema! Dalla fine della guerra hanno a che fare con gli stessi e con i loro riconoscibilissimi mandanti: Hanno manipolato le elezioni del ‘48, su disposizione dell’OSS e poi della Cia hanno stretto un patto strategico con le mafie, fatto le prove di restaurazione con Tambroni, De Lorenzo, Borghese, alimentato un fiume di sangue con le stragi di Stato e di mafia, rimpannucciato il fascismo, ammazzato Aldo Moro, allevato e tolto di mezzo Sindona, Calvi, organizzato le BR, corrotto fino al midollo il PCI, messo Bertinotti a capo dei detriti di quest’ultimo, fatto gli ascari di tutte le guerre, massacrato il paese, depredato la sua popolazione, venduto beni comuni, storia, cultura, identità, sovranità, futuro. E i loro, i nostri, figli. Ma non è poi l’Italia una tessera particolarmente miserevole in un mosaico occidentale che è tutto una fogna di inganno e corruzione?

E’ da tempo, da quello che ho visto in Messico, Honduras, Serbia, Kosovo, soprattutto negli Usa delle elezioni presidenziali da Bush in poi che non mi fido più del sistema elettorale in uso in Occidente. E non c’era neanche bisogno del ricupero peggiorativo della legge elettorale del 1922 da parte del reclutatore di ministri e sottosegretari lestofanti, per capire che qui una sinistra vera, un’opposizione autentica, non viene lasciata vincere più. La partita non solo è truccata in partenza (da legge, circoscrizioni, manipolazione mediatica, voto comprato e venduto) e all’arrivo (brogli) E’ pure tra squadre di una playstation manovrata da un solo giocatore e che si limitano a battersi per chi occupa la parte migliore della mangiatoia.

Sarebbe quindi da sostenere una “coalizione sociale” che riunisca dal basso tutte le forze che resistono e si battono per un’alternativa radicale. Ma, visto che a votare, di riffa o di raffa, non ti fanno più vincere , a costo che votino in trenta, né Wall Street, né Bilderberg, Aspen, Trilateral, Council of Foreign relations, il saltimbanco toscano, l’alternativa è la forza in piazza. Chavez ha vinto al voto, ma eravamo in America Latina e, però, ha dovuto difendere il risultato con il blocco di massa dello Stato. Così Morales, Correa, Kirchner. Ma vi immaginate Revelli, Ciotti, Rodotà, Bonsanti, Spinelli, i quaraquà della sinistra della nostrana “coalizione sociale”, assediare Palazzo Chigi, occupare fabbriche e ferrovie, chiudere le banche. Per il momento, dunque, non ci resta che il voto per i 5Stelle. Non li faranno vincere, ma dalle loro battaglie nelle istituzioni non potrebbe sorgere, comunque, un cambiamento dei rapporti di forza tale da contaminare le masse, creare unità, rete, leadership, tra i vari focolai di rivolta e far giocare la partita su un campo scelto da noi?


Da Tariz Aziz il laico a Haydar Al Abadi lo scita
L’assassinio di Tariq Aziz, ministro degli esteri e vice primo ministro, carta regale nel mazzo Usa degli eliminandi iracheni, è stato per me che, in vari incontri, ne avevo conosciuto l’intelligenza, l’idealismo, la passione per il suo paese e l’integrità, un colpo al basso ventre. Era stato il mio direttore quando facevo il corrispondente da Roma del quotidiano iracheno “Ath Thawra”. L’esecuzione strisciante di questo prigioniero di guerra, classificato mostro e terrorista, corrisponde all’opzione giudiziaria di Obama e dei suoi predecessori, riservata a nomi di rango sotto attenzione pubblica, come Milosevic, Bobby Sands e, presto, Karadzic, Mladic, il pellerossa Leonard Peltier, Mumia Abu Jamal…  Quella extragiudiziaria la praticano con i droni su invisibili e innominati: 60 vittime l’altro giorno di un funerale afghano. Migliaia in Yemen dove si esercita, perfino con ordigni al neutrone israeliani, l’antica alleanza, in questi giorni consacrata davanti al pubblico sotto l’ombrello Usa, tra teocrazie assolutiste del Golfo (e relativi mercenari Isis e Al Qaida) e teocrazia razzista di Tel Aviv (e relativi surrogati Isis e Al Qaida), l’avanguardia genocida dell’Occidente in Medioriente.

Ritorno a Sarajevo (dei cappellani militari)

E qui non posso non chiedermi se non si rendano conto della corda che offrono a questi boia coloro che, nel “manifesto” e dintorni, insistono, contro tutte le evidenze, ad avallare la perfida bufala di Srebrenica, con un paginone per il papa, campione di “platitudes” buoniste da tre soldi al chilo, che va a rinnovare la fola di “Sarajevo città martire assediata dai serbi”, trascurando le bande fasciste di Itzetbegovic e Tudjman e i tagliagole di Osama bin Laden in Kosovo e Bosnia. Ma anche i 100mila serbi cacciati dalla città e i 100mila bosgnacchi  che ne hanno preso le case e i mestieri. Cianciano di  nazionalismi, fanatismi religiosi ed etnicismi, come causa della disgregazione jugoslava, mettendo tutti sullo stesso piano, sorvolando sulla matrice di tutto questo, che era il disegno imperialista, con assist vaticani, di squartare una nazione dal modello politico e sociale “sbagliato”. Gettando nello stesso calderone, ma i serbi, “ultranazionalisti”, più in basso, chi difendeva una grande conquista di civiltà, e chi l’ha voluta polverizzare (leggetevi Tommaso De Francesco).

Salto sul carro delle vittime
Mi si potrebbe accusare di trasformismo. I più tenaci e pazienti dei miei interlocutori si ricorderanno di cosa andavo scrivendo di Saddam e dell’Iraq fin dagli anni ’70, quando ebbi la fortuna di conoscere quel paese che non era secondo per emancipazione umana, specie in istruzione, sanità e vitalità culturale, a molti paesi cosiddetti sviluppati e che, assieme all’Iran, era visto dagli ex-colonizzatori come il massimo ostacolo alla ricolonizzazione. Era dura la fatica di contrastare l’alluvione di diffamazioni e falsificazioni che su questi paesi e la loro leadership antimperialista si abbatteva. Io stavo con l’Iraq e con Saddam, anche nel confronto con i persiani di Khomeini. Del resto lo scontro fratricida tra popoli che, per millenni, tra Nabucodonosor e Ciro il Grande, avevano condiviso una stessa civiltà, lo aveva istigato USraele. Ma la coalizione anti-irachena di imperialismo-sionismo occidentale, satrapi del Golfo e Tehran (con tragicamente anche la Siria)  imponeva quella scelta. Rafforzata alla vista di come i governanti installati a Baghdad dagli occupanti ottusamente andavano discriminando la componente sunnita, laddove Saddam aveva saputo mantenere un equo equilibrio tra le due comunità e i cristiani (negli alti gradi dell’esercito e perfino ai vertici dello Stato, gli sciti erano addirittura maggioranza)

Il frutto avvelenato di quella malapolitica che, sotto il premier Al Maliki, era arrivata a reprimere nel sangue (2008-2012) le proteste dei sunniti, è stata la collaborazione di questi con gli ascari imperiali dell’Isis. Oggi il quadro si è rovesciato e di fronte allo squartamento di Siria e Iraq, in funzione anti-iraniana e anti-russa, la scelta di collocarsi a fianco di Baghdad, delle milizie scite e dell’Iran, non è da voltagabbana, ma è di riaggiustamento di strategie, tattiche  e obiettivi contro il nemico principale. All’obiettivo, in parte già realizzato con l’incessante rafforzamento finanziario, logistico e armato dei collusi-collisi Al Qaida(Al Nusra) e Stato islamico da parte dei mandanti del Golfo e di USraele, ora padroni di metà Siria e di quella parte dell’lraq che nei progetti storici dell’imperialismo-sionismo punta alla tripartizione dell’Iraq e alla polverizzazione della Siria, si oppone il cosiddetto arco scita (con l’adesione di numerose tribù sunnite), guidato dall’Iran e sostenuto da Russia e buona parte del Sud del mondo. Nessun dubbio che sia Marx, che Engels, che Lenin, avrebbero condiviso la nostra scelta.


Guerra Usa all’Europa
Cinquantamila nuovi arrivi di migranti, quest’anno, dai territori incendiati dall’imperialismo, quasi tutti in Italia. Se ne prevedono altre centinaia di migliaia. Davanti ai loro subalterni europei, al vertice dei 7 Grandi Delinquenti in Baviera, il ferro di lancia americano dei neocolonialisti del governo mondiale gongola alla riuscita del progetto di destabilizzazione e indebolimento dell’UE mediante questa invasione di disperati dalla difficile sostenibilità economica e sociale. Munizione per le armi della lacerazione sociale brandite da fasciorazzisti come Salvini e del ricatto dell’imperatore nei confronti delle proprie marche. Come è l’assedio alla Russia. Surreale la denuncia del vertice di una Russia aggressiva in Ucraina, mentre l’intero arco degli Stati esteuropei vede il pullulare di esercitazioni Nato esplicitamente orientate alla guerra contro Mosca e mentre il naziregime di Kiev, violando gli accordi di Minsk, ai quali Russia e Donbass si attengono, scatena nuovamente le riarmate bande dei battaglioni nazisti, nobilitati da istruttori Usa in Guardia Nazionale, contro il presidio patriottico e antimperialista di Donetz e Lugansk. Ricattata dai valori della “democrazia” occidentali a schierarsi contro il partner e vicino naturale e di enorme potenzialità economica, con l’intensificazione di sanzioni che la colpiscono più che la stessa Russia, allontanata dalla prospettiva di sfuggire alla morsa degli avvoltoi finanziari  sovranazionali e di inserirsi nei progetti bancari ed economici alternativi che vanno riunendo Russia, Cina e gran parte del mondo, gli Usa costringono gli europei a sbranarsi da soli.

E qui la dedica di chiusura va a tale Simone Pieranni, del solito quotidiano (anti)comunista “il manifesto”, che, oltre a sforzarsi di mettere su piani paralleli chi resiste al fascismo e chi lo impone, insozza la memoria di Alexei Mozgovoy, eroico comandante comunista della brigata “Fantasma”, ammazzato dagli scavatori nazisti di fosse comuni. Pieranni insuffla nelle menti leggere dei suoi lettori velenose diffamazioni sui resistenti delle repubbliche popolari. Sottolinea  la sensibilità ai diritti umani dimostrata dal proconsole Usa Poroshenko nell’autorizzare un Gay Pride di cento persone che hanno un chiaro senso delle priorità e stigmatizza i nazi di Privy Sector che quel corteo assalgono.  Mentre nulla ha da osservare sul genocidio a cui Poroshenko spedisce gli stessi suoi tagliagole in Donbass, o contro la nomina del georgiano e neo-ucraino Saakashvili a governatore di Odessa. La città già onorata dai jihadisti con croce uncinata quando hanno fatto bruciare vivo un centinaio di civili antifascisti e dunque degna del despota e ladrone inseguito dalla giustizia del suo paese, ma mito dell’Occidente per essere stato l’antesignano della guerra alla Russia. Un segnale inconfondibile delle intenzioni dell’Occidente. Con l’UE di nuovo, e come a Belgrado, incatenata al carro di guerra della Nato che, prima ancora della Russia, si propone di devastare l’Europa. E non vogliamo uscirne, da questa Europa gestita da sicari imperiali contro i propri popoli, incominciando a uscire dalla Nato?  


Per le firme: noguerranonato@gmail.com

Bombe di coltan - Bombe migranti - Bombe curde

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Cari interlocutori, questo è il penultimo post (spero di scriverne un altro a giorni) prima di un lungo viaggio che mi porterà fuori dall’Italia per circa 3 settimane. Rientro intorno al 15 luglio.  Avrò comunque occasioni di accesso a internet e quindi continuate a intervenire sul blog. Vi auguro una felice e dinamica estate, quanto più possibile al riparo dalle nefandezze del regime.

Noto con una certa meraviglia che quando scrivo di questioni non direttamente attinenti alla politica internazionale, i commenti si diradano, o non si riferiscono ai contenuti del post. Credo che l’ultimo mio post “Bimbi da cannone” tocchi nervi scopertissimi del nostro vivere comune, trattando argomenti drammatici e strategici, come l’aggressione ai nostri bambini e giovani, preludio e futuro fondamento di una società di decerebrati e appecoronati. Ma è mancato qualsiasi manifestazione di interesse da parte di chi segue il mio lavoro anche da anni. Temo che questo sia indizio di una certa schizofrenia che separa guerre, imperialismo, ideologie politiche, da quanto la deculturizzazione e disumanizzazione, che accompagnano il fenomeno del capitalismo mondialista nelle sue espressioni più feroci, provocano a livello di degrado morale e intellettuale. Quanto a me, insisterò ad allargare lo sguardo anche a questi fenomeni, che effetti collaterali non sono, ma precisi obiettivi del nuovo tecnonazismo in guerra ai corpi e alle menti.

Ricomincio da queste considerazioni per un breve discorso sulle tecnologie che accompagnano e spianano la marcia verso la dittatura mondiale della criminalità politica ed economica organizzata. Poi parleremo anche di Medioriente, guerre, kurdi, migranti.

Tecnologie? Mai innocenti.
E’ stupefacente come dei pericoli di tumori e malanni innescati dalla distruzione delle cellule cerebrali per via delle onde elettromagnetiche da apparecchi appiccicati all’orecchio, pur ampiamente pubblicizzati nei primi tempi dell’introduzione dei cellulari, non si dica più una parola. Eppure gli apparecchi sono diventati via via più potenti e, dunque, pericolosi, tanto che si sono dovuti inventare gli auricolari e i salvifici suggerimenti di non tenere l’apparecchio aderente al viso. Suggerimenti svaporati come rugiada al primo sole, auricolari che, entro i 18 anni d’età riducono di una bella percentuale le capacità uditive. E qui, il primo regalo che si fa all’infante quando balbetta mamma, oltre alla play station per la formazione di teppisti, cecchini e piromani, è il cellulare. Che nessun insegnante d’asilo e delle scuole fino alla maturità può permettersi, se non vuole rischiare la nota di demerito del preside-manager per conto di Google o di Marchionne, di proibire e, nel caso, scaraventare dalla finestra.

Vedete queste foto? In apertura un padre separato che porta a pranzo la domenica i figli assegnati alla madre. Tre solitudini che cercano affannosamente di uscire dallo strangolamento dell’incomunicabilità con l’onanismo delle connessioni qualsiasi. Un altro padre che non sa collegarsi con il bambino, né collegare il bambino con quanto lo circonda, sprofondato nel telefonino. Una giovane donna che inchioda la figlioletta al cellulare e le infila l’auricolare nell’orecchio per spararle qualche musicaccia, o costringerla a parlare con la nonna.  Due ragazzi, amici o fidanzati, che non hanno nulla da dirsi e conversano con l’iperspazio. Comunicazione tra loro, con il mondo? Zero. Poi c’è il demente con le cuffie che non sente l’annuncio della stazione e perde il treno, o quella con gli auricolari che ti viene incontro parlando a voce alta e credi che ti dica delle cose e chiedi “come?” mentre blatera al telefonino e ti guarda con occhi ciechi. E’ normale, no? Chi protesta, chi gli strappa l’apparecchio dalle mani e lo sbatte in faccia all’irresponsabile che lo infligge a sé e agli altri? Azzerando ogni percezione del reale che li circonda con immagini, rumori, odori, e relativi pensieri, sensazioni, vita.  

   

Non è così che si lacera e si aliena da se, dagli altri, la società? La si riduce in frantumi, la si disconnette, la si disperde in monadi sparse nel vuoto di paradigmi imposti da entità estranee e ferocemente nemiche? Qui non si tratta di nostalgie per idilli rurali, di ritorno ai bei tempi antichi, di repulsa di ogni tecnologia. Si tratta di smascherare, sotto lo sbrilluccichio di un progresso che abbrevierebbe i tempi dello spreco, faciliterebbe le comunicazioni, risolverebbe problemi, accelererebbe i nostri passi, le occulte intenzioni dei realizzatori e operatori di determinate tecnologie. Il telefonino ti fa chiamare il carro attrezzi, ti fa avvertire del tuo arrivo, ti informa sulla salute di qualcuno, ti indica gli orari dei treni, ti fa vedere la posta elettronica, ti risolve un calcolo, ti dà il risultato della partita. Giusto. Benissimo. Ti fa risparmiare tempo, velocizza, ti fa correre. Verso dove non è detto, ma è una bella domanda. Intanto, però, con i tuoi figli non hai scambiato una cippa,  alla bambina hai negato la scoperta di facce, comportamenti, il rumore della metro, i cartelli delle stazioni, al figlioletto un gioco, una carezza, un’indicazione, al fidanzato segmenti di ponte verso l’intesa.

Spariscono i tempi intermedi, quelli della percezione di ciò che ti circonda, della riflessione, immaginazione, memoria, elaborazione, scoperta. I tempi che ti nutrono. E i tempi della socialità tra corpi, istinti, pensieri, parole. Questo hanno programmato i vari guru della tecnologia digitale, scienziati pazzi di una cupola di Frankenstein, ma lucida sui guadagni monetari e politici da ricavare. Con il disfacimento della realtà vissuta insieme agli altri si propongono l’atomizzazione di una società educata a gloriarsi di essere composta da individui isolati, ma connessi, affini a tutti gli altri individui isolati ma connessi e, quindi, al passo con i tempi, in, cool, trendy. Vale anche per internet, dove si svolgono amori e odii deprivati delle mille sfumature dell’espressione, dei toni, delle pause, dei colori del viso, del significato degli occhi, dei retro pensieri che agitano le mani.

Che fare? Buttare computer e cellulari nella spazzatura e sostituire i borborigmi degli analfabeti della frase semplice, unico parto possibile del pensiero semplice, i trogloditi dei tweet, con lettere scritte a mano? Non credo che neanche la decrescita felice arrivi a tanto. Il punto sta nella selezione, nella capacità di autogovernarsi, di scegliere secondo necessità effettive. E questo punto sta all’inizio di tutto, sta nell’educazione, in famiglia, nella scuola, in una cultura della critica e della scelta consapevole, in un giornalismo che ti faccia distinguere e non omologare, in un contesto collettivo di liberi e pensanti. Il perfetto contrario di quanto il robotino di Rignano sull’Arno  propone, impone, con la sua “buona scuola”, con le sue frenetiche accelerazioni tra i birilli di un’innovazione nichilista che corre verso un nulla da assoggettare.

Tutto sta nel disunire quello che intelligenza, necessità, progetto, civiltà, hanno unito. I musulmani dai cristiani e tra sciti e sunniti, gli arabi tra laici e religiosi, gli ucraini tra russi e non russi, gli etero dai non etero, le donne dagli uomini, i vecchi dai giovani, i nativi dai sopraggiunti, i brutti e cattivi, con tozzo di pane, dai brutti, sporchi e diversi senza tozzo di pane. Tutto serve a rovesciare in inoffensivo il criterio delle priorità, volgere quelle reali, temutissime, in quelle ricostruite, compatibilissime. C’è Roma, il suo governo, i partiti di governo, strutturalmente corrotti, che sprofondano nell’immondezzaio della storia? Ecco che un bel Gay Pride, con il sindaco gay friendly, ci riporta, a dispetto della sua volgarità e del suo becero interclassismo gestito dall’apposita lobby, all’ottimismo, all’autostima, alla rassicurante constatazione di un’unanimità del “mondo civile”. La solita unanimità “civile” che vede trionfare appaiati principi dei crimini contro l’umanità come Obama, Hillary Clinton, Hollande, Netaniahu, con tutto il cucuzzaro dei diritti civili.

Ma mentre per frantumare popoli più colti e maturi di noi ci vogliono le bombe, i nazi di Kiev, i jihadisti e un po’ di terrorismo – vero o fabbricato - degli uni contro gli altri, da noi è bastato un iPad, o qualche bruto razzista della Val Bembrana per volgarizzare i propositi di Renzi e dei suoi mandanti.


Migranti, piaga d’Egitto dai benefici elettorali
La falange degli stenografi di regime ha assecondato la strategia imperiale di fare a pezzi l’Europa, a partire dalle marche deboli del Sud, scatenando quell’uragano osceno sull’apocalisse migratoria. Al suo traino, il sicariato, più o meno consapevole, delle sedicenti “sinistre” che, tra pianti inani su migranti e Rom, lubrificano il razzismo del finto anti-sistema Salvini, coprendolo di salsa umanitaria. Nessuna di queste si è mai sognata di chiedere che si ponga fine al brigantaggio dell’Occidente, causa prima e universale della fuga di popolazioni da bombe, mercenari tagliateste, devastazioni climatiche, economiche, sociali. Nessuno avverte che i milioni di fuggitivi ospitati dai paesi limitrofi, già scassati di loro, servono al disfacimento mondialista di tutti gli Stati Nazione ancora dotati di briciole di sovranità (salvo gli sguatteri incoronati del Golfo, utili come strumenti surrogati e dotati di mezzi da spendere in armi occidentali). Proprio come le decine di migliaia che, tra le loro macerie, hanno rimediato un biglietto per il passaggio nel paradiso di Buzzi e Odevaine, dei coltivatori di ortofrutticoli, opportunamente disumanizzati dai muggiti di Salvini.

Eravamo alla vigilia di un ballottaggio che doveva salvare qualche piuma al giostraio di Palazzo Chigi e ai suoi Pony Domati (PD) e ammaestrati. Dopo avere infettato le già poco salubri trasmissioni di ogni tipo e schifezza anti-Rom, Salvini aveva cominciato a battere la fiacca. Del resto, i pogrom anti-Rom erano ormai avviati sul giusto binario. Occorreva un rilancio, qualcosa da cui questo energumeno e la stampa buonista piagnona e quella cattiva forcaiola, potessero trarre elementi per nuove divisioni di massa, distrazioni di massa, rincoglionimenti di massa. E così una affaruccolo da poche decine di persone alla sbando tra le stazioni di Roma, Milano e Ventimiglia, risolvibile, volendo, con un minimo di razionalità, è stato montato in piaga d’Egitto al quale uno Stato ultracentenario, che gestisce 60 milioni di cittadini e spende 80 milioni al giorno per far guerre in giro per il mondo, non può che arrendersi

Tutti a precipitarsi nel proprio bunker, a scampare al disastro.Tutti a votare bene ai ballottaggi, contro chi sui migranti auspica accoglienza, o anche solo balbetta, e a favore di coloro che accendono ceri all’altarino del sindaco mazzabubù Gentilini. La plebe, con o senza soldi, ha gonfiato la Lega oltre ogni minimo standard etico e politico, gli ignavi o nauseati sono rimasti a casa, i compatibili col malaffare hanno votato PD, i liberi e pensanti hanno promosso i 5 Stelle in tutti i ballottaggi dove avevano contro camorra, mafia, malversatori e loro sponsor. Sono soddisfazioni. Ma la soddisfazione subisce un contraccolpo terribile a Venezia.

Nel docufilm “L’Italia al tempo della Peste” ho cercato di mostrare i criminali e i loro crimini contro Venezia e contro l’umanità e ho intervistato Felice Casson, massimo baluardo da decenni contro i terminator ladroni del Mose, delle Grandi Navi, del Canale Contorta e, prima ancora, contro inquinatori vari e contro il complottismo sovversivo di Gladio e simili operazioni del regime atlantico-democristiano. Casson sarà pure del PD, ma per antirenzismo compete alla pari con Alessandro Di Battista e Paola Taverna. E’ accertato che per Casson non ha votato la maggior parte dello stesso PD, il cui DNA è clonato da quelli che hanno governato lo sfacelo della città e del paese. E sono convinto che i voti in più  li abbia ricevuti da cittadini 5Stelle. Il che non esime da  un’attenta riflessione sul pesce in barile del vertice pentastellato che, dicendo che i cittadini devono scegliere in autonomia, si è astenuto a dichiararsi pro-Casson. Tanto più che, qui e là, il vincitore 5Stelle non ha disdegnato voti ben più spuri. Quando Venezia sarà stata sfasciata dalle Grandi Navi e relativi canali, affogata dal Mose, spopolata a vantaggio di bottegai delle chincaglierie che galleggiano sugli acquisti dei crocieristi, la civiltà umana saprà a chi renderne merito.


Mamma li curdi!
I curdi dell’YPG avanzano nel territorio di Kobane e, stavolta, guarda la combinazione!, gli aerei della Coalizione saudito-qatariota-occidentale li sostengono con bombardamenti anti-Isis, suscitando la collera del colluso-colliso subimperialista di Ankara. Quei bombardamenti che i piloti Usa hanno confessato i loro comandanti non gli fanno fare sugli stragisti del califfo, ma piuttosto, come risulta da infinite testimonianze, contro le forze irachene, scite, iraniane, formalmente alleate contro lo Stato Islamico, ogni qual volta diano segno di poter prevalere sull’invasore. Bombe che finiscono con voluttà anche su civili e infrastrutture sotto controllo di Damasco.

C’è qualcosa di maleodorante nel giubilo che unisce destre e sinistre, imperiali e sudditi, per le vittorie dei curdi. Precisato, contro le falsificazioni dei democratici “anti-dittature arabe” (salvo quelle del Golfo), che i curdi non si sono mai battuti contro Assad, con il quale, anzi, hanno concordato l’autodifesa contro il comune nemico, ci si dovrebbe chiedere qual è la coerenza di chi, di fronte a un nemico comune alle due parti in causa, esalta la resistenza dei laici e progressisti curdi, dalle donne emancipate e combattenti, e degrada in difensori del dittatore contro i ribelli (di un Esercito cosiddetto Libero Siriano, del tutto svaporato e ricomparso sotto i turbanti Isis e Al Qaida), gli stessi patrioti siriani laici, progressisti, dalle donne emancipate e combattenti. Effetto Cia-Mossad cui nessun “sinistro” si sottrae.
Perché sostenere, armare, pagare, rifocillare l’Isis contro Baghdad e Damasco, e poi affiancare i curdi, sullo stesso fronte di Damasco, con le bombe sull’Isis? L’obiettivo è chiaro e abbagliante come un cielo d’agosto sul Sahara. 

Ricordate il progetto di squartamento degli Stati arabi formulato e perseguito da Israele fin dagli anni’80? La strategia di frantumazione degli Stati sovrani consolidatisi in nazione pluralistica (vedi Sudan, Libia, domani l’Algeria, Jugoslavia, altri), nell’immediato deve istituzionalizzare il disfacimento della Siria (poi del Libano) e la tripartizione dell’Iraq. Un pezzo agli sciti, uno ai sunniti, uno a curdi. E ancora meglio di uno Stato curdo unitario, tre pseudostatarfelli curdi in Turchia, Siria, Iraq. E che non si metta di traverso il sultano neo-ottomano e ultraislamista Erdogan (definito moderato e democratico da Tonino Perna sul”manifesto”, con auspicio di una sua rapida entrata in questa Europa, civile e democratica), atterrito dalla prospettiva di uno Stato kurdo che si porti via 20 milioni di cittadini turchi, tre di iracheni, 1,5 di siriani e magari anche qualche iraniano.

 A Tel Aviv e Washington non gliene frega niente di Erdogan , anzi, vista la malapartita con un concorrente potente e influente come l’Iran, figuriamoci se si dà via libera a una Turchia potenza regionale (che, oltre tutto, fa anche gasdotti con Putin). Quindi, occhio, i curdi si battono per se stessi, non meno che il popolo siriano, ma quelli che li sostengono e celebrano sanno che servono al divide et impera dei neocolonialisti atlantico-israeliani?  E che il Curdistan vagheggiato è quello petrolifero di Massud Barzani,, narcotrafficante, contrabbandiere, ras della provincia irachena e fiduciario di Washington e Tel Aviv che gli succhiano il petrolio e gli comprano mezzo territorio.

 Non ricorda il Renzi di Crozza?

Resta da gettare il fascio della lampada di Diogene su quel Salahattin Demirtas,  per i sinistri e il “manifesto” novello Tsipras (e basterebbe questo), e sul suo Partito del Popolo, HDP,  balzato al 13% in elezioni che hanno visto il taglio degli artigli a quell’Erdogan che, contro i propositi occidental-sionisti, non vuole lo Stato curdo e continua a foraggiare di armi e miliziani i jihadisti anti-kurdi che la Coalizione bombarda. Prima c’era il PKK, che combatteva, vuoi per l’indipendenza, vuoi per l’autonomia. Le profferte di pace del leader Ocalan, ammorbidito dal carcere, proprio mentre l’interlocutore turco sbranava i fratelli siriani e prendeva a sprangate il proprio popolo, lo hanno parzialmente neutralizzato. Ma non del tutto, come rivelano gli scontri tra militanti del PKK e del nuovo HDP a Diyabakir. Occorreva un rimpiazzo “moderato”, che riconoscesse il monopolio della violenza al persecutore di sempre. Per poi entusiasmare i consociativi dell’umanitario mettendo sul vertice del partito la ghirlanda del 10% di GLBTQ. Populismo? Furbata?

Viene denunciato da kurdi insoddisfatti che non proprio tutti i candidati messi in campo da Demirtas, fuori dalle grandi e visibili città, corrispondono agli standard di integrità e diversità che il partito sbandiera. Sarà. I miei dubbi potranno essere dissipati. Ma lo saranno difficilmente da un leader che si dice democratico, innovatore, ripulitore, dirittoumanista, ma non ha esalato un fiato sulle scelleratezze di Occidente e Israele nella regione, ed è poi il rappresentante ufficiale, nella Turchia della Nato, di Amnesty International, la più sporca delle agenzie di disinformazione e diffamazione al servizio dei genocidi imperiali. Calma e gesso, andrebbe suggerito ai chierichetti dell’ennesima catarsi..

DOPPIO BINARIO. Meglio, CONVERGENZE PARALLELE. Pci risorto, Grecia, Sofri, Medioriente, Russia, Cuba-Usa, curdi, Libia, Blair

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"Israele farà molto male ai civili libanesi, compresi i bambini delle famiglie… L’abbiamo fatto allora, l’abbiamo fatto a Gaza, lo faremo in ogni giro di ostilità in futuro”. (Moshe Yaalon,  ministro della Difesa israeliano, 6/5/2015)

“Ho ammazzato molti arabi nella mia vita e la cosa non mi pone alcun problema… Farò di tutto in mio potere perché i palestinesi non abbiano mai uno Stato”. (Naftali Bennett, ministro israeliano dell’Istruzione, 30/5/2013)

“I palestinesi sono tutti nemici e il loro sangue cada sulle loro teste. E questo comprende anche le madri dei martiri, le manderemo all’inferno con fiori a baci.. Devono sparire insieme alle loro case in cui hanno allevato quei serpenti. Altrimenti vi nasceranno altri serpentelli”. (Ayelet Shaked, ministro della Giustizia israeliano, 7/7/2014)

“C’è una salvaguardia generalmente nota ai saggi e si tratta di un vantaggio e di una sicurezza per tutti, ma soprattutto per le democrazie contro i tiranni. Di cosa si tratta? Della Diffidenza”.(Demostene, 384-322 a.C)

E’ lungo, cari amici, lunghissimo, da esaurimento e sento già chi implora “troppo lungo, accorcia!” Ma a sapere quanti altri argomenti brucianti avrei voluto affrontare con voi, rabbrividireste. Unico conforto: si può leggere a puntate. Tanto prima di metà luglio non ci si sente.
Binario unico per l’UE

Chi del doppio binario se ne può fregare altamente sono i cannibali sadici della Troika, ora da Tsipras mimetizzata in Gruppo di Bruxelles. Facile, con un farlocco sicario della Cupola travestito da radicale come Tsipras, che già si era denudato davanti ai bambini con occhi puliti nominando suoi proconsoli tentacoli di Bilderberg (attualmente convenuto in Austria con i soliti sicari italiani, inclusa la fiduciaria media Gruber) come Barbara Spinelli. Qui, dopo una caterva di arretramenti rispetto alle promesse elettorali, da far invidia a Renzusconi, a puntellare colui che veniva considerato la colonna vertebrale della sinistra greca e non era che una spina di panna, a insistere a interpretare il precipitare di cedimenti come eroica resistenza del duo della bella morte greca, Tsipras e Varufakis, era rimasto solo “il manifesto”. “Quotidiano comunista” che, del resto, vede ormai il suo ruolo nell’aggrapparsi, sacrificando ogni sua residua connotazione di credibilità,  a qualsiasi volatile nascita-convegno-estinzione del “Nuovo Soggetto Politico della Sinistra” . Qualsiasi cosa, pur di rosicchiare qualcosa ai 5Stelle.


Si scopron le tombe, si levano i morti
Da noi e in giro sono spesso, sempre più spesso, quelli che provengono dalla “sinistra” coloro ai quali la Cupola affida il lavoro più sporco. Avreste mai immaginato un Berlusconi fare della scuola di diritto la scuola del mercato, gestita in chiave di Stato di Polizia sotto un ducetto fiduciario di decerebratori e sfruttatori? O qualificare per legge “strategici” gli inceneritori, le trivelle, le piattaforme marine, le Grandi Opere, difese come fossero basi militari? O infliggere ai lavoratori lo spionaggio sui luoghi di lavoro? O avanzare, a forza di colpetti di Stato, verso una dittatura tecnonazista? O annullare, con l’eliminazione del Corpo Forestale dello Stato, l’ultimo presidio contro la guerra dichiarata all’ambiente? O sabotare un sindaco, farlocco, ma sgradito a corrotti e ladroni, per metterci uno che sappia distribuire ai destinatari giusti i proventi delle catastrofi sociali Giubileo e Olimpiadi? Potete immaginare i casini di piazza?

Ultimi arrivati, la lente di ingrandimento  ci rivela le formichine di Civati-Sel e detriti vari. L’ennesimo infervoramento del “manifesto” per la nemesi in arrivo con la sinistra Pd ed ex-Pd, si esalta in sfrenato entusiasmo editoriale a commento di quel polveroso e sgrammaticato paginone di retrocopertina, dove anonime (e pour cause!) trombe di cartapesta annunciano l’assemblea di fondazione del “PARTITO COMUNISTA ITALIANO”. Sì, proprio di quelPartito Comunista Italiano.  Quello vecchio.  Quello ormai marchiato irrimediabilmente, come quasi tutti i consimili nel mondo, da sconfitte, rese, tradimenti. Del partito che loro definiscono “di Gramsci e Togliatti”, mentre storia e scienza dovrebbero semmai fargli dire di Gramsci o Togliatti. Giacchè senza Togliatti, ricostruttore dell’apparato statale fascista, e il nipotino Be-Be-Be-Berlinguer accucciato sotto l’ombrello Nato e sotto mamma DC, difficilmente ci sarebbero stati Occhetto e seguenti.

Pifferai ad Atene
Con uno Tsipras, che sta percorrendo lo stesso scivolo da rivoluzionario barricadero a palo dei rapinatori con scasso, anche se non è ancora giunto del tutto alla destinazione del suo affine italiota in sedicesimo, Adriano Sofri, si parva licet componere magnis, il treno guidato da FMI, BCE e Bruxelles ha potuto abbattersi come un maglio sulla terra di Pericle, Socrate, Prassitele, Euripide, Omero. Quella terra che per duemila anni è stata per noi l’antidoto razionale, morale ed estetico al mostruoso totalitarismo dell’irrazionalità clericale. Le tre erinni l’hanno punita gettando nell’abisso11 milioni di greci (a esclusione di qualche dozzina di compari locali, intoccabili nababbi, armatori, banchieri e speculatori vari), riducendone le pensioni, aumentando di cinque anni l’età pensionabile (il 50% dei greci sopravvive grazie a un pensionato),.massacrandoli con l’aumento dell’IVA, espropriandoli con le privatizzazioni di ogni bene comune, togliendogli casa e lavoro, impiccandoli al nodo scorsoio di quel debito con cui si tolgono dalla faccia della Terra i popoli renitenti. Il resto è sceneggiata, comprese le gite propagandistiche a S.Pietroburgo per coglionare i suoi incazzati sinistri. L’ultradestro Samaras non avrebbe potuto far meglio.

E, per inciso, chiedete a Travaglio, ottimo giornalista e pessimo distributore di incarichi redazionali alla lobby ebraica, capeggiata dal golem sionista Furio Colombo, come fa a rivestire i panni del fustigatore di corrotti e parassiti quando pubblica articoli come quello di Stefano Feltri, del “Fatto Quotidiano”, che titola un peana alla moira Mario Draghi “L’ultimo politico rimasto in tutta Europa” e lo auspica successore della copia velina Renzi. Così non deve più neanche scrivere al governo letterine che ordinano macellerie sociali. Si esprimerebbe meglio direttamente dal balcone di Palazzo Chigi.


Monnezza continua
A proposito di “Fatto Quotidiano” e dell’intellettuale di rifermento di Cia e Netaniahu, Adriano Sofri, nel brutto esordio della nuova versione del giornale, normalizzata nei toni (“meno gridati”) e segnata dalla truffa dei media di regime con la falsa obiettività che vantano  “i fatti separati dalla politica” (come se i fatti non venissero interpretati, immancabilmente, in chiave politica), accanto a un’immonda pagina esteri turbo-atlantica, appare un orrendo editoriale carcerario iperforcaiolo di Travaglio. Il solitamente equilibrato giornalista tira un missile Hellfire contro l’ipotesi del ministro Orlando di includere l’ex-distruttore di Lotta Continua e successivo manutengolo mediatico di ogni restaurazione vandeana, in una commissione sul sistema carcerario. Io, nella proposta di far contribuire ex-galeotti alla discussione sul problema dell’esecuzione della pena, non ci vedo niente di scandaloso. Anzi. Ma trovo intollerabili gli schiamazzi indignati di guardie carcerarie, la cui integrità morale e legale a volte non è apparsa delle più limpide e anche lo sdegno dei congiunti del commissario Calabresi (ricordate il “malore attivo” di Pinelli giù dalla finestra?), del quale uno dirige un giornale marchionnesco, che più di regime non si può. Arriva all’apice della sua foga giustizialista, Travaglio, lamentando che “in Italia le vittime dei reati e dei loro parenti non abbiano diritto di parola”. Forse, assordato dalla quarantennale  lamentazione e apoteosi delle “vittime del terrorismo di sinistra”, l’occhiuto giornalista si riferiva al silenzio di tomba con cui congiunti e amici delle centinaia di vittime dei servizi, delle squadracce fasciste e della Celere, sono stati infilati negli stessi sepolcri in cui tacciono i loro cari. Potrebbe darsi?

Di Sofri, del cui quotidiano negli annji’70 ero stato direttore, ho detto altre volte. E qui devo dare ragione a Travaglio quando evidenzia il trattamento di favore che i malipoteri hanno riservato al “personaggetto” e al suo compare Giorgio Pietrostefani. Sulla colpevolezza di Sofri & Co. non mi pronuncio, ma è un fatto che costoro sono stati ampiamente ricompensati dai loro padrini per avere prima infiltrato e poi demolito la più grande organizzazione rivoluzionaria dal dopoguerra e per poi aver trasferito la popolarità residua dei boccaloni e quella acquisita della criminalità politica organizzata, locale e atlantica, sui suoi più fetidi organi di disinformazione. Propostisi come vittime dell’ingiustizia e intellettuali organici agli editori di riferimento (Foglio, Repubblica, Panorama, intendasi Renzusconi), Sofri è sceso da 22 a 7 anni di carcere più domiciliari, grazie a un malanno, poi svaporato appena rimesso in libertà. E da allora pontifica pro domo sua, che è poi la domo eius. Chi se ne sta zitto zitto a Parigi, invece, è il latitante Giorgio Pietrostefani. Un po’ perchè energumeno rozzo e incolto, da sempre nelle grazie di certi boiardi di Stato, un po’ perché, oltreché del verdetto per Calabresi, dovrebbe rispondere delle sue attività in Francia quale gestore della flotta aerea del bandito Mimmo Cardella (quello della comunità Saman e di Rostagno) che fungeva da tramite per i traffici di rifiuti mortali tra La Spezia e la Somalia. Ovvio che nessuno degli otto governi dal 2000, anno della sua fuga, ne abbia mai chiesto l’estradizione. Probabilmente si dovrebbe riparlare di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Convergenze parallele per  Iran
Il titolo di questo post, “Doppio binario”, che potrebbe anche rititolarsi “Convergenze parallele”, come interpretava a livello letterario Aldo Moro quando stava completando l’assorbimento del PCI nel sistema capitalista e predatore della DC, oppure “poliziotto buono-poliziotto cattivo”, si riferisce alla tattica della faccia sorridente affiancata a quella digrignante. Facce con cui l’imperialismo riesce a minchionare e ingabbiare morituri recalcitranti. E’ il metodo con cui i conduttori di ogni guerra, bellica o sociale, riescono a controllare fronti all’apparenza opposti e portarli al risultato strategico voluto. Si fa così: ci si propone all’interlocutore, faccia sorridente, come volenterosi di mediazioni e accordi, mentre contemporaneamente gli si scatenano addosso, faccia digrignante, le piaghe d’Egitto. Negoziati sul nucleare con l’Iran, in vista di ipotetica eliminazione delle sanzioni  e accoglimento nella sedicente “comunità internazionale”, attirando al disarmo un presidente disponibile e un’opinione pubblica angheriata e speranzosa, e al tempo stesso lanciando contro il loro retroterra di sostegno e alleanze, Siria, Iraq, Yemen, Libano, un uragano di distruzione e morte, tanto da lasciare l’Iran esposto e isolato.

Russia
Si ammicca a Mosca con accordi di tregua in Ucraina e all’opinione pubblica mondiale con proclami di innocenza e pace di fronte all’orso sbranatore impersonato dallo “zar” Putin. E intanto si installano nazisti belluini, basi e armamenti d’attacco, tutt’intorno ai confini di una Russia  che non ha neanche uno straccio di base militare fuori dal paese, si trascinano i partner naturali europei a picconarsi le gonadi aderendo alle sanzioni e infliggendosi salassi di sangue con spese militari sottratte a bisogni e diritti.

… Iraq, Siria, Yemen
All’Iraq frantumato e masticato si mostra la faccia sorridente di una “coalizione internazionale” che gli addestra le forze armate e gli offre la solidarietà delle bombe sull’Isis , mentre la faccia digrignante azzanna la resistenza nazionale di esercito e milizie scite-sunnite rifornendo di mezzi, fondi e armi il presunto nemico comune. Israele, campionissimo di doppiogiochismo, si gloria di essere il bastione della democrazia nel Medioriente infestato da fanatismi islamici e, poi, a questi spiana la strada bombardando i siriani, accogliendo, curando e istruendo jihadisti di ogni denominazione (vedi i bravi drusi che hanno eliminato due tagliagole Al Qaida-Isis ospitati nell’ambulanza israeliana) e contribuendo al loro sostentamento insieme ai fiduciari democratici e laici dell’Occidente nel Golfo.

L’ONU promuove negoziati di tregua e mediazione tra movimento Huti di liberazione dello Yemen e subimperialisti sauditi in procinto di polverizzare, insieme al suo popolo, il miracolo della salvaguardia storica di un’antica civiltà, procedendo anche qui in coppia con Israele che fornisce piloti e bombe al neutrone. Ma poi l’ONU infligge l’embargo delle armi ai soli difensori del loro paese e assiste benevola al blocco genocida, aereo e navale, che sta lasciando donne, bambini, yemeniti tutti, senza cibo, acqua, medicinali, alla mercè della solita banda di terroristi mercenari Al Qaida-Isis. Va detto, con soddisfazione, che non tutte le ciambelle cucinate dal Mulino Bianco USraeliano riescono col buco. Un’intera provincia dell’Arabia Saudita al confine meridionale, Najran, si è dichiarata secessa dal paese di proprietà dei Saud e a fianco della lotta yemenita; le forze di Ansarullah, ormai padrone di quasi tutto il paese, a dispetto delle ininterrotte stragi missilistiche di vite e ricchezze, hanno portato l’offensiva fin dentro la pancia dell’orco aggressore, colpendo la base dell’aeronautica saudita Amir Khalid e uccidendo 20 istruttori israeliani e 63 militari di Riad.


… migranti
I piagnoni sulle sorti dei migranti inchiodati dalla civile Europa su scogli e nei lager - tra i quali ora aumenteranno anche quelli yemeniti - come affannosamente occultano l’abbagliante evidenza delle responsabilità occidentali all’origine della decimazione e fuga di questi milioni di loro vittime, così tacciono sul genocidio arabo esteso ora anche allo Yemen. Un’ipocrisia e un doppiopesismo da far schifo. E qui lasciatemi dare una menzione  d’onore a Di Stefano, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scaglius, Sibilia, Spadoni, parlamentari 5Stelle, unici ad aver sollecitato il ministro degli Affari Esteri, peraltro una pietosa figura di ominicchio con pugnale di latta tra i denti, a rispondere sulla mattanza delle città e dei villaggi yemeniti condotta dai sauditi, con associati altri regimi sudditi degli Usa. L’interrogazione denuncia le armi per la bisogna fornite dall’Occidente, la latitanza complice dell’ONU,  la catastrofe umanitaria dei profughi e dei rimasti strangolati dal blocco, la complicità di Israele con le sue armi di distruzione di massa radioattive, la sciagurata “comprensione verso l’Arabia Saudita la cui aggressione avrebbe caratteristiche limitate e difensive”. Che ora salti fuori il solito farlocco che ciancia di Cinque Stelle “fasciste, infeudate alla Cia e a Goldman Sachs”.


…Cuba.
Ma, oggi come oggi, alla manifestazione più esemplare e perfida della fenomenologia del doppio binario, si assiste in America Latina-Caraibi. Qui tutto il mondo è abbacinato dalla luce imperiale che si è accesa su Cuba, dopo le luminarie e i turiboli disseminativi dalla successione di papi voraci di scuole e ospedali, “libera stampa”, ruolo della Chiesa nella vita  pubblica e di tutto quanto possa tagliare mani e piedi al socialismo e alla sovranità. Con la solita sospetta unanimità tra pecore e lupi, si celebra l’impresa di Raul Castro e dei suoi generali nell’aver aperto agli Usa, ristabilito fattive e remunerative(per chi?) relazioni, aperto agli investimenti delle multinazionali agroindustriali, minerarie e cementizie, in un paese già al 50% privatizzato. E si individua la catarsi di un’economia disastrata nell’alluvione di milioni di trogloditi turistici americani dollaruti, famelici di Coca Cola, cibo spazzatura, case da gioco e facili costumi.

Sul binario accanto, sulla convergenza parallela si muove la macchina di guerra militare, economica e sociale degli Stati Uniti contro il resto dell’America Latina. Hanno ammazzato il Messico con il trattato Nafta (vedi TTIP), il narcotraffico e la militarizzazione sotto comando Usa e con l’associazione tipo Nato, tolti di mezzo i governanti sgraditi con i colpi di Stato in Honduras e Paraguay, ridotti a un “free for all” delle multinazionali, tentato di strozzare l’Argentina riottosa con l’avventarsi dei creditori avvoltoi, fatto della Colombia narcoproduttrice ed esportatrice una servitù militare e piattaforma d’attacco, tentato colpi di Stato e rivoluzioni colorate contro Morales in Bolivia e Correa in Ecuador, addomesticato la Bachelet in Cile, confermata la presa di un Perù devastato dalle multinazionali minerarie e, soprattutto, lanciato un attacco multifronte al nemico numero 1, il Venezuela, con 18 mesi di terrorismo fascista, 1.200 assassinati, infiltrazione di squadroni della morte colombiani, sanzioni, minacce.

Ci chiediamo, noi che abbiamo sostenuto con tenacia e passione la rivoluzione, il popolo, il socialismo, l’indipendenza, la resistenza di Cuba, se i dirigenti di quella nazione, che per mezzo secolo è stata un faro di libertà ed emancipazione per il continente e il mondo, si rendono conto di fornire, accoppiando la loro faccia sorridente a quella sorridente del secolare aggressore, la migliore copertura alla sua altra faccia, quella orrenda del serial killer di massa con le zanne affondate sugli altri figli di Bolivar, Josè Martì, Che Guevara? E’ la mano tesa a quella imbevuta di sangue, il prezzo da pagare per la propria incapacità, aggravata dall’embargo, di risollevare le sorti dell’isola?  Il Vietnam, ha detto Raul Castro, è il nostro modello. Nel Vietnam, da poco restituito al dominio di una classe sull’altra, l’altro giorno si sono incontrati i capi di Stato Maggiore di Hanoi e Washington. Hanno concordato una più stretta cooperazione e integrazione delle rispettive forze armate.

I doppi binari della geopolitica occidentale proliferano. La Commissione dei Diritti Umani dell’ONU mette sullo stesso piano i crimini di guerra perpetrati da Israele nell’operazione “Margine Protettivo” e quelli attribuiti a Hamas. Ponzio Pilato schiatta di invidia. I primi, apparsi in tutta la loro dimensione stragista agli occhi del mondo, non potevano essere occultati. Occorreva ridurne il tasso criminale equiparandoli a chi, aggredito, occupato, massacrato, espulso da 70 anni, osava reagire e difendersi. I razzi primitivi delle vittime, andati a sbattere perlopiù nel vuoto (6 morti), alla pari di uno tsunami di missili, bombe a grappolo, bombe ad alta penetrazione, bombe personalizzate a farfalla, fosforo bianco, città polverizzate, esecuzioni a freddo di combattenti, ma perlopiù di donne e bambini, da parte del quarto esercito più potente e più sanguinario del mondo (1.300 morti). Certo, i palestinesi, incastrati in un formicaio urbano e privi di bunker, basi, poligoni, aviazione o marina, difendevano il formicaio da in mezzo alla popolazione. Se ne facevano scudo? Sì, proprio come l’ultima antiaerea del Reich, che puntava senza più munizioni contro i 500 bombardieri al fosforo di Churchill  impegnati a radere al suolo Dresda, la più bella città barocca della Germania (pensate all’Isis a Palmira e Ninive), si faceva scudo dei 200mila civili inceneriti, perlopiù profughi cacciati dalle loro terre a est.

Come la mettiamo con i curdi?
E’ ricicciata sul “manifesto” Giuliana Sgrena. Non poteva mancare nel tripudio per i curdi di Rojava che soffrono, combattono, avanzano, donne in testa. E anche noi plaudiamo. Ma con qualche retro pensiero. Perché quelli di Kobane hanno le stesse facce e lo stesso animo dei ragazzi dell’esercito e delle milizie popolari siriane, proprio contro lo stesso nemico, proprio per la stessa causa: libertà, indipendenza, laicità, democrazia, anticolonialismo. Ma senza supporto della Coalizione, anzi. E perlopiù da cinque anni, con sacrifici ed eroismi centuplicati rispetto a Kobane. Ma nessuna Sgrena  ne da notizia, nè tantomeno vi si commuove ed entusiasma. E’ che sulla resistenza siriana non c’è l’unanimità che unisce destre e sinistre, atlantici, bruxelliani e antiliberisti. Quell’unanimità complice, ghandiana, martinlutheriana, mandeliana, obamiana, bergogliana, antiputiniana, che costituisce lo strato profondo e putrescente delle società occidentali, sulla cui superficie far recitare, per incantare i gonzi, pupi che si danno sciabolate di latta appesi ai filo dell’unico burattinaio.

I curdi del Rojava hanno dunque liberato anche la città di Tel Abyad e stanno avanzando verso Rakka, la capitale del califfo in Siria. Entrambe città arabe, non curde. Da un capo all’altro dell’Occidente suonano festose le trombe e s’alzano stendardi. Anche le forze patriottiche siriane, rafforzate da Hezbollah e, forse, da volontari iraniani, dopo i recenti rovesci subiti al Nord, sul confine turco, liberano territori ad Aleppo, a Daraa nel Sud e verso i Libano. Niente trombe e stendardi. Eppure nell’un caso e nell’altro si combatte lo stesso nemico, quello che terrorizza l’Occidente, minaccia Roma e il papa, decapita, stupra o incarta le donne, incendia o affoga in gabbie i prigionieri, istruisce bambini a uccidere. Curioso, allora, che l’avanzata dei curdi, sia facilitata da duri bombardamenti della Coalizione Occidente-Golfo sull’Isis, mentre la stessa Coalizione continua a distruggere le infrastrutture siriane nei territori liberi, favorendo l’avanzata dei jihadisti (come in Iraq, dove rifornisce il califfo e non spreca una pallottola per l’offensiva di Baghdad), sostenuta del resto anche da Israele con aerei, ospedali e istruttori.

Gatta ci cova? Lo ricordo ancora una volta: l’idea, vecchia come il cucco Oded Yinon, che l’ha codificata per il regime sionista nel 1982, è la distruzione degli Stati nazionali arabi. Gli interventi a favore e contro l’uno o l’altro servono a definire le nuove mappe, spesso in considerazione delle risorse presenti, specie petrolifere. Al Kurdistan in Siria un tot di territorio siriano, un altro ai sunniti, un angolino agli sciti, per il reso caos creativo. Così in Iraq, in Yemen, domani in Libano. Si bombarda da una parte o dall’altra, si rafforza uno schieramento o l’altro, a seconda dello spazio assegnato dai nuovi geografi. L’essenziale è che scompaia quel che era noto come Siria e come Iraq e qualcosa finisca anche nelle fauci della Grande Israele.

Tripoli, bel suol d’amore
Quanto alla Libia, sfolgorante è il doppio binario. Faccia amabile, negoziato ONU tra i due governi, a ognuno dei quali deve essere impedito, con l’aiuto degli ascari Isis (o Al Qaida-Isis in Yemen), di circoscrivere il caos creativo. Sempre faccia amabile, ma contrita, quella che fa piovere fiumane di lacrime e compassione da ogni poro dell’Occidente,  che si riscatta da ogni turpitudine lanciando anatemi contro il cattivo della commedia, Salvini e affini. Diverso lo strumentale ma ottuso muro eretto dall’ungherese Viktor Orban contro clandestini di cui questo primo ministro renitente all’UE, alla Nato e filo-russi ha capito benissimo l’obiettivo collegatovi dagli Usa di destabilizzazione degli Stati europei. E, opportunamente, invita a esaminare i muri di cui tutto l’Occidente si circonda dal Messico all’Ucraina, da Israele alle colonie spagnole in Marocco, da Belfast ai baltici, nonché i muri di armate e armamenti con cui costella i confini della Russia. Non è per niente pretestuoso il richiamo di Orban agli Stati imperialisti di occuparsi, loro, dei profughi da loro determinati. Richiesta ineccepibile che nessuna “sinistra” ha mai avanzato.

La faccia con le zanne esposte è quella del terrorismo intimidatorio che colonizza scogli, fondali marini e produzioni.schiavistiche con quanti ancora insistono a voler scampare ai genocidi occidentali di casa loro. E’ quella della sfruttamento domestico dei propri surrogati terroristi in chiave di paura, con accidenti come Charlie Hebdo o bombe sul metro, tali da ottenere consenso allo Stato manettaro securitario. E’ ora anche quella della riconquista della Quarta Sponda, dopo le legnate prese da Gheddafi e dal suo popolo riscattato, guida dell’antimperialismo, promotore di prosperità e giustizia. Ed ecco l’”EuNavMed” con la sua flotta militare, i sommergibili, l’aviazione, i droni (nuova scuola di droni d’assalto a Manfredonia), gli elicotteri e le truppe da sbarco. Resteranno due governicchi incapaci di reagire, un bel po’ di caos creativo in un paese spezzettato tra Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. Ma i giacimenti e i terminali di petrolio e acqua saranno presidiati da Eni, Exxon e Total. A questo proposito per me sarebbe stato preferibile lasciare i libici agli affari loro, fidando che il governo laico di Tobruk, con la sua presenza anche di gheddafiani, possa far piazza pulita degli islamisti golpisti di Tripoli, Fratelli Musulmani, tentacoli di Turchia e Qatar e genitori di tutte le successive aberrazioni jihadiste.


Vessillifero dei valori dell’Occidente
Chiudo con un ricordo di Tony Blair, la creatura Labour-Terza Via, cara allo scorpioncino di Rignano, spurgata dal rettilario della Thatcher, che conferma la regola della sinistra chiamata a perfezionare le nefandezze della destra senza più intralci a sinistra. L’ombra di questo ributtante criminale di guerra, che si avventò sull’Iraq “perché con le sue armi di distruzione di massa poteva radere al suolo Londra in 25 minuti”, aleggia dietro a orrori come le stragi sulla metropolitana del 2005, o l’assassinio-suicidio dello scienziato David Kelly, massimo esperto britannico di armi chimiche e biologiche che aveva smascherato le menzogne irachene di Blair. Per questi meriti, e per aver mostrato come si fanno a pezzi altri popoli, compresa la parte sana del proprio, il pupazzo di Wall Street, dalla faccia dello psicopatico sadico di “Saw”, venne nominato inviato del Quartetto per il Medio Oriente. Incarico dal quale ricavò anni di baldoria negli alberghi di lusso della regione e 90 milioni di euro in conferenze e creste, mantenendo un perfetto silenzio sulle imprese del prediletto Stato infanticida. Ora, scelta avveduta e naturale, lo ha chiamato il capo del regime atlantico-nazista di Kiev perché gli faccia da consigliere. Dalle parti dove si allunga l’artiglio della Nato si assiste a una specie di Horror Picture Show senza l’aspetto umorista: vi si radunano e prosperano le più abbiette creature del lato oscuro del pianeta.
Brutte storie. Ma consoliamoci. A rimediare a tutto, da noi ci penseranno Landini, Tsipras, Vendola, Civati e, avanguardia operaia, il Partito Comunista Italiano testè rinato (di Togliatti e senza Gramsci). Questi sì che sanno di antimperialismo.


Ciao, buona estate. Stiamo all’erta.

Tecnonazisti e Fratelli Musulmani; tutto fa NATO

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Tecnonazisti e Fratelli Musulmani

"Quando si presenta una causa e ti rendi conto fin nel midollo che è giusta, ma rifiuti di difenderla, in qual momento incominci a morire. E non si sono mai visti tanti cadaveri che si aggirano parlando di giustizia". (Mumia Abu Jamal)

"Come possono coloro che diffondono i semi del terrorismo combatterlo? Chi volesse combattere il terrorismo potrebbe farlo con politiche razionali e realistiche, fondate sulla giustizia e il rispetto della volontà di popoli di determinare il proprio futuro, gestire i propri affari, restaurare i propri diritti diffondendo conoscenza, combattendo l'ignoranza, migliorando l'economia, suscitando coscienza sociale e promuovendola.". (Bashar el Assad)

Eccomi qua. Bentrovati tutti. Si riparte tra flutti di cianuro domestico e gangster Nato in Medioriente, ma anche a fianco delle recenti vittorie di curdi siriani, patrioti di Assad, Hezbollah, esercito di Baghdad e milizie scito-sunnite iracheno-iraniane.

Notarella domestica. Matteo Renzi, sbruffone e smargiasso da farci sganasciare, intanto fa. E come se fa! Un pallone bucato, ma rigonfiato e ritemprato dal recordman dei genocidi con bonus di infanticidi, nello Stato-più-canaglia-di-tutti. Un Renzinihau, anche Renzibama, tonificato sotto lo sguardo vigile dei suoi angeli custodi, gli israeliti Gutgeld (“Buondenaro”, nomen omen) e Carrai con imprimatur Sion-Nato. Altro che annuncite. E’ subito ripartito, saltando una decina di ostacoli democratici, verso la meta mafio-tecnonazista. Sta rovesciando il paese costituzionale come un calzino e, a parte l’ostinata resistenza dei 5Stelle che, contro lo tsunami della malavita politico-amministrativa-imprenditoriale coalizzata nelle più larghe intese mai viste,fanno quello che possono. Procede su un velluto appena sfrangiato dai vari microrganismi dissidenti dentro e fuori dal suo partito. Visto come fa il campione turco in patria e in giro, Renzi, che non è dammeno a nessuno e sa far primeggiare l’Italia, ne ha subito copiato le misure più significative. Anzi, le ha anche superate: a Erdogan la riforma tecnonazista della costituzione non è riuscita, con l’Italicum e la riforma costituzionale Renzi l’ha umiliato. Che Erdogan impari: bastava evitare lo scoglio democratico del voto e farsi nominare da un proconsole qualsiasi della Cupola finanziaria nazismogena, tipo Napolitano. Renzi accelera. Due sono al momento le sue ossessioni, dopo essere riuscito a far passare, grazie al regime del non-voto, anche il regime del voto da lui prederminato. Così la forma è salva.


Telefonini sì, ma ciechi e sordi quando passa il potente
Non gli basta il parco buoi mediatico che muggisce all’unisono con le sue cazzate. Qualche bue è pur scappato e hai visto mai che si provi a disarcionarlo. Così, dopo la legge che ha messo all’angolo i giudici sotto la scritta “la legge è uguale solo per la plebe” e, se non vi sta bene, vi facciamo processare dai nostri e vi dimezziamo lo stipendio, c’è l’emendamento Pagano (NCD), della componente ultradestra del pappa e ciccia di destra PD-NCD-FI. Lieve correzione della legge sul processo penale che stabilisce che qualsiasi ripresa fatta a chi non lo sa è reato e che spedisce chi  l’ha registrata in carcere fino a 4 anni. Vale per i giornalisti? Un momentino, per alcuni è sembrato troppo. E poi i giornalisti sono ormai quasi tutti felicemente a paga. Vale certamente per tutti gli altri.

Ora, non siamo immersi in un mondo dove chiunque ha per le mani un aggeggio per riprendere, cellulare o telecamerina che sia? E non è grazie a questa diffusione capillare degli strumenti, che abbiamo visto passare tangenti dalle mani di un imprenditore nelle tasche di un politico? O il fuorionda del Favia scilipotizzato? O la meccanica dell’assassinio di Carlo Giuliani e le conseguenti sevizie nella Diaz? O poliziotti che calpestano ragazze atterrate, o strangolano giovani passanti? O truffatori, maghi, imbroglioni, discepoli di Renzi e di tutti i suoi predecessori senza esclusioni, che fregano l’innocente? O certi bastardi che danno fuoco ai Rom? O motovedette che speronano gommoni?  O le orge di qualche farabutto ai domiciliari? O anni di  porcate come registrate dalle Iene, da Striscia o Report? Grazie ai mezzi di ripresa siamo tutti testimoni, siamo tutti giornalisti, l’informazione è sfuggita al sequestro dei potenti e si è democratizzata. Se ora esentano dalla galera quelli iscritti all’albo, non fanno che ridurre di un cincinnino il fenomeno che ha più inquietato gli squali del loro bacino elettorale e gli ufficiali pagatori delle  lobby. Quello del cittadino collaboratore di giustizia. Del pentito di mafia si erano già occupati.

Scioperi? Quando mai!
Testimoni di nefandezze anche i sindacati, almeno nelle espressioni che sfuggono al controllo delle centrali collaborazioniste. Con Pompei e Alitalia è successo il finimondo, la crisi della Repubblica, la spinta nel precipizio, il sabotaggio della nazione e delle sue fortune economiche. A Pompei, nel più disastrato –dallo Stato – dei nostri giacimenti archeologici, lavoratori cui hanno decurtato lo stipendio e allungato l’orario di lavoro, sospendono il lavoro per un’ora di assemblea.Traditori della Patria, affossatori della sua economia. Fuori, per un’ora sotto il sole, le vittime.Turisti, martiri più martiri degli altri gli australiani e i giapponesi, vengono da così lontano e sono anche nostri alleati Nato. Classica inversione dei termini dell’equazione. Il ministro Franceschini , precipitatosi arruffato e trafelato nel sito da lui e dai suoi predecessori affidato allo sfacelo, anatemizza, con sdegno da vero apostolo della cultura i reprobi, causa di un danno “irreparabile”.
E’ il ministro che sovrintende allo sfascio, non solo di Pompei, ma di tutto il patrimonio artistico italiano, che taglia i fondi all’Accademia della Crusca, secolare ed estremo custode della lingua italiana, anche contro i burini monoglotti degli anglicismi del cazzo, che riduce all’impotenza e alla penuria gli istituti del restauro e ogni ricerca, che fa parte di un governo che uccide la libera istruzione, che sottopone le sovrintendenze, custodi del nostro unico oro, a prefetti culturalmente minushabentes, cioè a un governo di analfabeti intellettuali, perché non disturbino le scelleratezze dello Sblocca Italia, che impone a studenti, insegnanti, genitori il tacco di ferro di un preside-Gestapo, commesso scolastico dell’impresa più munifica.

A Fiumicino, hanno scioperato i piloti e assistenti dell’ex-compagnia di bandiera, sopravvissuti alla decimazione degli sfasciatori dell’azienda perché si vendesse a saldi, ma con guiderdone per loro, e ridotti a precari col futuro in bilico sui libri contabili del padrone degli Emirati. Lotta costituzionale  in difesa di lavoro, vita, famiglia, del decoro nazionale. Criminalizzati come nemici della nazione dal coro assordante della stampa e dagli acuti del solista.

Così per tutti quelli che scioperano, salvo che vincano contro il ricatto, ma con pesante diminutio, degli investitori che attribuiscono la solo momentanea soluzione al sodale Renzi. Trattasi ormai di offensiva generalizzata e voluta definitiva contro quest’altro, estremo presidio dei diritti dei lavoratori. Mentre in parallelo, a distruggere i presidi degli ultimi magistrati non normalizzati dal CSM e dagli ukase del regime contro indagini e rinvii a processo e a protezione dei malfattori (centrale del carbone di Vado Ligure, Ilva, ecc.), corre l’offensiva a sostegno e promozione della delinquenza politico-economico-mafiosa organizzata, pilastro del regime. Dice il ducetto gonfiato: “Mai più scioperi selvaggi!”. Dove “selvaggi” è pleonastico, perché, visto l’andazzo giallo di CGIL-CISL-UIL-UGL, lo saranno tutti.


Il Califfo a Brescia
Sugli stessi binari del treno che corre ad alta velocità verso il tecnonazismo, un altro ghiotto pasto da apparecchiare ai suoi promotori: la guerra al terrorismo, come insegnano Usa, Ue e Nato, impagabile pretesto per la stretta delle libertà democratiche su tutti i fronti di classe, specie in vista di ulteriori “interventi umanitari” e dell’adozione del TTIP, trattato di “libero” scambio Usa-UE che ci farà chiudere baracca, con tanto di buonanotte dei suonatori. Ultimo  colpaccio, l’arresto a Brescia di due balordi senz’ arte né parte che, sprovvisti di qualsiasi credibilità e del minimo dispositivo per l’azione, fanfaroneggiavano di militanza e attentati islamisti, e addirittura di far saltare per aria una delle più protette basi militari, quella di Ghedi, con le sue bombe atomiche. Sarebbe come se un non vedente avesse progettato di fare il tiro con l’arco. Più pericolosi per la sopravvivenza dello Stato di chi ha abbattuto le Torri Gemelle. Boccone prelibato per tecnonazisti, anche se roba da Bagaglino, ma diventata, nell’apoteosi della paura celebrata da politici e media, minaccia mortale di ritorno dei mori e utile pretesto per partecipare allo scontro di civiltà con bombe fuori e Stato di polizia in casa. Salvini, con le sue intemerate alla trucida contro migranti terroristi e rom untori di peste, serve allo stesso scopo. Quei farlocconi narcisisti sono serviti al’avanzata del processo tecnonazista commissionato al caporale di giornata Renzi dai feldmarescialli del Reich, sono, “si parva licet…”  l’equivalente della false flag delle armi chimiche di Assad a Ghouta, che dovevano servire per rovesciare i marines addosso alla Siria, o le mitragliate jihadiste in Tunisia che hanno facilitato l’ennesima stretta repressiva del governo islamista, con tanto di pena di morte e fine degli assembramenti popolari.

Avanti march, di corsa!
Se non è una grandinata del fare questa? E ne abbiamo trascurato tanti di chicchi di grandine come palle da tennis. Che regalo, quello dell’Espresso, quello del medico delle rughe e del governatore della Sicilia, in cui si roteano coltelli intorno alla gola della figlia di Borsellino! Davanti a tanta infame abbaglio, non  concorreremo tutti a plaudire al pacchetto anti-intercettazioni “tra privati”, o da privato politico a privato mafioso, o dove Boschi chiede a Boldrini:”Che 5Stelle ti sei inchiappettata oggi?”La privacy, che diamine!  Messina Denaro, nel vasto lettone dell’ammucchiata nazionale, può dormire sonni tranquilli. Quale classe politica plurinquisita o condannata oserebbe torcere un capello al socio che sa tutto di lei? E’ tutta questione di accentrare, verticizzare, togliere contrappesi: tecnonazismo. L’ambiente, la salute vanno fatti spremere dagli amici fino all’ultima goccia di linfa o di sangue? E allora via il Corpo Forestale dello Stato, con quella sua mania di protezione preventiva della salute ambientale e umana. Incastriamolo nella Polizia di Stato. Ha davvero rotto i coglioni a proteggere orsi marsicani, o fringuelli da trappola, a scoprire Seveso, l’avvelenamento Edison dell’Abruzzo, le piogge d’amianto, a mostrarci il Golfo dei Poeti di Spezia trasformato in discarica tossica (su questo abbiamo lavorato insieme) e denunciare il traffico mafio-massonico-militare del rifiuti tra La Spezia e i paesi oltremare, o tra i fornitori europee di scorie e il fondo del nostro mare. Ma le cliniche private e le case farmaceutiche che ci stanno a fare?

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Un solo Gauleiter per tutti
Quanto alla mia vecchia RAI, nella quale, mentre tutti belavano, qualcuno poteva ancora cinguettare, la fusione di reti, tg, sigle, programmi, personale, avviata da Monti con l’inizio del percorso extra-elettorale della “sinistra”- destra culo e camicia, con Renzi  si è sublimata in Te Deum a reti unite. Era inevitabile che, sulla falsariga preside-castigamatti rispondente solo al potere economico via potere politico (e viceversa), dal balcone di Renzi prendesse il volo in direzione Viale Mazzini il megadirettore galattico su poltrone di pelle umana vaticinato da Fantozzi. Pelle di dipendenti e utenti. Non risponderà più agli scorticati, o ai loro vindici in parlamento, o nel paese. Come il preside, il sovrintendente alle belle arti, il comandante della Guardia Forestale, il CSM, il generale della finanza, il direttore del giornale e tutti gli altri corpi celesti che ruotano attorno al sole, risponderà, direttamente, a voce alta e sbattendo i tacchi, al Grande Maestro dell’Universo.


Sfogliati dalla margherita tutti i possibili  “t’amo” democrazia, diritti, ambiente, libertà, non rimaneva che il petalo “t’amo” salute. Era ora, visto che eravamo ancora davanti alla Grecia, ultima in Europa, nella spesa per la salute dei propri cittadini.  Ci ha pensato Beatrice Lorenzin, showgirl di prima fila dello spettacolo renziano, anche lei docile strumento nelle mani del solito terminator Gutgeld. Via l’ennesimo taglio alla possibilità del cittadino di curarsi dalla pesti sparse dagli untori di sistema. Altri 7 miliardi tolti alla sanità pubblica in tre anni. Via ospedali di vicinanza, si arrangino gli infartuati a fare i chilometri di Pino Daniele. Via i nosocomi che non producono profitti almeno quanto Veronesi. Medici puniti se ti prescrivono cure, esami e analisi non ritenuti necessari dal consulto d’eccellenza dei primari Lorenzin-Buondenaro. Stipendio dimezzato ai “medici che sbagliano”, come ai giudici e a chi filma o intercetta nefandezze. Niente ricoveri dove non ci sono posti letto almeno quanti ne vanta  l’Hilton  e niente riabilitazione a chi sa ancora trascinarsi su quattro zampe. Quanto ti viene concesso lo decide il governo, su indicazione delle  lobby. Si chiama eliminare gli sprechi.. Chi siamo noi a pretendere cure quando, nella patria di ogni bene, 50 milioni di cittadini, medicareo non medicare di Obama, non hanno accesso alla sanità? Via un po’ di anziani, non può che favorire la crescita, non siamo il paese più vecchio del mondo? Malthus se la ride.


Fratelli musulmani, figli e nipoti  
Altra nota sui fatti del giorno, fonte di infinite cazzate di commentatori e analisti a corto di un minimo di competenza, o impegnati nel depistaggio che impedisca di individuare attori e giochi. I quattro dipendenti della Bonatti rapiti in Libia lavoravano su commissione ENI alle strutture petrolifere di Mellitah, in zona interamente controllata dai Fratelli Musulmani di Tripoli e dalla più feroce delle milizie anti-Gheddafi, gli scuoiatori di neri di Misurata, che è poi anche la zona dalla quale parte il 90% dei migranti, altro strumento islamista per fare pressione su Italia ed Europa. Rapimenti e traffici di profughi sono le pedine di un gioco geopolitico che ha per obiettivo, primo, l’estromissione della compagnia petrolifera italiana dal suo attuale quasi-monopolio di gas e petrolio libici, a vantaggio di francesi e statunitensi e, secondo, un ricatto a Roma perché abbandoni il sostegno al governo laico di Tobruk, riconosciuto da tutti, regolarmente eletto e sicuramente meno maleodorante dell’altro. Non che qui si voglia difendere un ENI che ha per oggetto sociale la trasformazione di  territori in pozzi neri e del mondo in camera a gas. Ma che siano gli Usa a fargli causa per tangenti, gli Usa le cui Exxon o Chevron si vanno da decenni comprando i governi di tutto il Sud del mondo, è come dare il Premio Nobel per la pace a Obama e definire guerrafondaia la Russia.

Logica, logistica e obiettivi di tutto questo vanno fatti risalire ai Fratelli Musulmani di Tripoli, sostenuti dal Qatar che sponsorizza, insieme alla Fratellanza, tutte le sue emanazioni jihadiste in Libia, Siria, Egitto, Nigeria, Iraq e Yemen. I golpisti di Tripoli si ritrovano isolati dopo che il mediatore ONU, Leon, è riuscito a far accettare alle varie parti in conflitto l’accordo per un governo di unità nazionale. Accordo boicottato ancora una volta dai delegati del Qatar e dalle loro milizie jihadiste, le bande terroriste di Misurata  e i nuovi mercenari dell’ISIS. Fiduciaria, fino all’estromissione del despota Morsi per volontà di 20 milioni di egiziani, firmatari della petizione anti-Morsi e poi protagonisti di una rivolta di massa per la rimozione di chi imponeva la Sharìa insieme al divieto di scioperi e manifestazioni, la Fratellanza passerà alla storia come la madre dei terrorismi jihadisti di ogni denominazione, origine e sigla. Terrorismi impulsati e foraggiati dal Qatar, reclutati, addestrati e armati dalla Turchia del Fratello Erdogan e, con attenzione anche alle alternative, dalla più astuta Arabia Saudita, tutti sotto il madrinaggio di USraele. Si tratta della linearità storica di un’organizzazione fatta nascere dagli inglesi contro il movimento anticolonialista e nazionalista egiziano degli anni ’20, tenuta in vita nella clandestinità dai maestri terroristi di Cia e MI6 contro gli antimperialisti socialisti Nasser, Gheddafi, Assad, poi rilanciata dagli Usa a ricambio di amici tiranni non più sostenibili e, infine, armata di ventura per la destabilizzazione e il caos creativo in tutta la regione.

Il terrorismo jihadista nel Sinai, con ininterrotte stragi di militari e civili egiziani, gli attentati all’autobomba al Cairo e in molte città del paese, lo scatenamento della barbarie di Al Nusra, da qualche tempo riabilitato in Occidente (vedi il comunicato dell’Assopace, i reportage di Formigli a “Piazza Pulita” ) in funzione di presa di distanza  dall’ altrettanto sanguinario ma meno controllabile (?) Isis, le efferatezze di Boko Haram in Nigeria, alibi per l’appena annunciato intervento militare Usa nel più grande Stato petrolifero africano da spezzettare, fino alla strage di curdi a Suruc in Turchia, hanno quell’unica matrice. E ora il Fratello Erdogan, psicopatico tiranno massacratore del proprio popolo, oltreché dei curdi del PKK e di Kobane, indubbio mandante di Suruc, ha fatto il botto che rasserena l’intero Occidente.  Grande exploit. Dopo aver per anni, sotto egida Nato e con il concorso di quattrini e armi del Golfo e della protezione di Israele, assalito la Siria con i suoi surrogati Isis e Al Nusra, aderisce alla coalizione internazionale che finge di bombardare lo Stato Islamico e le concede, all’uopo, la base di partenza di Incirlik. Fantastica sceneggiata della “comunità internazionale” con due copioni leggermente divergenti sul piano tattico, ma omologhi su quello strategico.

Per sfasciare gli Stati nazionali laici e multiconfessionali, oggi uniti nel fronte scita (ma, in Iraq, con crescenti apporti sunniti), per l’imperialismo occidentale occorre arrivare a mini-entità etnicamente coerenti, curda, scita e sunnita (tripartizione di Libia e Iraq, spartizione della Siria e del Libano), secondo il modello disegnato da Israele nel rapporto del grandisraelista Oded Yinon del 1982. Da questo punto di vista il Kurdistan iracheno, colonia USraeliana, è già la materializzazione dello squartamento dell’Iraq. Quello siriano, dovrà costituirsi in elemento di disgregazione della Siria (a dispetto del fatto che quelli della Rojava sono alleati sul campo e in politica di Damasco e non prefigurano alcuna indipendenza statuale (che gli viene attribuita strumentalmente dagli analisti occidentali) , ma solo quell’autonomia all’interno della Siria, già concordata con il governo di Assad.  Proprio in queste ore, nella riconquista della città siriana di Hasakeh, truppe siriane e milizie YPG  combattono insieme contro i jihadisti. Succede da anni. .Alle bande del Califfo impegnate nel Nord di Siria e Iraq e a quelle di Al Qaida-Al Nusra (assistite dai bombardieri, dalle armi e dalle cliniche di Netaniahu), spetta il compito del  caos creativo nelle zone non riservate ai protettorati curdi e tuttora disputate ai governi nazionali di Damasco e Baghdad. Se davvero a volte la Coalizione le colpisce è perché devono attenersi alla distribuzione di territorio come ordinata dai mandanti.

Il macellaio turco, asso della Nato

Soluzione sgradita al neo-ottomano subimperialista Erdogan, insofferente al costituirsi di para-Stati curdi a rafforzamento delle istanze indipendentiste dei curdi PKK. Istanze che hanno ripreso vigore nella reazione alla sanguinosa repressione del sultano, a dispetto dei cedimenti di Ocalan e della creazione in vitro di un parallelo partito curdo, compatibile e compromissorio, l’HDP dello Tsipras turco, Demirtas. E così Erdogan, copertosi, con finti attacchi ai suoi compari dell’Isis (figuriamoci se, dopo averli allevati e usati per anni contro Damasco, ora gli si rivolta contro: mal gliene verrebbe), verso la simulazione occidentale di una guerra all’Isis, dove si bombarda il deserto dalle parti del Califfo, ma si colpiscono infrastrutture e civili siriani, Erdogan stermina i curdi “cattivi” in Turchia, Siria e Iraq, rastrella migliaia di oppositori, ammazza manifestanti. Ottiene a compenso della farsa anti-Isis, l’agognata “non fly zone” di 50 per 90 km all’interno della Siria. “Zona cuscinetto” dove far arrivare finalmente gli scarponi neo-ottomani, al comando delle Forze Speciali Nato. E non ha perso, il tiranno turco: suoi carri armati sono penetratie vengono affrontate in queste ore dalla resistenza curda e araba siriana.

Dell’intero gioco delle parti il nodo cruciale, condiviso tra Turchia, Israele e la Coalizione, era questo. Si aprono scommesse su quanto tempo debba passare prima che nella “zona cuscinetto” quattro sguatteri siriani “moderati” possano proclamare la nascita di un “governo democratico” su territorio siriano, che tutti riconosceranno e che la Nato non potrà non esimersi dall’assistere nella “liberazione” del paese. Al Califfo, capitano di ventura al soldo dei Fratelli Musulmani e degli zii occidentali, si assegnerà quanto basta a tenere sotto pressione chiunque devii dalla retta strada, in Libia, Siria, Iraq, Africa, paesi ex-sovietici, Xinjang. Gli saranno garantite le rette dei petrolieri e dei trafficanti di carne umana. Per noi, nel resto del mondo, deve rimanere il Golem che giustifichi ogni fase della marcia al tecnonazismo e ogni fregola di guerra della Nato.

Il supercaliffo turco: “Ah se non ci fosse il “manifesto”!
Di tutto questo ci fa una rappresentazione onirica l’inviato dei FM nel “manifesto”, Giuseppe Acconcia (meglio A-sconcia), implacabile nelle falsificazioni pro domo del suo delfino islamista. Barcamenatosi per un po’ in Kobane tra il doveroso omaggio ai combattenti YPG, impostogli da un giornale e dal suo vasto bacino radical-chic, che adora i combattenti laici e socialisti, quando curdi, e li detesta quando siriani, e la sua irresistibile passione per i Fratelli Musulmani che i curdi li vogliono spazzare dal presente e dal futuro, è presto tornato al ruolo di portavoce dell’islamismo politico, purchessia. Una voce del coro miserella, ma affidabile. Quanto quelle dei fan della civiltà occidentale e della sedicente “società civile” e collaborazionista afghana, Battiston e Giordana, o quella dell’osceno carchiobottismo squilibrato di Pieranni tra Kiev, russi, cinesi e rivoluzionari del Donbass. Una pagina esteri in cui, tra marosi sempre più alti e inquinati, riescono ancora a veleggiare residui corsari della verità come Dinucci, Giorgio, Colotti. Buona fortuna!

Così il Fratello Erdogan e il suo partito sciovinista e razzista, che stanno fascistizzando e fondamentalistizzando lo Stato, con l’eliminazione di poliziotti, magistrati, giornalisti non ossequiosi e con la repressione nel sangue di ogni opposizione, vengono gratificati di “Islam moderato”, al pari dei terroristi jihadisti in Egitto e Tripolitania. Si sente, dal profondo del cuore, un malrepresso giubilo per il consolidarsi dell’alleanza teocratica, subimperialista e paranazista, tra Turchia. Arabia Saudita e Israele, da sempre sogno Nato. E con voluttà, il vaticinatore di una Sharìa anche in Italia e nel mondo, ripropone nel giornale le bischerate dell’emittente del padrino qatariota, Al Jazeera, quando, con doppio salto mortale carpiato, addossa al governo laico di Tobruk il rapimento dei quattro operatori petroliferi italiani, prelevati a 1000 km di distanza sotto il patrocinio dei cari Fratelli di Tripoli. O attribuisce ad Assad le armi chimiche fornite ai jihadisti dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. O, partendo da quella che giudica la ricomparsa sulla scena da protagonista dell’Iran, grazie all’accordo con gli Usa, delinea un radioso futuro islamista per l’intera regione, una volta tolto di mezzo l’odiato Egitto di Al Sisi, grazie all’intesa tra i grandi delle confessioni musulmane, Iran e Arabia Saudita. Ayatollah e califfi per tutti. Sogni di un amico del giaguaro cui dovrebbe essere riservata una prospera vita da pensionato a Dubai.

Srebrenica e Radio B-92, fari del quotidiano comunista
Del resto il “quotidiano (anti)comunista”, che nel suo pollaio cova a ripetizione microrganismi sinistri dalla vita di una mosca,  non stende tappeti rossi a reazionari, controrivoluzionari, non amplifica la vulgata imperiale rovesciando la sinistra nella destra solo attraverso le incursioni islamiste di Acconcia. I casi e gli stenografi del processo sono innumerevoli. Vorrei, in un prossimo articolo, ritornare sulla sequela di oscenità manifestaiole che hanno imbrattato i lettori intorno alla data della ricorrenza di Srebrenica. Ancora una volta il “manifesto” si è crogiolato nel veleno che, nell’ unanimità con tutto il cocuzzaro mediatico al servizio delle “guerre umanitarie contro le dittature”, sparge sulle menti dei dabbenuomini suoi lettori, avallando la False Flag perpetrata dalla Nato e dal suo manutengolo fascista e integralista Izetbegovic. Ma se, con tanta buona volontà e una parte anche nostra di dabbenaggine, questo stupro della verità potrebbe essere attribuito a pigra e ignorante ripetizione delle balle di chi deve coprirsi dall’accusa di aver disintegrato e raso al suolo un paese libero e antimperialista, il paginone in ultima sulle glorie, lamentevolmente defunte, della radio belgradese B-92 qualifica il foglio di collaborazionismo duro e puro.

La ricordate, quella radio, lasciata sopravvivere e spargere menzogne da un troppo democratico Milosevic, con cui predecessori in tute bianche della grottesca brigata Kalimera in Grecia, stabilirono gemellaggi. Quella dalle cui finestre piovvero proiettili di ogni genere e insulti al corteo di anziani partigiani serbi che celebravano la vittoria serba contro il nazismo. Quella i cui redattori scendevano in piazza a rompere la testa ai manifestanti con la scritta “Target” sul petto? Quella facente parte del circuito Cia di Radio Liberty e Radio Free Europe (lo stesso per cui lavorava la “martire” Politovskaja), governato da Amsterdam e finanziato dal noto diritto umanista George Soros. Quella che, nelle fasi finali dello stupro della Jugoslavia e della distruzione della Serbia, blaterò al mondo le glorie degli sguatteri Nato di Otpor, becchini del loro popolo e successivi protagonisti, riccamente prezzolati da Cia e National Endowment for Democracy, di tutte le rivoluzioni colorate in paesi da ricondurre all’obbedienza. Proprio quella. Quella che una paginata di escrementi celebra come grande, glorioso, nobile monumento alla professione giornalistica e all’integrità politica e morale.


Non resta che la nausea. Quando l’avrò superata, ne scriverò meglio. E ce la vedremo anche con i turiferari del nuovo e gentile Obama, mentre copre di coriandoli diplomatici i  i corpi infettati della libera Cuba e del libero Iran, e salva dalla cacciata dall’euro, voluta da Schaeuble, la cara Grecia, fedele militante e generoso acquirente Nato, indispensabile fortezza Bastiani al limite del deserto dei Tartari. Garantisce il fido Tsipras. Conferma il suo ministro della Difesa, l’ultradestro Panos Kammenos, che, con i gangster del vertice Nato in Turchia, gorgheggia “We are the children, we are the future” e giorni fa, sottobraccio in Israele al collega mass killer Moshe Yaalon, inneggia alla sempre più stretta integrazione militare tra Grecia e Israele. Roba succulenta per Nato e Israele, con un paese che per il militare spende il 7,5% del budget (il triplo degli altri europei). Del resto, non aveva promesso fin dall’inizio, il rivoluzionario Tsipras, che nella Nato ci stava bene e bene ci sarebbe rimasto? Non aveva nominato a luogotenente d’Italia la compagna Spinelli, scilipoti radicalchic, ma di indefettibile matrice siondebenedettiana e Bilderberg?  Inezia che agli strafatti di Syriza della Brigata Kalimera deve essere sfuggita.

Un uomo di Libia. Ominicchi d'Italia.

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“E tu onore di pianti, Ettore, avrai, / ove fia santo e lagrimato il sangue / per la patria versato e finché il Sole / risplenderà su le sciagure umane”. (Ugo Foscolo, “I Sepolcri”)

Parliamo, col dolore e l’incommensurabile indignazione di Ugo Foscolo per il destino di Ettore, del suo fratello libico Saif Al Islam. La sua condanna a morte è l’ultima scelleratezza Sion-Nato-Fratelli Musulmani a Tripoli, dopo il linciaggio del padre a Sirte, l’assassinio di Milosevic in carcere e il martirio di Saddam a Baghdad. Oscenità fiancheggiata dai commenti mercenari della cosca politico-mediatica e, in particolare, di Ennio Remondino, giornalista che, fin dalle guerre Nato alla Jugoslavia, diffonde cerchiobottismi, finto-equilibrati, pseudo-controcorrente, che sostengono, col classico venenum in cauda, la disinformazione imperialista. La condanna a morte di Saif-al Islam Gheddafi, secondogenito ed erede di Muammar, a seconda  che si guardi all’infamia o al grottesco, può  essere considerato un agghiacciante crimine contro l’umanità, o una carnascialesca esibizione di trogloditismo morale e giudiziario. Un terrorismo finto giuridico, in ogni caso, che ben si appaia al terrorismo fisico, ontologicamente praticato in Medioriente, Asia e Africa, al servizio di interessi imperialisti e reazionari (Usa, UE, satrapie del Golfo, Israele), dalla Fratellanza e dalle sue emanazioni operative, Isis, Al Qaida, Boko Haram e varie.


Fingendo orrore per la mostruosa procedura di una condanna a morte impartita da un tribunale illegittimo di un regime golpista, in assenza dell’imputato (detenuto dai nemici berberi di Zintan, alleati del legittimo governo di Tobruk) e fin di suoi difensori, alla disperata ricerca di consensi internazionali che ne avallino il potere, in virtù della condivisione e del rilancio delle propaganda occidentale anti-Gheddafi, politici e media della “comunità (criminale) internazionale” annacquano tale orrore rinverdendo la demonizzazioni di Gheddafi e della sua famiglia. A partire della accuse,  ripetute dai cialtroni di Tripoli a titolo di captatio benevolentiae in Occidente, che dichiarano Gheddafi e i suo figli responsabili della sanguinosa repressione degli oppositori nel 2011. Boccone ghiotto per chi deve liberarsi della colpa di aver ridotto una prospera e unita nazione in un serpentario di aspidi che frantumano e divorano il paese a beneficio di incantatori oltremare.

Quella repressione – io e altri eravamo là – non c’è mai stata. Nei giorni in cui Gheddafi avrebbe bombardato “la sua gente”, la No Fly Zone impediva a qualsiasi bombardiere libico di alzarsi in volo. Suoni, rombi e scoppi che udivamo erano le tonanti offerte dei loro prodotti da parte dei bancarellisti del mercato di zona. Le esplosioni vennero subito dopo, polverizzarono case, ospedali, scuole, istituzioni, TV e cittadini, ma arrivarono dagli unici aerei ammessi nei cieli, quelli con contrassegno Nato, francese, Usa, britannico, italiano. La “repressione” dell’amatissimo leader era la resistenza dell’esercito e delle milizie popolari libiche all’assalto del mercenariato jihadista foraggiato da Qatar eTurchia, assistito dagli stragisti Nato dal cielo e dalle sue teste di cuoio a terra. E rivestito  oscenamente dagli avvoltoi di sinistra e destra, protagonista assoluta Rossana Rossanda, dei panni di partigiani della libertà.

E qui entra in ballo a gamba color arcobaleno, ma tesa, il Remondino, evaso dal museo dei cerchiobottisti pro domo eius(l’Occidente in armi), per rinverdire in Libia i fasti delle sue mistificazioni balcaniche, quando scuoteva i riccioli biondi sugli eccessi bombaroli della Nato in Serbia, attutendo tosto l’assunto con un bel “Milosevic despota” e origine di ogni disastro. E’ giornalista abilissimo nel sovvertire, sul più bello, i suoi ben bilanciati dirittoumanismi. Come dicevano i latini: in cauda venenum, il veleno sta nel finale. Ispirato da un corifeo del” Libero Esercito Siriano “ (e Nato), il noto Lorenzo Declich, tra oscure allusioni a innominate entità di intelligence e altre e senza uno straccio di analisi politica,,  Remondino scrive: “Il problema non è tanto la veridicità delle accuse sulle implicazioni dei fedelissimi del Colonello nelle violenze (che quindi, per il pesce in barile, possono anche essere vere)…  Ciò che oggi è diventata la Libiaè in gran parte eredità della strategia del presidente libico col consenso degli Stati Uniti e di alcune potenze occidentali, quando nei 2000 fece della Libia il rifugio dei movimenti estremisti concentrandoli in Cirenaica”. Stupefacente. Un vero acrobata.

Tutto lo scontato e compatibile stracciarsi le vesti sul carattere illegittimo di processo e condanna, viene ampiamente compensato da questo colpaccio al barile che trasforma Gheddafi, vittima, insieme al suo popolo, di un mortale complotto imperialista, in demenziale e perfido mallevadore, lui, delle bande terroriste che del complotto sono stati gli ascari sul terreno. Sublime, no? Se la deontologia la immaginate come un’asta di parole che in cima accendono la luce, ecco che Remondino quell’asta l’ha rovesciato e spenta nel verminaio delle menzogne imperiali.

Ne risulta implicitamente screditato il governo laico di Tobruk per aver cancellato l’infame legge dei tripolini che consegnava al carcere e al boia chiunque avesse avuto un qualche ruolo nella Libia di Gheddafi e per aver accolto nelle sue file sia costoro, sia quelli che ancora si schierano dalla parte di quella Libia. Applausi qatarioti, turchi, Nato e dei rispettivi sguatteri mediatici e politici in Occidente. Con l’invito dei bravi anti-pena di morte, tipo le vivandiere imperiali Amnesty e Human Rights Watch, a perlomeno consegnare il delinquente al Tribunale Penale dell’Aja. Quello  accreditato da una “giustizia” appesa ai fili dei burattinai occidentali e che finora non ha mai inquisito alcuno che non avesse la pelle scura e non fosse inviso alla “comunità internazionale”.  Quella che, anche col suo gemello Tribunale sulla Jugoslavia, mandati liberi e riabilitati masskiller Nato croati o kosovari,  processa e a volte ammazza in carcere, eroi della resistenza antimperialista come Milosevic, Karadzic, Mladic.

Quanto a Saif al Islam, il suo ruolo nelle frequentazioni diplomatiche ed economiche con i governi in Occidente, legittimo e opportuno per ogni Stato del mondo, viene tratteggiato dalla stampa come quello di un narcisistico viveur, cortigiano alle corti dei potenti. Per svergognare l’indegnità di questo cloaca della disinformazione imperiale, basta lui, Saif, che, nella fase della lotta estrema contro gli assassini del suo paese, fino all’ultimo minuto era in prima linea accanto al padre. Come i suoi fratelli. Al costo di quanto sapevano benissimo sarebbe loro successo. Paese e padre che non hanno mai rinnegato, anche quando li hanno martirizzati, quando a lui, a Zintan, hanno tagliato le dita e a Tripoli la Fratellanza, madre di tutti i terrorismi, lo ha condannato a morte.  


Lo Stato infanticida
Un accenno a Nablus, dove jihadisti ebrei, detti coloni, hanno arso vivo un bimbo di 18 mesi. Una bazzecola per chi di genocidi e infanticidi, di distruzione di abitati, di tortura e rapina di terre, di disseminazione di terrorismo nella regione e nel mondo, è campione mondiale. Definivamo la più mostruosa entità statuale della storia “nazisionista”. Il termine non è più adeguato, è riduttivo. Hitler, Mussolini, Himmler, Graziani, non sarebbero stati capaci di tanto e, soprattutto, non per tanto tempo,70 anni. La comunità internazionale, quella vera, non quella complice di oggi, li avrebbe fermati. Mandatemi voi qualche suggerimento per una nuova, calzante definizione.


Ai trasporti romani il fan degli squartatori della Valsusa
Del sindaco Marino, colpevole di farloccaggine, incompetenza, se non di distrazioni sulla faccenduola di  mafia capitale, non c’è da pensare molto di buono. Se non che la guerra che gli sta facendo la cosca politica più corrotta e proterva della storia della Repubblica sia mirata a sostituirlo con uno più disponibile ai fasti famelici delle orge predatorie del Giubileo (gran bravo papa, ecologista e dalla parte dei poveri!) e delle agognate Olimpiadi 2024. Fasti celebrati, come sempre, più di sempre da quando c’è l’energumeno burino incistatosi nel paese a nome e per conto della criminalità organizzata imperiale, che si manifesta, tra le macerie fisiche e morali della caput mundi, nel segno di un governo della malavita (altro che Giolitti) esaltatosi nella combine delinquenziale Verdini-camorristi cosentiniani-Azzollini-Renzi.

Ma lui, dalla giostra da dove gli schizzano via assessori, consiglieri, sodali e dove gli piombano sostituti orfiniani atti a recuperargli il gradimento del megadirettore galattico, ha anticipato la mossa e si è preso quattro garanti collaudati delle magnifiche sorti e progressive di una Roma per chierici e mafioappaltatori, in alto, e cittadini topi in basso. Il colpaccio elimina ogni dubbio che Marino, come tutti pensavano, non sapesse cosa si facesse. Uno del PD che deve intervenire su gente che gli sta segando le gambe della poltrona, impara presto a sapere quel che deve fare. Così, appesosi ai fili di quell’Orfini, presidente del partito di Mafiacapitale, che elegantemente diffamava di mafiosità i 5Stelle perché un suo avanzo di galera di Ostia aveva cliccato un “mi piace” sul FB pentastellato, il sindaco ha rinnovato la sua giunta. Si ricuperano saldi consunti di altri tempi, ma nella neolingua si chiama rottamazione. E rottamazione vera si chiama anche l’omaggio ai capitalmafiosi delle privatizzazioni dei carrozzoni municipalizzati, appositamente mandati in rovina da istituzionali prodighi nei confronti delle mangiatoie private. Modello Alitalia, FS, Fincantieri e via proseguendo la svendita d’antan dei vari Amato, Ciampi, Draghi, Prodi.

Eccoli qua, i 4 cavalieri dell’apocalisse romana. Marco Causi, con lo splendido curriculum di vicesindaco e delegato al bilancio della giunta che Veltroni consegnò al dissesto. All’istruzione quel Rossi Doria che con Monti e Letta ha proseguito la demolizione della scuola iniziata da Luigi Berlinguer e perfezionata da Gelmini. Luigina Di Liegro, nipote del discusso fondatore della Caritas, per un turismo che rallegri le aspettative della Chiesa per l’affarone Giubileo. E poi, colpo da maestro, il Torquemada anti-No Tav Stefano Esposito, senatore PD ferro di lancia della banda di rapinatori che assalta la Val di Susa col treno assassino da oltre 20 miliardi. Quello che, a colpi di maglio diffamatore, cerca di far entrare nella testa degli italiani tutto un popolo No Tav presentato come terroristi Isis.

Se tanto mi da tanto, se il modello sono le ruberie politico-imprenditoriali realizzate con lo squarcio di un territorio mediante l’opera più demenziale, inutile, predatoria, devastatrice, mai concepita dal coacervo di speculatori di Stato e di impresa, solo pro tempore esentata dagli scandali che hanno scoperto il verminaio sotto tutte le altre Grandi Opere, dal Mose all’Expo, quello che è il passato e il presente dei trasporti romani ci sembrerà un paradiso della mobilità tipo Tokio. Daje, Esposito, facce sbattere al gabbio come i ragazzi No Tav, semo tutti terroristi. Dalla mafiologgia “Sortino” di Trapani, Mattarella, con compasso e cazzuola Tav, ti benedice.

Fiumicino 2.0 (con dati del “Fatto Quotidiano”)
E il piromane del terrorismo militare anti-No Tav in Val di Susa, non volete che ci metta del suo anche a Fiumicino, empireo romano dei cementificatori, in cui il senatore ad alta velocità impazza da decenni? Il terreno, per il raddoppio con mangiatoia da 12 miliardi dell’aeroporto, per una spianata di cemento di un milione di metri quadri, infestata da terminal, centri commerciali, alberghi, parcheggi, su 1.300 ettari, è per la massima parte proprietà di Benetton. Un tycoon del cemento e trasporti, pari alle Coop e ai consorzi vari dello stupro della Valsusa e del Terzo Valico, che, divorate e degradate in suk  le stazioni ferroviarie che serviranno i suoi amici ad alta velocità, trasformate pessime autostrade in strumento di taglieggio di automobilisti e trasportatori è, guarda il caso, anche il concessionario dell’aeroporto. Con Fiumicino 2 spariranno, a dispetto di lotte disperate di cittadini e amministratori, le pinete e spiagge del litorale di Focene e l’eccellenza dei prodotti ortofrutticoli della fattoria modello di Stato Maccarese. Ma i Benetton ricaveranno profitti incalcolabili dalla trasformazione di terreni agricoli inedificabili in Bengodi commerciali.

La strategia per raggiungere l’agognato obiettivo si è dipanata per varie tappe. Una catastrofe annosa di disservizi. Poi escalation. Prima, il 7 maggio, va a fuoco il Terminal 3: prova dell’arretratezza del vecchio hub e incentivo a farne uno nuovo lì accanto. Infine, l’incendio dimostrato doloso, checché le autorità blaterino di mucchi di spazzatura andati a fuoco spontaneamente, della pineta di Focene , riserva naturale adiacente agli spazi dove si dovrebbe realizzare sia la nuova pista di Fiumicino 2, sia un porto commerciale con annessi 800mila metri cubi di case, centri commerciali e uffici. L’Enac si era messa di traverso al progetto del raddoppio pretendendo che, per giustificarlo, ci sarebbero voluti 51 milioni di passeggeri entro il 2021.


Ma gli attuali 38 milioni allontanano quell’obiettivo alle calende greche, per quanto si sia cercato di rimpinzarli sbattendo a Fiumicino tutto l’ambaradan delle compagnie low cost. Ora, grazie al papa, incombe però il Giubileo e, chissà, anche l’Olimpiade. Per il primo non si farà in tempo, ma intanto si possono concretizzare i piani e assegnare gli appalti. Per la seconda siamo in tempo. Non per nulla i padroni arabi dell’Alitalia minacciano di andarsene da Fiumicino (per dove, poi? Per il riscoperto Viterbo? Per il miserello Ciampino? Per Lamezia Terme?) Ricatto puro. Come gli incendi. Sei scoppiati simultaneamente a distanza l’uno dall’altro, altro che cumulo di rifiuti. Romanzo criminale. E già dalle ceneri dei roghi si va levando l’araba e benettoniana fenice, Fiumicino 2.0. Alla pista 2, che andava sprofondando nella palude dei terreni con cui Andreotti, espropriandoli, aveva fatto dei Torlonia l’aristocrazia nera più ricca d’Italia, non si doveva porre rimedio? 

USA,UE, NATO, TRE SUONATORI - GRECIA, CUBA, IRAN, TRE SUONATI. Cap. 1° Grecia

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“Una volta raggiunta la dominazione globale e una volta che il successivo baccanale edonistico si spegne, il capitalismo globale imploderà. Per una serie di motivi, non per ultimi la mancanza di frontiere da infrangere e di nuovi mercati da sfruttare”. (Rosa Luxemburg)

“La ricerca della verità è la più nobile occupazione dell’uomo, la sua pubblicazione è un dovere”. (Anne Louise Germaine de Stael)

L’Occidente ha conquistato il mondo non per la superiorità di idee, valori, religione, ma per superiore applicazione della violenza organizzata. Gli occidentali se ne scordano spesso, i non-Occidentali mai. (Samueì Huntigton, “Lo scontro delle civiltà”)

A chi la RAI
Una nota fuori tema. Lo sguattero Renzi nel laboratorio in cui Frankenstein sviluppa il mostro tecnonazista, si sente al sicuro. Davanti alla porta il taumaturgo gli ha piazzato una guardia del corpo formidabile, Monica Maggiori, signora Bilderberg eTrilateral, embedded  a stelle e strisce in tutte le guerre militari e mediatiche, dall’Iraq all’Iran, fallimentare direttrice di RaiNews24 e perciò presidente Rai. Madre di tutti i cicisbei, gigolò e mignotte con cui Renzi si è assicurato il controllo e il perfezionamento del bisturi che al suo maestro serve per le lobotomizzazioni di massa.

L’idra e i tre pasti nudi
Nel giro di un mese l’Idra a tre teste, Usa-Ue-Nato, con il corpo e gli organi vitali radicati a Wall Street, ha consumato tre pasti nudi (Violenza e devianza dell’immaginazione. William Burroughs).Tre bocconi di considerevole peso strategico, tanto da aver mutato a favore delle trimurti l’intero equilibrio geopolitico tra Atlantico-Mediterraneo e Asia.Tre grossi gradini nell'escalation verso l'attacco all’obiettivo centrale, storico, strategico, la Russia di Putin. E, come è nella logica delle larghissime intese, al plauso al nuovo Obama, passato dal ghigno truce delle sue sette guerre (tre di Bush più quattro sue), al sorriso benevolo da guru della diplomazia e dell’accordo negoziato, si è aggiunto, immancabile quando si tratta di celebrare l’unità di fondo della “comunità internazionale”, civile e democratica, l’incenso dei turiboli di “sinistra”. La Grecia, salvata alla e dalla famiglia europea, che, grazie al munifico Draghi (così Vendola), saprà volgere il knock out in rilancio e crescita; Cuba, che procede sulla strada verso il socialismo sugli scintillanti binari della privatizzazione e degli investimenti stranieri: l’Iran, liberato dall’ipoteca nucleare, che rientra nel concerto delle nazioni e aiuterà l’Occidente a debellare califfi e ogni altra turbolenza. Pur restando lo “Stato Canaglia, padre di tutti i terrorismi che sconvolgono la regione” (Generale Martin Dempsey, Capo di Stato Maggiore di tutte le Forze Usa), con opzione militare appena sgarrasse.

Il Quisling va bene, i 5Stelle alla gogna
Tutti a deprecare, prima, l’accanimento sul povero Tsipras degli uomini di panza di Wall Street-Bilderberg nelle sedi distaccate di Bruxelles, Francoforte, Berlino. Poi, tutti a crogiolarsi nella soddisfazione che un bel po’ di “aiuti” alla Grecia, dopotutto, sono arrivati e che anche il pensionato disabile a 87 euro al mese verrà salvato dall’immancabile crescita. E comunque, nella solita tossica unanimità, tutti a elogiare il bravo Alexis (“Tsipras è troppo idealista” ha titolato “il manifesto”) che l’ha sfangata. Gli uni per non dover riconoscere che, per l’ennesima volta, si sono aggrappati a un ronzino fatto passare da purosangue; gli altri per essere stati bravi a domare il ronzino. Qui gli unici che si salvano sono i 5Stelle che hanno dato prova di lucidità sostenendo la lotta del popolo greco, il suo trionfale voto per il vaffanculo alla Troika, senza perciò avvolgersi a ghirlanda su Tsipras, anzi. E che poi, quando l’illusionista, come avevano agevolmente previsto, quel NO l’ha pervertito in un SI’ lungo come un tappeto rosso da Atene a Bruxelles, non hanno fornito attenuanti all’infiltrato.Torna a loro onore e convalida il fatto, tanto irriso dai farlocchi della Brigata Kalimera, che ad Atene la gente li abbia accolti, ma i capoccia di Syriza li abbiano schizzati.

Dire che è sospetto, piuttosto che sprovveduto, l’entusiasmo per Tsipras esploso a occhi chiusi fin dall’inizio e estenuato oltre la nemesi del suo smascheramento, è dire poco, se si osserva quanto unisce al grande tronco del collaborazionismo l’illusionista di Atene e i microrganismi che da noi vanno ripetendosi allo specchio il mantra da autoipnosi, “c’è vita a sinistra”. Sono tutti rametti dell’albero genealogico Nato, imperialismo, Usa, Ue. Li fonde in unica, tossica gramaglia il silenzio, il silenzio-assenso e l’assenso tout court, che tutti fanno lo stesso brodo, rispettivamente sull’imperialismo, sulla Nato, sull’euro, sulla non-violenza e sul diritto all’esistenza e all’autodifesa di Israele.
La Grande Rapina e il suo palo
    


Il losco piacione - perfetto Tsiprenzi, ma anche Tsiquisling, o Petainpras, o Badopras (nel senso di Badoglio), o, scendendo per li rami, Tsiprendola, fino a Scilipras - era di una trasparenza totale fin dal primo giorno. Come Obama, come Hillary Clinton, come Abu Mazen, come, un po’ più tardi, Raul Castro. Leggo da qualche parte che questo gigolò delle ammucchiate Merkel, Lagarde, Juncker, avrebbe trasformato il NO corale del suo popolo in una resa incondizionata agli avvoltoi, solo perché, afflitto da “miopia economica e opaca strategia politica, era convinto che si poteva spezzare il connubio euro-austerità”.. Balle! La verità è che questo membro giurato della Nato, questo appassionato membro dell’UE, questo convinto apostolo dell’euro, questo intimo dell’aberrazione israeliana, l’hanno messo lì coloro che sanno dove collocare i pezzi. Come Obama dopo il disgusto mondiale per Bush, come Bergoglio dopo le furie reazionarie di Ratzinger, come Monti per un saccheggio fatto passare per crisi. La missione assegnatagli era di impadronirsi a forza di fole dell’eroica rabbia di un popolo, più in piedi di qualsiasi altro, tolti i siriani, per avviarlo lungo un calvario che finisse con la crocefissione. E ne era perfettamente consapevole, come Renzi, come Obama, come Poroshenko. Un capolavoro di False Flag, ora che  i colonnelli  del 1967non sono popolari. Ma che rimangono sempre l’extrema ratio.

Il Piano B c’era. L’avevano elaborato Varoufakis e i suoi e Tsipras ne era al corrente. In una notte si potevano bloccare i capitali, nazionalizzare le banche, immettere una moneta parallela e adottare le altre misure che avrebbero consentito un controllabile Grexit, accolto con interesse e generosità da Russia, Cina, BRICS. Con un calcolo di perdite sostenibili. In ogni caso una luce in fondo a un tunnel dichiarato senza uscita. E senza più la macina al collo di un debito galattico (che tutti sanno impagabile), potenziato a fin di cappio che si stringe da 86 miliardi di “aiuti” (leggi “prestiti”). Tsipras, non minacciando il Piano B, del resto, si era auto- evirato di ogni potere negoziale. Sapeva, il traditore, che qui non erano in ballo i debiti, ma in primis una Grecia perfettamente incastonata nel sistema di guerra occidentale. Perché lo scopo strategico per radere al suolo la Grecia non era, appunto, il debito mai più pagabile, ma quello di costringerla in ginocchio, col muso per terra, al guinzaglio della Nato. Quando Lagarde ha parlato di debito irrestituibile (gli interessi, peraltro, fluiscono) e Obama ha sollecitato di non infierire (hanno infierito lo stesso, grazie alle strizzate d’occhio di Tsipras), emergeva luminoso come una cometa il vero intento. La Grecia dentro la Nato, con il suo 7% di spese militari per armamenti tedeschi, francesi, Usa, e la sua collocazione strategica alle spalle di Egeo, Medioriente, Africa, e in proiezione a Est verso Iran, Russia, paesi ex-sovietici.


Tsipras ha agevolato la marcia del tecnonazismo nord-europeo-Usa verso un’élite europea di guardie e ladri uniti. L’1% eurocratico, cugino di quello Usa, al comando, e una  periferia (anche interna) di sudditi derubati e oppressi. Mentre le guardie sorvegliano, i ladri si sono fatti passare 50 miliardi di patrimonio storico ellenico, quelli del fondo “a garanzia” (che Stranamore Schaeuble voleva addirittura collocare a casa del boss dei boss Juncker, principato canaglia, paradiso degli evasori). Effetto collaterale (certamente previsto) di tutto questo, un regalone di spazi e di voti ai picchiatori fascisti eurofobici di Alba Dorata. Un po’ quel che Renzi offre alla marionetta Salvini, cercando di strapparli al titolare naturale 5Stelle.

Dunque Israele. Non vi pare fantastico che, davanti a quello che ora riassumeremo e che soltanto il bravo Manlio Dinucci, unico nell’informazione nazionale, è riuscito a far filtrare nel “manifesto”, tutta la festosa Brigata Kalimera, con sullo sfondo l’intero cucuzzaro sinistronzo (vi eccelle il maestro della “parola contraria”, Erri De Luca, con tanto di ascendenze “pacifinte” e New Age come Alex Langer, che invocava le bombe Nato sui serbi, o la compianta Giuseppina Giuffrida), non abbia ritenuto quanto meno di attenuare gli incensi e la caterva di giustificazioni al suo ennesimo idolo Tsipras, idolo frantumato per i greci, ma imperituro per costoro? Fantastico che tuttle nefandezze che, peraltro con stile e moderazione, rimproverano a Renzi, in termini di subalternità a UE, Israele, Usa e Troika, di macelleria sociale e di devastazione democratica, lo perdonino al gaglioffo greco? 

Non vi risulterà per niente fantastico se considerate quanto questo cucuzzaro di microorganismi sinistrati, che ciabattano in giro proclamando a trombetta “c’è vita a sinistra”, abbiano da dire su imperialismo e Nato e relativi effetti collaterali sul nostro paese. Cioè zero. Se ne guardano bene, da anni, per quante Libie, Sirie, Iraq, Afghanistan, Yemen, basi ecocide e omicide Usa e Nato in Italia, stiano inondando di sangue il pianeta. Gli basta mettersi il distintivo della coalizione anti-Isis (sebbene evidente tentacolo di imperialismo e Nato), per sentirsi apposto, se non con la coscienza e conoscenza, con quanti, nell’altissimo, li lasciano vivacchiare ai margini. Vita a sinistra.

Coloni sionisti, dopo la Palestina, occupano la Grecia

E’ un’evidente bufala la notizia di alcuni siti da verificare, per ora non smentita, che colui che ha confiscato 4 anni di straordinaria lotta di popolo, come non s’era vista in Europa dai tempi del Vietnam sarebbe un ebreo sefardita, figlio del milionario Pavlos Tsipras morto nel 2012, emigrato dalla Turchia negli anni ’20, quando il nome della famiglia era ancora Babeski. Ma così si chiama anche il villaggio turco da cui la famiglia originava. Naturalmente, salvo voler essere fulminati dall’accusa di antisemitismo, siamo certi che non tutto è lobby e queste ascendenze non hanno nulla a che fare con il recente lingua in bocca con Israele…. E sappiamo bene cosa oppone a questo Israele ebrei come Pappe, Sand, Chossudovsky, Atzomon. Più significativa, forse, la rivelazione del sito Gazetawarszawa che aggiunge che Syrizia sarebbe stata ampiamente finanziata dall’ebreo ungherese, George Soros, massimo protagonista di tutte le destabilizzazioni a fini di regime change, dalla Jugoslavia all’Ucraina. In ogni caso con Tsipras abbiamo a che fare con l’ennesimo pseudo-dissidente controllato dal sistema. Il che spiegherebbe anche certi entusiasmi di affini dalle nostre parti.

Se tutto questo è vero, chi potrebbe meravigliarsi dello sciagurato e inevitabilmente criminale connubio militare tra i gangster nazisionisti e lo scendiletto greco della tecnonazi-Europa in marcia. Per chi si fosse perso Dinucci, dettagliamo: il 19 luglio hanno firmato un accordo di collaborazione e integrazione militare i ministri degli esteri dello Stato Canaglia, Moshe Yaalon, e l’omologo dello Stato fallito, l’ultradestro Panos Kammenos. Quest’ultimo  comprensibilmente è stato mantenuto nella conventicola governativa, dopo che il premier si era sbarazzato dei critici di sinistra e aveva ricuperato, su ordine dei luogotenenti della Cupola, BCE, FMI, Bruxelles, i rottami Pasok e ND (pensate a Renzi che risuscita la salma di Berlusconi) che, in sincronia con i padrini, avevano disossato la Grecia, offrendone le carni al banchetto euroatlantico. Quei detriti che il popolo greco aveva spedito in discarica, primo in Europa. La continuità tsiprasiana con i precedenti regimi corrotti dagli armieri concessori e corruttori tedeschi e Nato, perché rovinassero l’economia a forza di spese per tank, aerei e sommergibili, costituenti il quintuplo di quanto stanziato per scuola o welfare, è totale.

Boccone greco del Natosionismo. Il comunicato diffuso dal panzone greco e dal carnefice Yaalon è raccapricciante e descrive una Grecia dependance USraeliana nella strada verso la conflagrazione, magari atomica, finale. Collaborazione militare, fino alle esercitazioni di truppe israeliane sul suolo di una Grecia in urgente necessità di chi sappia schiacciare con terrorismi false flag e con militarizzazione dell’apparato di sorveglianza e repressione, detto “di sicurezza”, la temuta opposizione di quell’irriducibile popolo. Si tratta del primo SOFA (Accordo sullo Statuto delle Forze Armate) che Israele firma dopo quello storico con gli Usa. Un accordo che, al di là della collaborazione bilaterale nei rispettivi paesi, coinvolge la Grecia in tutte le campagne Israele-Nato in corso nell’area Medioriente-Africa-Mediterraneo-Asia. Ascoltate il fioretto di Kammenos a Israele:Il terrorismo e la Jihad non colpiscono solo il Medioriente, ma anche le Baleari, l’Egeo e l’Europa. E’ guerra. Noi siamo vicinissimi a Israele per quanto riguarda il programma missilistico di Tehran. Stiamo in guardia contro questi missili iraniani. Se un missile iraniano si dirige verso il Mediterraneo, potrebbe significare la fine di tutti i paesi della regione”. Netaniahu ha chiosato: “Assisteremo la Grecia in tutti i modi possibili”. La Palestina e quanto le sta attorno, e pure i 3000 polverizzati nelle Torri Gemelle, ne sanno qualcosa. Il fantaccino di Tsipras dice queste cose nel momento in cui l’orco terrorista israeliano è a fianco di ogni forma di terrorismo che si abbatta su popoli vicini, minacci quelli lontani e organizzi orrori false flag nella metropoli occidentale.
 Grecia 1943
Sono proclamazioni di identificazione in chiave subalterna con la componente più cinica e feroce dell’architettura militare Nato, quella che rappresenta l’estrema garanzia dell’assoggettamento di vassalli e di annientamento di avversari sotto le regole dell’economia di rapina dell’élite nazifinanziaria occidentale. Capolavoro del Dr.Jekill-Mr.Hyde greco: una quarta esecuzione del popolo greco, dopo quella eseguita da Hitler e ripetuta dai britannici e dai colonelli su mandato Nato. Schaeuble è l’aratro che traccia il solco, la Nato-con-Israele è la spada che lo difende. E lo rettifica. Non per nulla all’avventata minaccia dello Stranamore tedesco di cacciare la Grecia dall’Eurozona, si è opposto Obama, Vedova Nera dal pungiglione Nato, perché si correva il rischio che al Grexit dall’euro, e forse dall’UE, seguisse quello, del resto logico, dall’Alleanza Atlantica.


In attesa di Telemaco e Panagulis. 
Guardando all’Acropoli, facendosi passare davanti agli occhi le statue dei Kouroi, assistendo ad Antigone, ascoltando Pericle sulla democrazia, si intende l’affinità tra coloro che hanno ucciso il padre della loro civiltà ripudiata e i decerebrati jihadisti che radono al suolo Niniveh, Hatra, o Palmira. Una genìa di infima minoranza, ma dotata degli strumenti del dominio fisico e mentale (grazie anche al concorso decisivo della Chiesa), è spuntata come vermi da sotto a colonne frantumate. Infastidita da un retaggio che ha seminato nell’umanità libertà, intelligenza, ragione, libero arbitrio, uguaglianza, si è imbevuta di menzogna, arbitrio, volgarità, ottusità, cinismo, diseguaglianza, omologazione al più infimo ribasso. Oggi sparge la metastasi dell’anti-cultura, vuoi in forma di bombe e sicari barbarici, vuoi in quella dell’ottundimento mediatico, del tecnonazismo e dello strangolamento finanziario, sulle nazioni da obliterare o da ammanettare, sulla loro anima intessuta di civiltà.


C’è assoluta sintonia di intenti tra i cavernicoli Isis che decapitano statue e scalpellano bassorilievi, e gli azzimati Juncker, Lagarde, Merkel, Obama, quando questi mercanti di viventi in estinzione infilano nel loro bottino da 50 miliardi le isole dei Feaci, l’Acropoli, i porti di Odisseo, i templi di Atena, le biblioteche di Euripide, i marmi di Fidia e, con essi, le voci di Apollo e Dioniso con tutti i cuori in cui abitavano. I greci, in massa non-nonviolenta, hanno combattuto per 4 anni senza posa. Avranno la tenuta di Agamennone, la capacità di sacrificio di Ettore, l’astuzia di Ulisse, la forza di Ajace, la resistenza di Penelope, per insistere e fare delle Termopili e di Salamina la fine dell’impero invasore? Si riprenderanno quella sovranità che in questi anni lugubri è diventata la vittima da scannare, con il concorso degli utili idioti che la definiscono “mito dei nazionalisti”? Ulisse eTelemaco ce la faranno contro i proci?

MIGRANTI: MOLTI PICCIONI CON UNA FAVA (USA-UE-NATO)

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Per apprendere chi vi domina basta scoprire chi  non vi è permesso di criticare”.(Voltaire)

Ciò che pensiamo, o che conosciamo, o ciò in cui crediamo, alla fine dei conti produce pochi effetti. L’unico effetto viene da ciò che facciamo”. (John Ruskin)

All'origine -  e nessuno delle anime belle dell’integrazione (non ambita da nessuno) e del meticciato felice e dei piagnoni ipocriti che si stracciano le vesti sulla vera disperazione e sul vero maltrattamento dei migranti, a sinistra e destra, lo considera – c’è un’unica causa: le guerre militari ed economiche della cupola finanziaria e dei suoi tentacoli Usa, UE e Nato. E come deprecare l'allagamento della casa e assistere gli alluvionati senza pensare di chiudere il rubinetto e agevolare la volontà di ognuno di restare a casa sua, nella sua terra e cultura, tra la sua gente. Per prima cosa andrebbero denunziate e combattute le guerre dirette e di forze surrogate contro Stati sovrani ma disobbedienti all'Impero. Poi si dovrebbe evidenziare il doppio binario del sion-imperialismo: provocare migrazioni bibliche per sfoltire popolazioni e distruggere paesi e al tempo stesso cianciare di accoglienza e meticciato, con il bonus aggiuntivo Di riversarle sull'Europa, in particolare sulle sue componenti deboli, Grecia e Italia. Operazione finalizzata a destabilizzazione sociale, culturale, della coesione nazionale, di guerra tra poveri e scatafascio economico, a sfruttamento di lavoratori extracomunitari e di quelli autoctoni calmierati grazie ai primi e a intrecci politica-criminalità tipo mafia capitale.

Da quando, negli anni '40 e '50, la Cia ha promosso l'Unione Europea per togliere di mezzo gli Stati nazionali e le rispettive costituzioni democratiche (altrettanti scogli per la colonizzazione),sostituite da una bancocrazia non eletta e autocratica, sguattero Nato e pronta al TTIP, la strategia è di tenere sotto schiaffo un'Europa potenziale concorrente e deviante verso Est, indebolendola quanto basta a soffocarne bizze autonomiste. Le migrazioni provocate tutte dall'Impero sono perciò anche una guerra all'Europa, specie mediterranea, a cui le prefiche buoniste,c inici profittatori, sinistre varie e Vaticano famelico (con buona pace di Zanotelli), implicitamente collaborano. Senza dimenticare che, nell’immediato, il gigantesco e pianificato putiferio sui migranti serve anche a solidificare un’opinione pubblica decerebrata dietro al programmato nuovo assalto occidentale alla Libia e al Medioriente tutto. E che l’ideologia di chi si pone allo straniero in fuga come salvatore, cattolico o laico, da miserie e dittature, non fa altro che ripetere l’approccio colonialista del “fardello dell’uomo bianco” (vedi Rudyard Kipling).  Che se ne renda conto o no.

Sia ben chiaro, a scanso di equivoci strumentali. Sarebbe da farabutti negare che, nella drammatica congiuntura dell'alluvione, sia prioritario e assolutamente doveroso, trovare sistemazione degna a questi flussi, contrastando con ogni vigore rigurgiti esclusivisti e xenofobi, più voluti che tollerati. A partire dalla eliminazione delle forme di abietto sfruttamento in fabbrica, campi e case e del conseguente adattamento al ribasso delle condizioni di lavoro e salario degli autoctoni. Ma si svuoterebbe il mare con un cucchiaino se simultaneamente non si lanciasse una capillare campagna di informazione sui motivi e obiettivi di chi provoca migrazioni e una grande  lotta contro guerra e neoliberismo colonialisti.  

TRE SUONATORI (Usa, UE, Nato), TRE SUONATI (Grecia, Cuba, Iran). CAP.2. CUBA

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HASTA LA VICTORIA? NUNCA MAS

Questa è la seconda parte di quella che pomposamente chiameremo Trilogia dell’Idra a tre teste e dei suoi pasti nudi. Tocca a Cuba, l’episodio più sconvolgente se si pensa cosa è stata, per l’umanità migliore, la Cuba del Che, di Fidel, dei combattenti della Sierra, dei vincitori della Baia dei Porci, dell’irriducibile resistenza al cannibale del Nord, dei grandi della seconda generazione rivoluzionaria, come Perez Roque e Carlos Lage, cancellati con infamia perché oppositori della svolta che si andava sviluppando.

Quelli di “C’è vita a sinistra” camminano in mezzo al bosco, che è poi il 26-27% di cittadini italiani soprattutto di sinistra, accreditato ai 5Stelle, che formano l’unica opposizione effettiva a tutto ciò che la sinistra detesta e, aggirandosi con tanto di lampada di Diogene (“il manifesto”), continuano a chiedersi “dove sono gli alberi?” Per contrappasso, invece, continuano a inebriarsi di tronchi vigorosi e chiome rigogliose, dove sta imperversando un disboscamento selvaggio. Si parla di Cuba, di cui chi scrive è stato da sempre sostenitore militante (vedi i film “El camino del sol”, “Americas Reaparecidas”, “L’asse del bene”). Ma prima si parla del continente per il quale Cuba è stato il faro di resistenza  e l’innesco rivoluzionario per oltre mezzo secolo e che oggi è sotto il tiro del revanscismo colonialista Usa-UE a forza di terrorismo, complotti destabilizzatori, strangolamento economico, ricatti finanziari, sobillazione di minoranze.


Assalto all’America Latina. Venezuela.
Sul Venezuela da un anno e mezzo si abbatte la guerra strisciante degli Usa. Obama, Nobel della pace, feldmaresciallo di ben 7 guerre e di infinite operazioni sporche, incurante dell’osceno rovesciamento dei termini del conflitto, l’ha definita “una minaccia rara e straordinaria alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Per tutti è stata una dichiarazione di guerra. Reclutamento, foraggiamento, addestramento di elementi fascisti e razzisti, sostenuti dalla Chiesa cattolica locale, tratti da un ceto di speculatori e redditieri alto-borghesi che, con Chavez e Maduro, si sono visti tagliare il cappio stretto da decenni al collo del popolo e del paese; mesi di terrorismo assassino (43 vittime) con pogrom in tutto il paese, strangolamento dell’economia e sabotaggio delle misure governative per il sostegno alle classi meno abbienti (poveri ridotti del 75%) mediante imboscamento di beni primari e loro contrabbando in Colombia, milioni di dollari a Ong imperialiste e agli esponenti della destra terrorista, campagne di diffamazioni tendenti a isolare il Venezuela dal contesto internazionale, innesco di conflitti con i vicini attraverso un intervento abusivo della Exxon in zone di mare assegnate al Venezuela, ma pretese dalla Guyana, infiltrazione di sicari dalla Colombia per attuare attentati ai dirigenti politici. E come apice dell’impudenza, la DEA, agenzia Usa per il narcotraffico e massima curatrice dello stesso nei domini Colombia, Perù, Centroamerica, Messico, Afghanistan, che accusa di narcotraffico Diodado Cabello, presidente del parlamento venezuelano e numero due dello Stato. Altre nefandezze di ogni genere.

Il Venezuela ha la colpa di aver sostituito Cuba come modello dell’emancipazione latinoamericana e della sua resistenza all’imperialismo, di aver respinto il trattato capestro di libero scambio con gli Usa, di aver adottato sistemi sociali, economici e di avanzamento democratico che determinano in tutto il mondo lo screditamento del modello neoliberista e di aver promosso, con enorme successo, passaggi verso l’integrazione latinoamericana nel segno della sovranità popolare e della giustizia sociale.
Illustrando al Consiglio politico dell’A.L.B.A, i piani di aggressione all’America Latina, il presidente Maduro ha detto: “I potenti, le antiche metropoli colonialiste, sembrano non voler apprendere la lezione che l’umanità colonizzata gli ha dato negli ultimi cent’anni. E’ evidente  che nel Nord del mondo, dove sono le nuove metropoli imperialiste, si stanno attuando piani di guerra e di ricolonizzazione economica”.

Ecuador
Nell’Ecuador di Rafael Correa e del suo partito Alianza Pais, che gode tuttora del quasi 70% dei consensi, dopo il fallito colpo di Stato di settori della polizia nel 2010, gli Usa hanno allestito l’ennesima rivoluzione colorata facendo leva su settori indigeni da sempre subalterni alle classi ricche, istigate dalle solite Ong amerikane, legate al tuttora irriducibile ex-presidente (indigeno) Lucio Gutierrez, un burattino fascistoide degli Usa del tipo Menem in Argentina, Martinelli in Panama, Uribe in Colombia, il golpista Hernàndez in Honduras, spazzato via nel 2005 da una rivoluzione popolare ( i Forajidos) a cui  la maggiore organizzazione indigena si è sottratta. In agosto la CONAIE, una delle federazione delle associazioni indigene, isolata dalle altre che sostengono il governo, diretta da Jorge Herrera con noti legami alla Cia, ha indetto una marcia di massa da varie parti del paese sulla capitale Quito, il 13 agosto giunta a destinazione e accampatasi. Era dichiarato l’intento di travolgere qualsiasi apparato di sicurezza, arrivare ai palazzi di governo e presidenza e tentare il colpo di Stato. A questa manifestazione, che Wikileaks ha rivelato concordata con l’ambasciata Usa, basata su parole d’ordine che accusano, in termini del tutto mistificati e strumentali, il governo della costituzione più ambientalista del continente, di sottrarre terre ai nativi e di favorire la multinazionali (Correa ha già distribuito 580mila ettari a 19mila comunità e altri 100mila titoli verranno assegnati), è assicurato l’appoggio dei ceti altoborghesi sconfitti dalla revolucion ciudadana. Alla sedizione di questi indigeni, cari a prescindere ai sinistrati italioti affetti da romanticismo primitivista, rispondono in questi giorni enormi manifestazioni popolari a difesa dalla rivoluzione.

L’Ecuador ha la colpa di aver respinto il trattato di libero scambio che lo avrebbe  inchiodato alla manomorta dei gangster multinazionali, di aver cacciato dal paese “Manta”, la più grande base Usa nel continente, di partecipare agli organismi inter-latinoamericani di integrazione economica e politica, di aver sollevato dalla povertà milioni di ecuadoriani, di aver costituito uno Stato democratico multietnico e multinazionale, di aver espulso e messo sotto processo i predatori petrolieri OXI e Chevron, di associarsi agli altri paesi latinoamericani e nel mondo nella solidarietà ai paesi mediorientali aggrediti dall’imperialismo, di appoggiare il blocco mondiale alternativo dei BRICS. Ultimo peccato mortale, di aver voluto promulgare una legge sulle eredità (ora in corso di rinegoziato) che avrebbe colpito la trasmissione di immani ricchezze fisco-esenti.

Nel 2005, a Quito, intervistai l’allora presidente della CONAIE, Luis Macas. I suoi propositi spiegano le precedenti e attuali iniziative dell’organizzazione. Ostile alla rivoluzione dei  Forajidos che aveva posto fine a una serie di despoti ladroni al soldo degli Usa, vaticinava la dissoluzione dello Stato plurinazionale e l’unificazione dei popoli indigeni di Ecuador, Bolivia e Perù in un’unica grande entità, reminiscenza dell’impero Inca, di natura rigorosamente etnicista e dalle nebulose connotazioni sociali ed economiche, tutto nel nome del “ritorno alle radici”. Un riordinamento dell’America Latina che assomiglia da vicino a quel Nuovo Medioriente che USraele sta cercando di erigere sui frantumi dei suoi Stati.

Bolivia, Paraguay, Argentina
 Correa e Kirchner

Di altri esempi attuali di interventismo nordamericano nei paesi del Continente, sia consolidando la subalternità di quelli sottomessisi da tempo, sia aggredendo in varie forme i disobbedienti, ce ne sono quanti sono gli Stati latinoamericani e caraibici. Ci limitiamo a Bolivia, Paraguay e Argentina. Della Bolivia di Morales, che è stata la più dura nei provvedimenti verso diplomatici e Ong statunitensi e la più fervida nella solidarietà alle vittime dell’imperialismo, basta ricordare i continui tentativi di destabilizzazione affidati, vuoi a una infima minoranza indigena contraria al vitale collegamento con il resto del continente, vuoi agli ambienti reazionari secessionisti di terratenientes, annidati nella regione di Santa Cruz. La sua situazione è affine a quella dell’Ecuador. In Paraguay, come in Honduras, il golpe Usa, stavolta parlamentare, ma innescato da un sanguinoso  pogrom organizzato dall’Alcoa, è riuscito, abbattendo il governo del presidente, “vescovo dei poveri” e amico dell’ALBA, Fernando Lugo

L’Argentina, si è sollevata con grande coraggio e determinazione dal crack del 2001, indotto dalla totale svendita del paese per mano del fiduciario delle multinazionali Menem e dal conseguente gigantesco indebitamento nei confronti di banche e FMI. Ha rifiutato la ricetta dei famigerati “aggiustamenti strutturali” dell’FMI e ha imposto la ristrutturazione del debito.Con i due Kirchner, Nestor e Cristina, che hanno dato vita a una forma più avanzata del peronismo di sinistra, promuovendo una forte riduzione della povertà, emancipando la propria economia e assumendo posizioni antimperialiste simili a quelle di Chavez, l’Argentina è tornata ai fasti di un paese prospero e sovrano. Intollerabile. L’imperialismo le ha lanciato contro di tutto, condito dalle solite diffamazioni,.poi propalate dal coro degli sguatteri mediatici (addirittura contro le Madres de Plaza de Majo, bandiera del riscatto. Vedi Guido Gazzoli su “Il Fatto Quotidiano” o, per l’Ecuador, Aldo Zanchetta sul sito “Comune Info”). In vista delle elezioni presidenziali di ottobre, le cui primarie sono state vinte dal kirchneriano Frente para la Victoria(FPV), è scattata l’escalation.

Prima la rivolta dei latifondisti di soia e affini contro una tassazione un po’ meno vantaggiosa sull’export. Poi i tumulti allestiti dal governatore di Buenos Aires, Macrì, di estrema destra, gli avvoltoi bancari, titolari dei residui non concordati del debito (8% del totale) che hanno trascinato il governo davanti a compiacenti giudici Usa, l’operazione “Amia”. “Amia” era la mutua ebrea argentina fatta saltare in aria nel 1994 provocando 85 morti. Un’operazione False Flag, se ce n’è una, che ha consentito a Israele di mettere nel mirino Cristina con l’accusa di voler coprire “i responsabili iraniani” (di un Iran che ha subito decine di attentati del Mossad e dei suoi ascari del MEK e non ne ha mai compiuto uno da nessuna parte). Mesi fa è stato ucciso un giudice, Alberto Nisman, con documentati legami con i servizi Usa, che aveva preparato un dossier di accuse a Cristina per il suo presunto insabbiamento delle indagini in cambio di (inesistente) petrolio iraniano. Il dossier è risultato un’accozzaglia di fole.

Come a Cuba, non poteva mancare il Papa a dare una manina. Subdolamente e incurante dell’assenza di qualsiasi indizio, ha alluso a un’Argentina, primattore del narcotraffico latinoamericano. A confortarne le illazioni si è subito mosso un suo intimo, Gustavo Vera, responsabile del “Movimiento Bien Comun”, che ha accusato l’Argentina di essere “produttore di droga e primo consumatore dell’America Latina e di non combattere il fenomeno, ma di tariffarlo”. Man mano che l’Argentina, prossima a far parte dei BRICS, con le loro alternative finanziarie ed economiche, si avvicinerà alle presidenziali, vedrete che giochetti s’inventeranno,

Tutti questi paesi avranno difetti e ritardi, ma ognuno è governato cento volte meglio di qualsiasi paese della sedicente “comunità internazionale”. Non basta? Oggi come oggi basta.

Patria o muerte? Muerte.
Dall’alto al basso: Obama sopra, Raul sotto

Sul Malecon, lungomare dell’Avana, dove avevo filmato le centinaia di bandiere nere a ricordo delle vittime degli Usa (ora scandalosamente ammainate, mentre i tre Marines che avevano ammainato la bandiera Usa nel 1959, ora l’hanno rialzata: uno schiaffone al popolo cubano)
  e dai cui muri si giurava, sotto i volti del Che e di Fidel, eterna lotta all’imperialismo, ora sventolano, appaiate a quelle di Cuba, le bandiere a stelle e strisce, ad accogliere degnamente il papa. Quelle che rappresentano un potere che ha ucciso col terrorismo oltre 3000 cubani e per 638 volte ha tentato di uccidere Fidel. Le stesse che le masse latinoamericane bruciano e calpestano in tutto il continente..Quelle che stanno nel logo del National Endowment  for Democracy (NED) e di altre “Ong” analoghe, il bieco organismo cripto-Cia delle rivoluzioni colorate e dei regime change, a cui, in piena euforia riconciliatoria Cuba-Usa, il governo Obama ha proprio ora stanziato 30 milioni “per programmi di promozione della democrazia a Cuba e di rafforzamento della società civile”. Quelle di un paese cui Raul chiede di benevolmente rimuovere Cuba dalla lista dei paesi sponsor di terrorismo e che, essendo il massimo autore e mandante di terrorismo nel mondo, viene per questo applaudito

Quanto è onesto lei!
Ai molti, spesso comodamente sistemati in una solidarietà a Cuba che, se assicura continuità e tranquillità di status e benefit, vacanze e onorificenze, va perdendo ogni giustificazione ideologica, sarà entrata in un orecchio e subito uscita dall’altro la frase da Raul Castro rivolta a Obama “Lei è una persona onesta”. A quell’Obama che è il protagonista, con sette aggressioni e associato corredo terroristico, della più estesa carneficina della storia, impegnato nello stesso momento a sovvertire violentemente la comunità latinoamericana di cui Cuba è parte, a soffocare nel sangue o nell’usura istanze di libertà e diritti umani ovunque si manifestino, strumento della riduzione degli Usa a Stato di Polizia agli ordini di Wall Street, comandante in capo di un armageddon che dovrà distruggere la Russia  e chiunque si opponga a questo Quarto Reich. Combacia, questo demenziale tributo all’onestà del serial killer yankee, con la promessa fatta al controrivoluzionario Bergoglio, travestito da Che Guevara per ri-uccidere Che Guevara, quando Raul gli ha detto: “Sono pronto a farmi cattolico e ad andare in chiesa a pregare”. Una bella boccata di “oppio dei popoli”.

La strada lastricata di buone intenzioni (quelle note) da tre pontefici cattolici, in connivenza-concorrenza con le dilaganti sette evangeliche Usa, non poteva non condurre verso l’inferno. Consapevole del contributo, Obama ha voluto rendere grazie per la "svolta" a Bergoglio. Se inferno è, come risulta facendo un giro d’orizzonte, il capitalismo nella sua attuale espressione forsennatamente necrofora. Fidel lo diceva fino a poco tempo fa. Strada che corre parallela alla marcia dalla nuova dirigenza politica del partito e del parlamento. Dissesto economico e relativo degrado sociale furono provocati, sì, dal bloqueo(peraltro ampiamente perforato negli anni recenti da crescenti rapporti con America Latina e altre parti del mondo), ma in misura maggiore da corruzione endemica, burocrazia proterva e ossificata e, dunque, incompetenza, inefficienza, cialtronaggine a tutti i livelli dello Stato, amministrativi, produttivi, di distribuzione, dei servizi. C’è una data che mi sembra evidenziare una svolta: quella della rottamazione di ciò che era stata Cuba, ultimamente più nell’immaginario collettivo che nella realtà, il 2 marzo 2009. Un anno prima Raul era diventato Presidente e successore di Fidel.

Colpo di Stato?
Alle quasi idi di marzo, in una notte, vengono rimossi 60 dirigenti dello Stato, in testa Felipe Perez Roque, amatissimo leader della seconda generazione rivoluzionaria, ministro degli esteri rispettato in tutto il mondo antimperialista, considerato fin lì delfino di Fidel, di cui era stato segretario per anni, e Carlos Lage, vicepresidente. Li sostituiscono perlopiù gli ottuagenari comandanti delle forze armate. Per mesi nessuna spiegazione viene data al popolo cubano e ai suoi amici nel mondo, per poi uscirsene con un video in cui Felipe e compagni scherzano lievemente sulle condizioni del vecchio Fidel, accompagnato da oscure accuse di connivenza col nemico. Tutti a Cuba sapevano che Perez Roque era a capo dell’ala più intransigente nel contrasto con gli Usa e dunque incompatibile con il rapprochementche si stava avviando. Poi è un precipitarsi verso il “socialismo aggiornato” sul modello vietnamita..Alla Chiesa la facoltà di intervenire sulle comunicazioni, istruzione, sanità, fin lì monopolio rivoluzionario. Mezzo milioni di dipendenti statali licenziati e nominati cuentapropistas, imprenditori in proprio, ma senza il supporto basilare di investimenti e infrastrutture. Finiranno a infestare Cuba con migliaia di bancarelle di chincaglierie e bibite fatte in casa. Mezza economia cubana è privatizzata.

Poi la pacificazione con il nemico mortale che, per 50 anni, ha invaso, terrorizzato, destabilizzato il paese. Riconoscimenti di probità a Obama, apertura agli investimenti multinazionali, agrobusiness, petrolio, farmaceutica, edilizia, turismo, trasporti compresi. Bandiere statunitense e cubana appaiate fraternamente sul Malecon. Tutto per tutti i gusti dei milionari yankee. Apertura delle ambasciate, quelle che a Cuba e in tutta l’America Latina hanno per attività principale sabotaggi, complotti, infiltrazioni, corruzione, sovversioni. La situazione economica e sociale del popolo cubano era al limite del tragico.
Ma uscirne aprendo al più grande vampiro economico, aggressore dell’America Latina, devastatore di intere regioni del mondo, padrino di ogni terrorismo, proprio nel momento in cui affonda i suoi artigli sui paesi che a Cuba hanno assicurato la sopravvivenza dopo il crollo dell’URSS e della catastrofica divisione internazionale del lavoro che questa aveva imposto agli alleati? Sostituire a Carlos Lage, protagonista dell’economia socialista, l’ex-numero uno dell’FMI divoratore del welfare dei paesi azzannati, Strauss Kahn, col titolo di consulente economico dell’Avana, come rivelano fonti ufficiali francesi al sito “Politico” , è un passo verso l’economia socialista, o verso la globalizzazione dell’economia di mercato? Evitare di porre la chiusura di Guantanamo, pozzo nero di un impero criminale, a precondizione di ogni ambasciata e ogni apertura, piuttosto che rivolgere a Obama una gentile richiesta di restituzione, rappresenta un tributo ai diritti umani e una solidarietà agli ingiustamente detenuti e ferocemente torturati? 

E gliene cale qualcosa, ai rivoluzionari fattisi pacificatori, di questa ciliegina sulla torta di cianuro che il Pentagono, è notizia ultimissima, non riportata dai media cubani o altri, lancia una Forza Speciale per l’America Latina?  Si chiama “Punta di lancia JHSV”, è stazionata nella base Usa di Palmerola in Honduras, comprende centinaia di truppe, elicotteri, mezzi da sbarco, verrà utilizzata per “condurre operazioni in America Latina” e si congiungerà con 3000 Marine che in Perù, a settembre, condurranno manovre su vasta scala. Solo, ovviamente, per consolidare gli armoniosi rapporti con Cuba…E nemmeno ha fatto sollevare sopracciglia a qualcuno che gli Usa abbiano minacciato il Salvador di tagliargli gli aiuti e infliggergli sanzioni finanziarie per avere quel governo sostenuto la richiesta di cancellare le sanzioni al Venezuela.

Non significa, tutto questo, una pugnalata alle spalle di quella che si chiama Nuestra America, oltretutto inferta da una zattera dalla dubbia navigazione? Il buonismo diplomatico di Obama, pari a quello impiegato per disossare l’Iran dall’interno, anziché con gli utopici isterismi bellici di Netaniahu, serve a corrompere Cuba, società e apparato politico, là dove mezzo secolo di aggressività non è servita a nulla. Intanto al vertice Africa Asia America Latina a Bandung, il Venezuela ha chiamato a un’alleanza del Sud del mondo per affrontare il dominio imperialista. Evo Morales e Rafael Correa hanno invocato una mobilitazione generale contro le trame dell’imperialismo Usa. Un messaggio neanche tanto trasversale a Raul?


Il "disgelo" con l'iceberg del cinismo serve a togliere di mezzo il principale scoglio ideologico e geopolitico che impedisce agli Usa di piombare sulle riserve petrolifere del Venezuela, le più grandi del mondo e a cancellare quello che è diventato il modello antiliberista e antimperialista di tutta l’America Latina. Raul, 85enne uomo solo al comando di una rivoluzione in disarmo, non può non esserne cosciente.I bonzi e saprofiti della solidarietà organizzata internazionale se ne fregano.Vorremmo essere smentiti e intanto manteniamo tutto il nostro affetto e la nostra vicinanza al popolo che ci ha insegnato tante cose. Ma i compromessi storici tra diseguali si sa dove incominciano e s’è visto dove vanno a finire. Come Pasolini, io so. Io so cosa ne avrebbe detto Che Guevara. Anche se non ne posso esibire le prove. 

MILLANTATO CREDITO (con un pensiero per il militante No Muos e No Tav Turi Vaccaro)

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“Finalmente Israele ha riconosciuto la sua vera natura ebraica. Piuttosto che pretendere di essere una “Democrazia Ebrea”, contraddizione in termini, lo Stato ebraico ammette di essere una teocrazia guidata dall’ideologia razzista e suprematista ebraica”. (Gilad Atzomon, musicista e saggista ebreo)
“I politici sono interessati alla gente. Non è necessariamente una virtù. Le pulci sono interessate ai cani”. (P.J.O’Rourke)
“Il nostro partito unico ha due ali di destra, una chiamata Repubblicani, l’altra Democratici. Ma Henry Adams l’aveva capito fin dagli anni 1890. “Abbiamo un sistema unico”, scrisse e, “in quel sistema l’unica questione è il prezzo al quale il proletariato deve essere comprato e venduto, il pane e i giochi”.(Gore Vidal)
Eccomi, dopo una lunga corvee filmica per il nuovo docufilm “L’ITALIA AL TEMPO DELLA PESTE”. Bentrovati. Ma non è finita, i nostri incontri saranno diradati per un altro po’. Ogni bene.

La bella e la bestia
Tra le chicche di queste settimane in cui sono preso al collo dai viaggi e dalle riprese per il nuovo documentario (titolo provvisorio: L’ITALIA AL TEMPO DELLA PESTE), ne estraggo alcune da una serie lunga quanto dalla coda di Ernesto alla punta del suo naso.
Il Papa Buonasera, emulo, come in tutta la sua collusione soft con i Veri Poteri, compresi quelli dei generali argentini, reazionario da far impallidire il contro-riformista Ratzinger, rampollo soft della dinasta controrivoluzionaria dei Woytila, ribadite tutte le camicie di forza dottrinarie e sollecitato i medici ad armarsi contro le donne che abortiscono, ha rifatto a Erdogan il favore che il polacco aveva fatto sul balcone a Pinochet. Accanto a Sua Santità, a Santiago, il macellaio di una generazione di cileni, il servo zannuto degli Usa, il ventennale dittatore.

Ad Ankara Sua Santità dei poveri e perseguitati, fianco a fianco al presidente Erdogan, a legittimare un tiranno megalomane che schiaccia a fucilate il suo popolo, decima i curdi, sostiene, finanzia, addestra e arma gli psicopatici al servizio di Nato, Ue, Usa, Israele, che divorano due grandi nazioni, due antiche culture, due oasi di giustizia e diritti umani veri. Il carnefice pazzo di Ankara ha sottolineato il significato dell’incontro spedendo lo stesso giorno uno squadrone della morte Isis contro i patrioti di Kobane direttamente dalla Turchia, poi fatto seguire da peshmerga iracheni addestrati dagli israeliani e armati dalla Pinotti, in funzione di destabilizzazione dei resistenti. A quando il Papa a Kiev?


“Save the Children”, salmeria di Cia e Mossad, che insudicia le maglie della mia Fiorentina, quella che, per dar manforte in Libia agli ascari stupratori e decapitatori della Nato, ululava al mondo che Gheddafi forniva Viagra ai suoi soldati perché violentassero meglio i bambini, ha conferito il suo “Nobel” al criminale di guerra e di pace Tony Blair. Quello che, per far fuori l’Iraq, s’era inventato l’attacco di Saddam a Londra in 45 minuti. Scelta perfetta, scambio alla pari tra un serial-mass-killer, pagato  da Washington 50 milioni di dollari per i meriti acquisiti durante il suo premierato, e una crocchia di sguatteri degli Stati Canaglia. Solo che chi gli ha suggerito la mossa, si chiama Tafazzi: Qualche farlocco della “sinistra” smetterà di glorificare questa e altre Ong mentre le centinaia di farlocchi dello staff di StC che si sono rivoltati contro i boss (tutti di estrazione governativa, questi) hanno annusato aria di autogol: “Ma che, vi pare il modo di sputtanarci?”

Due belle prestazioni occidentali nelle Olimpiadi della Democrazia. L’Afghanistan sotto occupazione (che, Washington annuncia, continuerà oltre il ritiro del 2015, specchietto delle allodole per giornalisti del “manifesto”) ha prodotto quest’anno l’ennesimo primato di produzione dell’oppio-eroina. Da quando ci sono Usa e Nato, fornisce il 92% del consumo mondiale. Russia e Iran che, non per mero scopo di profitto della Partecipata di Stato dell’Oppio afghano-americana, ma come alternativa alle bombe, vengono inondati da questo veleno, hanno chiesto agli occupanti Nato di eliminare i trafficanti e distruggere le coltivazioni (basta un po’ di Napalm alla vietnamita). La Nato ha respinto la richiesta.

L’Iran viene sistematicamente colpito da attentati dinamitardi e assassini mirati del MEK (Mujaheddin e-Khalk). Setta terroristica che mira a scienziati e civili (vedi il mio documentario “Target Iran”). Per il Dipartimento di Stato Usa erano terroristi perché si erano messi contro lo Shah. Ma da quando nell’Iran di Ahmadinejad, il demonio per l’Occidente, hanno alzato il tiro, con stragi di civili e uccisioni di scienziati nucleari, Washington ne ha accolto la sede, il business intorno ai neocon li foraggia e John Kerry li ha tolti dalla lista delle organizzazioni terroristiche. In compenso, i residui del PRC, fedeli alla linea, organizzano convegni a sostegno del MEK  e “per la democrazia e la liberazione nazionale dell’Iran”. Come sempre, allineati e coperti.


Questa è bella. Pochi giorni fa la Russia ha proposto all’assemblea generale dell’ONU una risoluzione finalizzata a “combattere la glorificazione del nazismo, del neonazismo e le altre pratiche che contribuiscono a favorire forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata, e a condannare la nascita di forze politiche dichiaratamente nazifasciste, riabilitazioni di criminali nazifascisti, erezione di monumenti in onore del passato nazifascista” (come succede tra gli amici Nato Lituania, Estonia, Lettonia e nel principato Cia di Kiev). Hanno votato a favore 115 paesi, 55 si sono ponziopilatizzati astenendosi (hai visto mai che i nazisti piacciono ai padroni) e hanno votato contro in tre. Indovinato? Usa, Canada (i tre, con l’UE, della ghigliottina TTIP) e, ça va sans dire, quei simpaticoni di ucraini con i loro cinque ministri nazifascisti nel governo e i battaglioni di volontari sotto insegne SS, particolarmente esperti in fosse comuni alla Rodolfo Graziani.


 Sono passati ancora troppo pochi giorni per nettarsi dell’uragano di balle tossiche che ci si è rovesciato addosso da dritta e manca in occasione dell’anniversario (neanche decennale, ventennale, centenario, appena quindicennale, tirato per i capelli per infastidire i russi) della caduta del muro di Berlino. Per tutti il “muro per eccellenza”, l’ur-muro, l’archetipo del muro, in sostanza l’unico muro. E vai con l’ordalìa delle immagini di intossicati, vuoi beoti,vuoi volpini, che ballano obnubilati sopra e lungo il muro. Gli ucraini di obbedienza euroatlantica stanno costruendo un muro di 1000 km tra loro è il loro retroterra storico, culturale, strategico; i nazisti israeliani fucilano chi s’avvicina al loro muro, alto il triplo di quello di Berlino, tra la purezza dello Stato ebraico e il formicolio di Untermenschen arabi. Obama, nei suoi due mandati, ha fortificato con corpi militari e volontari cacciatori di teste (Minutemen) il muro di 3000 km tra la “nazione eccezionale” e il non-Stato del NAFTA (Il TTIP messicano), ridotto a fornitore di droga, di schiavi interni e migranti, di risorse da devastare e rapinare. E’ quello che ha cacciato su due piedi un milione di latinos, decine di migliaia di bambini soli compresi e ora, rastrella voti per il Partito Democratico, sfavorito alle prossime presidenziali, cianciando renzianamente di 5 milioni di ispanici da regolarizzare.


Però, di chicche ce n’è anche una storica, epocale. Sentite questa e stupite: l’organizzazione “Jews for Justice for Germans”, Ebrei per la Giustizia per i Tedeschi”  (vedi FB e sito) ha pubblicato questo appello: “Chiediamo a Elie Wiesel di ritirare la sua dichiarazione secondo cui ‘Gli ebrei dovrebbero conservare in sé un’area di odio, sano, virile odio, per ciò che il tedesco rappresenta e per ciò che nei tedeschi persiste”. Chiediamo a tutti gli ebrei di pretendere che i rapporti tra tedeschi ed ebrei 1933-1945 siano aperti alla discussione alla stessa maniera di tutti gli altri eventi storici. Chiediamo a tutti i governi di cancellare, con effetto immediato, tutte le leggi contro i negazionisti dell’Olocausto, di chiedere scusa pubblicamente a tutti coloro che hanno sofferto per gli effetti di tali leggi. Chiediamo alle comunità ebraiche di tutto il mondo di iniziare conversazioni circa il ruolo degli ebrei nelle sofferenze inflitte ai tedeschi dal 1945 e, se del caso, accingersi a chiedere scusa e a effettuare risarcimenti”

Vi sono altre richieste avanzate da questa organizzazione ebraica, diffuse dall’ex-ebreo Gilad Atzomon, il prestigioso sassofonista e analista della questione ebraica, ma quella che centra il bersaglio decisivo è la richiesta di eliminare la vergogna nazista delle punizioni inflitte a chi si permette di fare il lavoro che incombe eticamente e professionalmente a chiunque si misuri con la Storia, di destra o sinistra che sia. Una misura, oltre a tutto, che legittima il sospetto di un’enorme coda di paglia. Se, come afferma la lobby ebraica a paradossale giustificazione del genocidio palestinese, le certezze dell’Olocausto sono davvero granitiche, cosa si deve temere da ricerche in proposito?

Nazisti e antinazisti
Pensate alla mozione anti-nazista che Mosca ha proposto all’ONU e che gli Usa hanno respinto e considerate l’immediata risposta di Israele, dove il premier Netaniahu fa passare una legge fondante che dichiara “Israele Stato degli ebrei”. Avete udito anche solo un bisbiglio della “Sinistra per Israele”, o dei sedicenti ebrei progressisti alla Ovadia o Fo, che sussurrasse una presa di distanzea da questa summa del razzismo etnocentrista e teocratico, del resto praticata nella sostanza fin dalla creazione dell’etnostato, incredibilmente definito “unica democrazia del Medioriente”? In compenso, essendo la cosa davvero talmente aberrante da far sembrare il culto della razza ariana del duo Mussolini-Hitler un giochino di pasticcioni, da prefigurare un mondo in cui l’Italia è lo Stato dei Cattolici, gli Usa sono quello del Bianco Anglosassone Cristiano e affanculo tutto il resto, ecco che, come lo Stato Islamico lanciato dopo Gaza e i nazisti di Kiev, occorreva un’arma di distrazione di massa.  

Non possiamo provare che certuni che millantano, tesserino dell’Ordine alla mano, di essere giornalisti, siano invece “libellule” del tipo Renato Farina. Ma possiamo esserne convinti a buona ragione. A vedere il sincronismo perfetto con cui la lobby si è attivata nei media su una medesima campagna, il sospetto di un ordine di servizio impartito ai fiduciari è ampiamente giustificato. La parola d’ordine è “Putin uguale Hitler”,  difatti “le ultradestre europee e Mosca hanno stretto il nuovo patto d’acciaio”. Qualcosa di forte, ci voleva, a distogliere l’attenzione da una giunta israeliana alla quale spunta la svastica da sotto il bavero ed, effetto collaterale, anche da quei bravi ragazzi dal vessillo nero (SS o jihadista) che sempre più fatica a coprire la T-shirt del college USraeliano frequentato.

La russofobia di regime, archiviate le impolverate storie delle dacie e dei lettoni frequentate da Putin e Berlusconi, si è concentrata sulle eulogie che l’ex-padano e neo-patriota Salvini tesse in onore di Putin, sulla sua condanna delle sanzioni alla Russia (ne ha ben donde, visti gli interessi conculcati dalle sanzioni anche dell’elettorato cui ambisce), con allusioncelle a presunti finanziamenti concessi da Mosca alla Lega. Visto che Salvini sciabola da capitan Fracassa contro il gradasso di regime, questi pizzicotti gli andavano dati. Ma visto anche che la funzione principale affidatagli dall’alto è di rubare spazi e voti ai Cinque Stelle, unica grana vera del bellimbusto (a dispetto dell’attuale marasma pentastellato - che voglia il cielo! - passerà), non ci si deve neanche andar giù troppo pesanti. Remora che non nutrono i giornalisti  che non si limitano a millantare credito di essere tali, ma anche di fare opposizione.

USraele e Russia: Il bue che dà del cornuto all’asino
S’ode a destra (Usa) uno squillo di tromba, a destra (Israele) risponde uno squillo…. Apre il concerto George Soros, ufficiale pagatore, con “L’Europa sta affrontando una minaccia russa all’intera sua esistenza”. E scattano come un sol uomo i fiduciari locali. E, tenete presente, sono tutti gli stessi, nella prima file delle prefiche, che salmodiano e strepitano sulla tragedia dei migranti, dei Rom. Succede che, sul lato opposto a Israele e Usa, che seccano, chi ragazzini palestinesi, chi ragazzetti neri e, fuori, interi popoli e relativi habitat, cresce l’immagine di una Russia pacifica, razionale, paladina del diritto internazionale, che se la ride dell’ “isolamento” attribuitogli”, mentre compatta un fronte che va da Mosca a Pechino e a buona parte del “terzo” mondo. Con in testa, sul piedistallo dell’85% di consenso popolare, l’abilissimo e irriducibile Vladimir Putin, protagonista del buonsenso, che insiste a difendere gli aggrediti e contrastare la marcia occidentale verso la dittatura mondiale.

Furio Colombo è il padrino degli scarabocchiatori delle pagine internazionali del “Fatto Quotidiano”, dalla corona d’alloro per meriti umanitari ancora madida delle lacrime versate su Rom e migranti (quelli che servono agli untori di vertice per rivoltare la guerra di classe in guerra tra i bastonati da quegli stessi untori). Apologeta dell’ “unica democrazia” del Medioriente”, fondamentalista  da far crepare di impotenza Al  Baghdadi, Una volta il grande surrealista titola “Guerra di razza contro Obama”, per fingere un Obama, che ha trasformato la sua polizia in una Waffen SS da lanciare in primis contro gli scuri di pelle, in un San Giorgio che infilza il drago razzista. Un’altra volta fa chiedere a un presunto lettore “Quale Palestina riconoscere?” (Netaniahu aveva appena scolpito il carattere ebraico puro sulla magna carta del suo Stato abusivo). Colombo glissa sulla domanda (irrilevante e fastidiosa) e, dall’alto della sua umanitarietà, lancia una pioggia di fuoco sui parlamenti europei che riconoscono la Palestina, intonando l’usuale geremiade sui poveri israeliani assediati da lupi arabi, massacrati dai terroristi islamici (e anche non islamici) e ridotta in miseria dai taccagni italiani. Cinici  Italiani perché, diversamente dai tedeschi, ma tutti nipoti colpevoli dei crimini dei loro antenati, non si fanno dissanguare per “pagare per Auschwitz”, cioè impinguire le casse dello Stato che da 60 anni campa di olocausti lamentati e inflitti. Come se l’Italia e mezzo mondo non avessero già pagato fantastilioni sotto forma di appoggio, copertura e occultamento dei crimini di guerra e contro l’umanità di Israele cum lobby

Una terza volta viene al dunque dell’ordine del giorno in bacheca, delegando a un redattore della sua stessa comunità, Leonardo Coen (che ai miei tempi bazzicava il giornale Lotta Continua, pensate!), di occuparsi, nell’agenda, della voce che dice “Dagli a Putin!”. Capace di indignarsi sulla sorte della kazaka Shalabayeva, espulsa dall’Italia (arrestata per disposizione dell’Interpol) insieme alla figlioletta, smarrisce tra i tasti la notizia che il marito-martire Ablyazov, ricercato per delitti finanziari da mezza Europa (oltre che dal Kazakistan), sconta anni dietro le sbarre in Francia. Questo è l’abbrivio per accostare al “dittatore” del Kazakistan (indocile all’Occidente e partner di Mosca), il suo socio in scelleratezze, zar Putin. L’agghiacciante imputazione sarebbe che l’autocrate del Cremlino farebbe carne di porco dei poveri oligarchi, quelli non ancora raggiunti dalla sua mannaia.

Ma è nelle pagine del giornale, che è solito infilare roselline nelle corone di fiori delle ausiliare Cia, FEMEN e cucire perizoma sulle vergogne di quelle che si chiamano Pussy Riot, che si vola davvero alto. Dalla periferia al centro. Sulla periferia nordcoreana dell’ “Impero del male” Guido Caldiron titola “L’umanità cancellata nel campo, simbolo di una società ridotta ad annichilente universo concentrazionario”. E’ l’intervista al solito dissidente espatriato che, dai collaudati santuari occidentali, diffonde a ignoranti assoluti, ma ben disposti, le meravigliose fole su questo inferno alla Hieronymus Bosch. Come lo zio di Kim Jong Un, dato in pasto ai cani e dopo un po’ riscoperto, rubicondo e sereno, al solito posto dirigenziale. O come lo stesso Kim.  Scomparso per un mese dal proscenio, diversamente dalle ininterrotte epifanie che ci impongono la psicosi ducesca di Renzi e la collusione degli sguatteri mediatici, il “dittatore pazzo” nordcoreano non incombe ogni giorno su di noi, come il Grande Fratello, cosa del resto che capita nel loro paese anche a governanti qualunque, tipo lo svizzero, il norvegese, la tedesca, l’olandese…Da noi, quelli del cabaret, non comparendo, o Kim è impazzito, o c’è stato un golpe, o s’è strafatto di acido lisergico. Logico.

Il centro dell’impero del male, Caldiron (vecchio notabilino rifondarolo, impegnato a esaltare  rivoluzioni colorate in giro per il mondo nemico) lo colpisce con un uno-due diretto al bersaglio grosso.. Prima“La Russia connection della destra euroscettica, Mosca come polo politico della ‘tradizione’ ”. A seguire “A San Pietroburgo l’estrema destra, con Jobbik e il Front National anche Lega e Forza Nuova”. Peccato che la realtà dei fatti impedisce al colpito di crollare. Al nostro esegeta delle rivoluzioni di velluto (ma quella di carne e ossa dei palestinesi non figura) preme denunciare a un mondo inorridito che l’Orso russo veste la camicia bruna. Mica quelli che a Kiev davvero la indossano, sotto vessilli SS, e seminano fosse comuni nel loro cammino in Donbass. Mica quegli altri, in camicia nera, che in Venezuela mettono a ferro e fuoco una rivoluzione verso il socialismo. E nemmeno, negli Usa, gli sbirri trasformati in unità militari d’èlite per tirare pallottole in testa ai neri e scariche Taser su chiunque si avventuri per strada in gruppo. Figurarsi poi se gli vengono in mente i tagliacorpi di Israele che imperversano con i guanti quanto i tagliateste dell’ISIL senza.

Insomma il messaggio era chiaro. Obnubilare le nefandezze belliche, sub-belliche, poliziesche, economiche, sociali, del proprio campo, scatenando la campagna “Putin come Hitler” (stantia qualifica buona per ogni governante disobbediente). Siccome girano in Europa carovane smisurate di “euroscettici”, in perfetta sintonia con quanto si pensa della cricca eurocrate a Mosca, ecco che l’Orso russo dalle zanne rinate diventa il faro e il rifugio di tutto ciò che, di estrema destra e non, schifa questa Europa, trainata nella polvere dalla cupola bancofinanziaria che privilegia la più potente America.  Partendo dal performer d’avanspettacolo Salvini, la cui unica mossa non ignobile, per quanto strumentale, è l’opposizione alle sanzioni-autogol alla Russia, che gli Usa commissionano all’UE, Caldiron sale la scala dell’abominio ideologico-diplomatico di Putin per strapparsi i radissimi capelli democratici sugli incontri che qualche funzionario russo ha avuto con esponenti del fronte anti-UE e anti-Euro, di destra o sinistra che fossero. Sono concetti correttamente politici, non c’è niente di eticista, posizioni che nobilmente aborrono la tattica di “il nemico del mio amico è mio nemico”. Sono geopolitici di vaglia, vero? L’intesa tra gli eredi di Hitler in Italia, Ungheria, Germania, Regno Unito, Francia con l’Hitler supremo di Mosca la garantiscono le ucraine di Maidan FEMEN e le russe Pussy Riot. 

Magari domani ci riveleranno qualcosa anche sul nuovo governo di Kiev, che ai ministri dell’Ordine Pubblico nazisti ha ora affiancato un terzetto di viceré della colonia: per le Finanze Natalie Jaresko, diplomatica Usa, banchiera e presidente di un fondo d’investimento privato; per l’Economia Aivaras Abromavicius, un banchiere d’investimento lituano, per la salute Alexander Kvitashvili, altro banchiere, georgiano. Si occuperanno del pane che arriverà ai cittadini ucraini. Cose che, nel suo reportage da Kiev sul “manifesto”, l’occhiuto Vauro non ha notato, come non ha visto un nazista in tutta la città, pur ammodernatasi e democratizzatasi sotto gli stendardi SS che infiorettano la capitale. Del resto non era stato, Vauro, prodigo di lodi per l’altra “Ucraina”, quell’Azerbaijan del tiranello fiduciario di Washington Alyev, della dinastia degli Alyev, che, ogni due per tre, minaccia di saltare addosso alla filo-russa Armenia, spadroneggia su un impero di petrolio e di turbe affamate e che ora ci spara un oleodotto che deve far secco il South Stream, tubo russo per l’Europa, molto meno costoso e più munifico, ma non aperto o chiuso da Obama.

A chi "Servizio Pubblico"?  Ad Avaaz
A proposito di queste garrule esibizioniste anti-russe, ora in parte trapiantate nei paesi dei loro mandanti e sponsor, va infine menzionato il concorso alla campagna Cia della nota Giulia Innocenzi, succedanea di Santoro con “Anno Uno”, ex-Giovani Democratici del PD, ex-membro della giunta dei Radicali, già bocciata all’esame per giornalisti professionisti. C’è nella trasmissione un crocchio di ragazzotti che occhiutamente la conduttrice rastrella per far da coro alla recita del confronto con sia l’agnello sacrificale (tipo Travaglio o Landini), sia l’eroe di giornata (Renzi e rincalzi). L’altra volta, qualcuno dei coristi ha tralignato e ha espresso razionali riserve sul panegirico tessuto da Giulia a queste versioni trash di un femminismo da tempo degradato in lobby maschilista di potere. Le tre trucidone ucraine avevano da poco grufolato in topless anche in Piazza San Pietro. Ma come stupirsi quando si sa che la madamigella è la capa in Italia della sedicente Ong “AVAAZ”, quella che ti infesta in rete, su FB, ovunque, per chiederti la firma sotto appelli-antipasto per “Gli orsi bruni in Trentino”, “I cani sterminati in Romania”,  per piazzare poi l’appello-piatto forte contro “Assad assassino del proprio popolo”, tipo tredici colpetti al cerchio e una mazzata alla botte.

Avaaz, altra creatura di Soros, sul piano dello spionaggio universale Usa si occupa di raccogliere dati personali attraverso l’invito in rete a firmare petizioni (chi firma diventa subito bersaglio permanente). Alla testa di Avaaz negli Usa stanno personaggi già coinvolti nei governi o nella finanza di Wall Street e tra i suoi fondatori ci sonoTom Ferriello, parlamentare del Partito Democratico, a favore della guerra all’Afghanistan, e Tom Pravda, già consulente del Dipartimento di Stato. Di tutte le guerre d’aggressione Usa e Nato e di tutti i conseguenti genocidi Avaaz è stata ferma sostenitrice e propagandista delle colossali menzogne. Tra gli obiettivi colpiti e affondati Saddam e Gheddafi, tra quelli da disintegrare Assad, Morales, Maduro, Correa, Kirchner, gli iraniani e, ovviamente, Putin.

Dov’è la testa del pesce marcio?
“Capitale corrotta - nazione infetta” era il detto-sentenza pronunciato dall’Espresso a metà anni 50. Oggi ci pare rappresentare la descrizione di un giocondo giardino d‘infanzia, a dispetto di tutte le malefatte democristiane, dalla fucilazione di manifestanti alla complicità con la sedizione fascista e l’eversione di Gladio e Stay Behind (dispositivo USA non tanto contro l’irreale “invasione sovietica”, quanto in vista dello Stato di Polizia a reazione di insorgenze e affermazioni elettorali antagoniste, o di impertinenze in politica estera (Mattei). Oggi si direbbe capitale tumore – nazione metastasi. Ci vuole parecchia distrazione per scoprire dagli arresti di massa nella capitale in questi giorni, come il carcinoma che si sta mangiando il corpo agonizzante della nazione, sia composto da cellule anche formalmente criminali, oltreché da cellule politiche solo sostanzialmente criminali, da cellule imprenditoriali anch’esse solo sostanzialmente criminali, da Coop rosse sostanzialmente criminali e da criminali formali del terrorismo nero. Alla luce della neoplasia scaturita dalla piovra piddina fascio-terroristico-mafiosa, si intuisce facilmente perché questa consorteria voleva far fuori il sindaco Marino. Dai tempi del primo pesce, quella che puzza è la testa.

Qui abbiamo tutto un paese in mano a drangheta e mafie associate, un paese in agonia che l’ambulanza mandata dal Centro Direzionale sta portando verso il ciglio del burrone. Alla guida uno squilibrato sociopatico con le cuffie che gli dicono dove girare.

Un abbraccio a Turi Vaccaro, militante No Tav e No Muos

Turi Vaccaro rifiuta gli arresti domiciliari

Tratto in arresto per aver violato le recinzioni della base Muos, nel tentativo di piantare semi nel terreno della base americana, Turi Vaccaro ha rifiutato gli arresti domiciliari, ed è stato trasferito nel carcere di Gela.

Rifiuta gli arresti domiciliari che gli erano stati notificati dalla Questura di Caltanissetta attraverso il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Niscemi e viene tradotto nel carcere di Gela, Turi Vaccaro, che ieri pomeriggio alle 13.00, violando la base NRTF-8 di Niscemi, ha interrato delle palline d’argilla contenenti semi di piante e messo KO la “grande signora”ovvero l’antenna Verden, quell’antenna LF alta 140 m. che permette i collegamenti con i mezzi sottomarini operanti su mezzo pianeta.
È stato tratto in arresto, Turi Vaccaro, “per essersi reso responsabile del reato di danneggiamento aggravato di cose destinate alla pubblica difesa, utilizzando, fra l’altro, anche un masso, ingresso arbitrario, in luoghi ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato, del reato di interruzione di pubblico servizio, avendo indotto i militari statunitensi di stanza nella Base militare statunitense di C.da Ulmo ad interrompere le comunicazioni radio delle antenne ivi insistenti, ordinariamente serventi le missioni NATO, U.S.A. ed italiane, in Nord Africa, Sud Europa e parte del Medio Oriente, nonché per l’inosservanza di provvedimento dell’Autorità, poiché lo stesso non adempiva a F.V.O., con divieto di ritorno in questo centro , emesso dal sig. Questore della Provincia di Caltanissetta.
Questo è quanto recita il verbale di “sottoposizione agli arresti domiciliari”, rifiutati come abbiamo detto, operato nei confronti di Turi Vaccaro.
Turi Vaccaro è un ex operaio della Fiat, nato a Marianopoli, un piccolo centro della provincia di Caltanissetta che conta poco più di 1.900 anime.
Di origine siciliana, dunque, ma torinese di adozione, appassionato di discipline orientali, iniziò nel 1982 la sua esperienza pacifista a Comiso a fianco del reverendo  Gyosho Morishita dell’Ordine dei monaci buddisti “Nipponzan Myohoji e con lui spesso ha condiviso e condivide l’uso della pagoda della Pace che, posta su una collina,  domina la  Piana di Comiso davanti all’ex base missilistica.
Dagli anni di Comiso, non si contano le sue azioni. La più clamorosa, nel 2005, quando si introdusse di soppiatto in un hangar della base militare di Woensdrecht, in Olanda, disarmò due F-16 prendendoli a bastonate con una mazza comprata ad Assisi.
“L’ho fatto secondo il nostro principio: trasformare le spade in aratri” disse e  finì in carcere per qualche tempo. Ritornò in Val Susa a piedi scalzi e con un flauto. Quello stesso anno, a giugno, finì sulle prime pagine di tutti i giornali perché, da solo, evitato il cordone di poliziotti,  era riuscito a bloccare una ruspa che stava abbattendo i blocchi dei No Tav alla Maddalena.
In mano aveva una bandiera ed un aglio “per benedire i macchinari”, disse.
Ad agosto del 2011 salì su un cedro, a venti metri di altezza, nei pressi del cantiere del Tav a Chiomonte, in Val Susa e li rimase per tre giorni e due notti, facendo lo sciopero della fame e della sete.
Quindi a marzo 2012 (sempre a Chiomonte) si arrampicò sul traliccio dal quale circa una settimana prima era caduto il leader No Tav Luca Abba. Turi rimase su quel traliccio, per 16 ore e venne giù solo grazie all’intervento di Don Ciotti.
Questi tre episodi costarono a Turi Vaccaro, a marzo del 2012, un foglio di via obbligatorio da parte della Questura di Torino, con divieto di ritorno in Val Susa per un anno.
In quell’anno tornò in Sicilia ed iniziò le sue azioni a fianco degli attivisti No Muos, contro le 46 antenne già esistenti e le allora “costruende” parabole del MUOS.
Dal 22 aprile 2013, innumerevoli le azioni non violente che lo hanno visto protagonista, azioni destinate a portare avanti le istanze degli attivisti No Muos.
Quel 22 aprile, Turi Vaccaro, entrò nella base di Niscemi con l’attivista Nicola Arboscelli e, insieme ad altre due attiviste, presero posto  su due delle 46 antenne del sistema U.F.O. poste all’interno della base NRTF-8 di C.da Ulmo.
Danneggiamento aggravato, resistenza al pubblico ufficiale,  ingresso arbitrario in luoghi dove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato”,queste le accuse ricevute in quel primo episodio niscemese, mentre l’ambasciata statunitense condannava  l’accaduto: “E’ un atto illegale e irresponsabile” ed il Ministero della Difesa italiano si limitava a ribadire  che quella di Niscemi era una “struttura indispensabile”, indispensabile a chi, non è mai stato dovuto sapere.
L’8 maggio 2013 è ancora  a Niscemi, Turi Vaccaro e si lancia sotto uno dei mezzi militari che trasportava fuori dalla base il cambio del personale americano. Fu salvato dal pronto intervento di un altro attivista che riuscì a segnalare in tempo al poliziotto, alla guida del mezzo, quello che stava accadendo.

Altro arresto a Gela il 10 luglio dello stesso anno, nel corso delle commemorazioni per lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Anche in questo caso, l’accusa fu di danneggiamento e resistenza al pubblico ufficiale. Vaccaro era  salito sul tetto di un mezzo militare dal quale era stato prontamente “tirato giù” dalle forze dell’ordine e tratto in arresto.
Un arresto, non convalidato dal GIP di Caltagirone, che venne trasformato in un “foglio di via” che avrebbe dovuto tenere lontano l’attivista da Niscemi, per  tre anni. Ma così non è stato. Turi Vaccaro è ancora presente in una “violazione” della base, il 7 agosto del 2013, e ancora l’8 agosto 2014, entrambe alla vigilia delle due grandi manifestazioni  nazionali, contro le parabole del Muos

TALIS PATER TALIS FILIUS

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“Possiamo facilmente perdonare un bambino che ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della luce” (Platone)

“Roma candidata alle Olimpiadi del 2024. L’inno della cerimonia inaugurale sarà eseguito dalla Banda della Magliana”. (www.spinoza.it)

Forza Giulietto!
Subito un grido di solidarietà a Giulietto Chiesa e di vituperio ai nazi-nostalgici Nato estoni che lo hanno arrestato a Tallin e poi espulso come “persona non gradita”. E chissà come se ne sono compiaciuti  i sinistri e destri nostrani cui l’ex-corrispondente da Mosca giorno dopo giorno strappa un indumento del travestimento. Da anni sono amico e ammiratore di Giulietto, col quale ho condiviso molti palchi venendo illuminato dalla sua profonda conoscenza della geopolitica in generale, delle apocalittiche nequizie dell’imperialismo e della corretta assegnazione di torti e ragioni tra Russia, altre nazioni aggredite e Occidente. Una delle poche voci competenti, oneste e coraggiose in un contesto giornalistico tra le cui eccellenze spiccano l’ignoranza, la malafede e il servilismo. Sullo sfondo di un tutore-padrone Usa, di cui uno strappo nell’omertà parlamentare ha confermato efferatezze e crimini, che possono suscitare sorpresa e indignazione solo tra sguatteri e diversamente vedenti, si rincorrono gli apprendisti a emulare il loro stregone. Nello specifico i proconsoli estoni, ucraini e turchi delle marche imperiali si affrettano a inserire nel cursus honorum del neonazismo in fioritura il proprio contributo. A cominciare da chi fuoriesce dal seminato della menzogna coltivato dagli Stati di Polizia. Nello specifico dei revanscisti di Tallin, Giulietto è colui che sulla demolizione del menzognificio sulla Russia e sul disvelamento delle strategie di dominio e di guerra occidentali ha impegnato la propria esperienza, competenza, correttezza deontologica.


Ricordo una mia esperienza analoga e che corrobora il significato di quanto succede a giornalisti non prezzolati con soldi o benevolenza. Qualche giorno dopo la fine della Guerra dei 6 giorni (giugno 1967), fui fermato ed espulso dal regime israeliano. Avevo cercato di dare un contributo alla verità, come Giulietto ha fatto a Tallin nella conferenza sulla Russia. Avevo detto a un ufficiale israeliano che, davanti alla lunga teoria di corpi disseccati dal sole di soldati egiziani caduti, aveva inneggiato al “solo arabo buono, quello morto”, che non ero amico di un Israele da lui rappresentato.. E avevo risposto ai suoi cazzotti. La Gestapo non è mai morta. Ma sta dalle nostre parti, non in Russia.

Dalle esposizioni di Giulietto spesso il pubblico viene via con un senso di smarrimento e angoscia. Anch’io l’ho considerato a volte un catastrofista dal bicchiere un po’ troppo vuoto. Ma man mano che la denuncia di questo profondo conoscitore della scena geopolitica mondiale combacia con una realtà che vede gli evasi dal manicomio criminale Usa-Israele-UE baloccarsi sulla fune con la bomba atomica e con l’annientamento del pianeta militar-climatico, le fosche previsioni di Giulietto acquistano corposità. E dispiace, su questo sfondo, che esponenti del M5S, spesso gli unici a esternare posizioni accettabili di politica internazionale, si facciano irretire dal barluccichio degli specchietti delle allodole 
Senza parlare del pur occhiuto Beppe Grillo che rimprovera al papa di non aver ricevuto il caro Dalai Lama, erede, stipendiato Cia, della più tirannica dinastia feudale di tutti i tempi.

Vorrei che sul Dalai Lama Beppe rispondesse con l’eleganza e l’intelligenza di Silvia Chimienti che, alle mie contro-osservazioni, ha replicato assicurandomi con grande garbo che si sarebbe documentata su altre fonti. Potete immaginarvi, dai neodemocristiani al cubo sedicenti sinistri o destri, tanta intelligente disposizione all’ascolto di opinioni opposte ? Viva Chimenti.

I divoratori di paesi, i padrini degli Erdogan, dei Renzi, dei satrapi del Golfo, della nazi-giunta di Kiev, dei dittatori e ladroni di mezzo mondo, ingrassano anche grazie a chi si accontenta dell’informazione main stream.. Noi, come a Silvia, chiediamo ai suoi colleghi solo di assumere il ruolo di chi, responsabile di fronte ai suoi elettori e portatore di verità che smascherino i simulatori, sa che, se non si impegna a uscire dal conformismo dell’informazione, viene meno a quella responsabilità e a quella verità. Confronti le immagini e la frequenza degli interventi della polizia russa, con quelli che vede ogni giorno da noi, dalla Valsusa agli ammalati di SLA, o ai terremotati dell’Aquila, o con i 600 assassinati inermi dalla polizia Usa ogni anno. Poi vada a vedere da vicino la storia delle Pussy Riot (youtube sull’orgia nel museo della memoria, l’espatrio e le coccole in Occidente a missione compiuta, alla pari delle FEMEN ucraine, ora parigine). Utile sarebbe anche studiare il sistema elettorale russo, mai contestato da osservatori, le articolazioni della sua democrazia. Al di là di ogni altra valutazione, poi, l’indefessa difesa della pace contro la protervia aggressiva dei nuovi colonialisti, dalla Siria e dall’Iraq, predati dai mercenari imperiali, all’Ucraina farcita di squadroni della morte nazisti e dai rispettivi istruttori delle Forze Speciali angloamericane. E poi non vale forse il sillogismo: Renzi conta balle, Renzi è l’uomo di Usa e UE, gli USA e la UE contano balle?.

Paesi che hanno collaborato ai sequestri Cia e alle carceri segrete della tortura.

Armi di distrazione di massa
Venendo al nostro argomento centrale, c’è da constatare una volta di più la differenza che corre tra servo e padrone, quest’ultimo ovviamente sotto la ferula del superpadrone dell’Anonima planetaria a delinquere. Alla vigilia del fattaccio epocale “Rapporto sulla Tortura Cia del Comitato del Senato per i Servizi Segreti su Rendition, Detenzione e Interrogatori”, il sistema è corso ad approvare un documento del Congresso, approvata a stragrande maggioranza, che denuncia la “continua aggressione russa alla sovranità, indipendenza e integrità territoriale dei suoi vicini”. Invece,  nell’immediato dopo-deflagrazione dell’agghiacciante scandalo, ecco che il parlamento Usa, nei suoi due rami, approva all’unanimità nuove, più pesanti, sanzioni alla Russia. In sostanza una dichiarazione di guerra in progress. Due missili lanciati contro Mosca ai quali resti appesa l’attenzione dell’opinione occidentale, vuoi trepidante, vuoi facinorosa, onde deviarla dalla scoperta (per noi, conferma) degli Usa Stato più canaglia del mondo. Non scordiamoci che è dopo la rivelazione dei patrioti dell’umanità, Snowden e Assange, sull’intelligence Usa impegnata, con l’ascolto-controllo universale, a strapparci l’ultimo briciolo di privacy e libertà, che ci hanno affumicato gli occhi con il colossal  della vittima ucraina dell’orso russo. E perfino il clamoroso testa-coda di Obama-Raul su Cuba potrebbe esser visto nell’ottica della distrazione di massa dalle evidenze in cui annaspano gli Usa sui crimini commissionati dai nazi ucraini o dai lanzichenecchi pseudo-islamisti Come anche dai problemi inflitti al socio di maggioranza Netaniahu dalla grandinata di riconoscimenti europei dello Stato di Palestina. Ne parleremo la prossima volta.

Non bastasse a rinvigorire il tremore occidentale di fronte al moloch russo, ecco che a paura si aggiunge panico mediante l’attivazione dei propri provocatori False Flag. In Australia il sequestro, con programmata uccisione del protagonista e dei suoi ostaggi, fatto fare a un fantoccio finto-jihadista finto-anti-occidentale. Nessuno ricorda che, quando conveniva, gli avevano fatto fare anche il “dissidente democratico anti-iraniano filo-occidentale” e che la polizia lo teneva d’occhio 24 ore su 24 per una serie di reati. E poi, guarda la sfiga, gli è scappato dai radar proprio mentre doveva alimentare con i suoi sfracelli, l’islamofobia universale.   Poi, a rincalzo, la strage di 140 cadetti militari in Pachistan (non “bambini”, ma adolescenti delle Medie e Superiori), per un altro bidone di benzina sul fuoco  della psicosi “mamma, li mori!”


Rispetto alla pantegana USA, con zoccola britannica in coda, i nostri praticoni della distrazione di massa sono sorci di dispensa. Chiarito al volgo e all’inclita, per l’ennesima volta, che a Roma e dappertutto classe politica, apparato amministrativo, apparato burocratico e classe imprenditoriale sono alle dipendenze della criminalità più o meno organizzata con il concorso dei servizi, anche Usa,, a sua volta tentacolo dei signori nel tempio (e sinagoga), cosa s’inventa il capo della banda come diversivo? Un po’ di Marò, da farci tirare fuori il petto sopra la pancia avvizzita, e un bel po’ di Olimpiade da far sorgere splendente dalla cloaca in cui sguazza la nostra mafioeconomia. Si badi, però, non è solo per gonfiare le tasche dei sodali, o propinarci illusioni di magnifiche sorti e progressive. Riandate a Londra 2012. E’ stato il perfezionamento della moderna strategia olimpica di sconvolgere l’assetto sociale del territorio; gentrificazione dei quartieri interessanti con espulsione di migliaia di residenti verso periferie da sottoporre a controllo sociale militarizzato, anche in vista di guerra di bassa intensità.  

Alla luce di questi due soli tricolori, con le stellette e i cerchi  olimpici,fiammeggianti nel cielo della patria, come non restare abbagliati e ridurre la notizia delle storiche scelleratezze del padrone a fugaci cenni in pagine interne, longevi come mosche (il “manifesto”: due mezze colonne il primo giorno, punto.). Eppure se l’orrore Usa è brodo riscaldato per chi ha percorso a occhi aperti secoli di nefandezze genocide della classe dirigente statunitense, dall’annientamento dei nativi, all’annuale guerra d’aggressione, dai 150 interventi armati o golpisti dal 1945 ad oggi, all’impestamento chimico e atomico dell’intero pianeta, per i distratti avrebbe dovuto apparire un bagliore nucleare. Ma come, la “madre di tutte le democrazie”, la massima sostenitrice dei diritti umani, la campionessa degli interventi umanitari e della esportazione di civiltà e libertà, i nostri liberatori! La Shangrilà di Renzi e soci, di Travaglio e Colombo e soci, di Marchionne, Pannella (dopo Israele) e Dalai Lama! Di Malala e Khodorkovsky!

Forse alle nequizie degli anglosassoni ci abbiamo fatto il callo. Forse ci abbiamo verniciato sopra un po’ di Bob Dylan, Kennedy e Martin Luther King. Forse è troppo spaventoso lo scenario per aprire gli occhi e vedere che nel day after della libertà ci siamo già e a quello della vita ci stiamo arrivando pancia a terra. E se c’è chi, in Italia, fa filtrare un po’ di luce tra le nuvolaglie nere, il M5S, come in Spagna il gemello “Podemos”, strabici preferiamo fuochi fatui, come Tsipras o Salvini, senza capire che sono la Coca Cola Light preparataci dagli psiconarcos per distrarci da un buon vino novello nostrano..  La benevolenza dei media per nemici di comodo come la False Flag capitalista “L’altra Europa” della Bilderberg Spinelli e dell’eurista-Nato Tsipras, addirittura la frenesia con cui il più cospicuo Salvini, metamorfizzatosi da celtico a italiano, da secessionista a nazionalista, viene pompato dalla prima all’ultima vetrina promozionale tv, servono alla stessa causa dello scouting di Renzi tra i parlamentari 5S (con ultimo risultato Currò,che, votando istantaneamente per la politica estera dei subimperialisti europei, non ha neanche tentato di coprire un po’ le vergogne): strappare al M5S la bandiera dell’unica vera opposizione, buona o cattiva che sia, fate voi, ricondurre tutto alla normalità euroatlantica napolitanesca.

Cominciamo con i torturatori anglosassoni – statunitensi e britannici uniti  - ché poi è da quello stregone che sono stati partoriti tutti gli apprendisti che oggi infestano il mondo tra Kiev, Tel Aviv e Stato islamico. Per quanto, a pensarci, non è che gli europei non siano stati degli antesignani. Dalle Crociate a Graziani in Libia e Churchill in India e Iraq, non ci siamo fatti mancare niente di una macelleria nella quale tre secoli fa è entrato anche il socio statunitense. Né ci facciamo cogliere impreparati oggi, se è vero che quasi tutti i paesi europei, Italia inclusa, hanno contribuito alle operazioni Sequestri (rendition), Scomparsa in carceri segreti, Tortura, Assassinio. Sotto Bush e Obama le carceri segrete dalla Polonia al Vietnam hanno eguagliato il primato delle 900 basi Usa sul groppone dl mondo.

Non fosse stato per il diversivo Olimpiadi e il deposito di Paperone fatto intravvedere alla banda bassotti tra i cinque cerchi, non fosse per aver dovuto partecipare agli anatemi strillati dai robotini sul caminetto di Renzi, Mogherini, Pinotti e Gentiloni, per avere la Corte indiana negato le ferie di Natale e la tredicesima ai due contractors  italiani che hanno fucilato pescatori indiani disarmati (ma “il manifesto”, oculatamente, scrive:”Uccisi in uno scontro a fuoco”), l’occhiata nell’oceano nero dei crimini Cia avrebbe potuto spingere perfino un Furio Colombo a dirottare verso Guantanamo (o decine di altre Guantanamo) il convoglio di scolaretti in missione ad Auschwitz. Come passare dalle elementari all’Università in quanto a volume, qualità e durata dei corsi: rottura delle ossa dei piedi, strappo delle unghie, posizioni di stress, appesi per i piedi, privati o accecati dalla luce e assordati da fragori 24 ore su 24, sodomia con bastoni, alimentazione forzata rettale, finto annegamento (a Sheik Mohammed, etichettato “mente” dell’11/9, 183 volte, per cui avrebbe anche detto di aver venduto come prosciutti le cosce affumicate della madre), ambienti gelati, ambienti roventi, chiusura per settimane in scatole di 90x90x90cm, buca della tigre, minaccia di stupro o uccisione dei famigliari, finte esecuzioni, privazione del sonno fino a 180 ore, bastonate, somministrazione di sostanze che provocano allucinazioni, paranoia, insonnia, automutilazione, suicidio. E 100 detenuti torturati a morte in tre anni. Mentre non c’è criminologo onesto che non abbia riconosciuto la totale inefficienza della tortura per raggiungere verità, perché sotto tortura si racconta quello che al torturatore è stato ordinato di estrarre. Lo scopo della pratica è da sempre quello.

Talis pater talis filius
E non bastano le 700 pagine del rapporto per includervi anche gli atti analoghi insegnati e fatti eseguire ai propri ascari indigeni in America Latina, Indonesia, Filippine, Yemen, Medioriente. Il contratto-base per gli psicologi assunti dalla Cia perché istruissero le pratiche sui detenuti era di 81 milioni di dollari in tre anni. Per una tale cifra quale buon cittadino patriottico non avrebbe strappato qualche unghia e rotto qualche osso? E non pensate che,  per laurearsi mercenari Usa, sotto Falsa Bandiera Isis, o Contras, o Bokko Haram, o “taliban” pachistani, o SS est-europei, non ci si sarebbe dovuto formare sui manuali di Langley e del Mossad? Le decapitazioni e gli scuoiamenti praticati dagli jihadisti, come in Messico i roghi di studenti prima torturati, come da noi e in tutto l’Occidente la studiata brutalità di poliziotti, ormai forza armata anti-opposizione, hanno la loro matrice storica in quanto la Chiesa ha fatto fin quando ha potuto, e il loro referente attuale nei recordmen denunciati dal rapporto del Senato Usa. In questo ordine di cose entra tutto il terrorismo del mondo. Un terrorismo che persegue gli stessi scopi dell’incendio dell’auto appiccato dal racket: spingerci verso la sottomissione, verso l’accettazione della schiavitù. “Non c’è alternativa”.

Vi rientrano il falso jihadista di Brisbane (tenuto dai servizi australiani al guinzaglio della fedina penale) e il falsi Taliban di Peshawar. I Tehrek–e-Taliban sono una coalizione spuria di bande, alcune aderenti all’ISIS, aperta a ogni sorta di infiltrazione, che da tempo, a suon di bombe nelle moschee e nei mercati, fornisce alibi alla repressione militare di una popolazione che non sopporta il giogo del regime filo-Usa. Gli autentici Taliban, gli afghani di Mullah Omar, ne hanno preso le distanze, come hanno già respinto ogni affinità con lo Stato islamico. Ma questo i media lo hanno occultato: troppo golosa era l’occasione per criminalizzare la resistenza afghana buttando tutti nello stesso calderone.

E, a proposito di scuola (di “Scuole delle Americhe”. Come quella nota per i corsi agli aguzzini sudamericani e che col traffico della droga pagava i Contras, ce ne sono a bizzeffe), scendendo per li rami della gigantesca pianta saprofita anglosassone-ebraica, ché, non si vede il DOC Usa, quello che contrassegna i manganelli e lacrimogeni dei nostri gendarmi da Genova-G8 in poi, che ormai crocchiano chiunque si azzardi a muoversi in gruppo fuori dai marciapiedi? Non stanno alla polizia Usa, che fucila neri e “sospetti” disarmati al ritmo di 600 all’anno, come l’esecutore jihadista di “infedeli” sta ai disintegratori USraeliani di arabi all’ingrosso? Le armi usate dall’ “esercito più morale del mondo”,  che ho visto in Libano e Gaza penetrare senza dare nell’occhio e poi far marcire gli organi interni a uno a uno, non trovano precursori nei Taser elettrici e nel peperoncino di forze dell’ordine ancora restie a mitragliare?
 Netaniahu e combattente IS ferito

Passando a quelli che si sono rubati la terra tra Mediterraneo e Giordano, che rapporto corre tra i tagliateste di ISIL-Al Nusra e un Netaniahu che va a omaggiare il ferito jiadista, uno dei 350 a oggi ricoverati nelle cliniche da campo israeliane sul Golan e che poi, ricuciti, vengono rispediti a tagliare le teste agli indigeni che si frappongono tra Giordano e Golfo. Del resto quale migliore intesa nella visione del mondo che quella tra equipollenti fanatici della teocrazia e della conquista del mondo? Gli sterminii di seguaci dei monoteismi, titolari millenari di vita e di morte su tutti gli altri, da sempre si rincorrono ed emulano, con più medaglie d’oro ai cristiani che a qualunque altro. E qui la primazia va inesorabilmente a quella Bibbia, sanguinaria, manipolatrice, guerrafondaia, leggenda costruita a posteriori, che il buffone di regime sta tornando a scagliarci addosso dagli schermi tv, rifilandoci un dio d’amore come quando Dick Cheney parla di “eroi della Cia”.  Sotto gli sproloqui turibolari del pagliaccio di corte (hanno  la stessa funzione restauratrice delle stanche, ma ricorrenti campagne anti-AIDS) , l’intento vero: un bell’uno-due al corpo di coloro che si permettono di pensare a Israele come a una psicodittatura di guerra, al Vaticano come suo prolungamento di massa e al Dio Unico come al trucco dei vampiri.

ISIL e padrini
Vogliamo credere che i crociati islamisti ce l’abbiano, come proclamano, oltre che con Washington, Londra e Roma, con la Gerusalemme giudeizzata? Vogliamo far passare l’interessamento del premier israeliano ai feriti jihadisti per slancio umanitario? Ma gli antisionisti con medaglia d’oro non hanno mai sparato un colpo contro Israele, neanche con la cerbottana a piselli. E Netaniahu non si è limitato ad accogliere e curare i presunti nemici mortali di Israele e dell’Occidente. Cosa ci fanno, in mano ai tagliagole le armi terra-terra e terra-aria israeliane? Come sono arrivati a Daraa e a Quneitra sul Golan i sofisticati apparecchi israeliani per comunicazione e intercettazione? E’ un caso che i ricorrenti bombardamenti israeliani sulla Siria abbiano aperto all’ISIL la strada della fuga o dell’attacco, o abbiano distrutto armamenti siriani da utilizzare contro questi forsennati anti-sionisti e anti-occidentali?

E’ una coincidenza che il Gauleiter Nato Erdogan, il decimatore di giornalisti, giudici, cittadini, primo organizzatore e fornitore dello Stato Islamico, colui che fa ai curdi ciò che Himmler faceva a ebrei e diversamente tedeschi sia, al di là dei mugugni propagandistici su Gaza, il partner strategico di Israele nella regione? E’ stata una distrazione quella del leader in Siria di Al Nusra-Al Qaida-ISIL quando ha promesso il Golan, tutto, a Israele in cambio di appoggio, armi, sanità e intelligence? 

E non c’è sinergia strategica tra Israele e Turchia quando il primo copre i mercenari Nato con rifornimenti e incursioni aeree e la seconda concorda con “l’opposizione siriana” l’agognata “zona cuscinetto” (40km2) nel limitrofo territorio siriano, da cui la no-fly-zone per neutralizzare l’arma vincente di Assad, l’aeronautica, cose che erano state programmate a Washington fin dal 20111? L’Onu, l’altro giorno, ci ha messo il solito suo approvando una risoluzione che permette alle cosiddette Ong e agenzie Onu di fare entrare “aiuti” in Siria attraverso varchi in Turchia, Iraq e Giordania, senza l’autorizzazione del governo siriano. Il cerchio sulla libera Siria si va stringendo. Ha da venì Baffone.

E come sono arrivate, nuove di zecca, armi statunitensi ai miliziani ISIL che assediano Samarra in Iraq? E visto che l’ISIL è bloccato, sia in Iraq dalle forze irachene e volontarie scite e iraniane,  sia in Siria a Kobane dai curdi siriani, mentre i finti bombardamenti franco-anglosassoni sull’ISIL gli fanno un baffo e però polverizzano le infrastrutture e le industrie siriane, ecco che il famoso “No boots on the  ground” (niente militari sul terreno) di Obama si evolve in “Many boots on the ground”: alle migliaia di soldati Usa ora arrivati tocca assicurarsi che gli apprendisti dell’ISIL non trascendano e si porti a compimento il piano iniziale: nella tripartizione dell’Iraq, oltre al protettorato israeliano curdo e allo spezzone scita strappato all’influenza iraniana, un terzo sunnita convertito in marca imperiale moderata e petrolifera alla saudita.


Dick Cheney, l’ex-vice e mano nera di Bush l’Idiota, del rapporto ha detto “Tutte cazzate. Ritengo eroi quelli che, con gli interrogatori, ci hanno salvato da migliaia di attentati terroristici” (bum!) “ e “chi dice il contrario non fa che sostenere il terrorismo e aiutare i nostri nemici”. Un po’ come Renzi quando ci dice che Jobs Act, Sblocca Italia, Italicum, sono stati fatti dalla coppia Garibaldi-Calamandrei. Un po’ come Napolitano che, in preda a indefettibile imparzialità, tira un pochino le orecchie al verminaio criminale spurgato da Roma, per poi avventarsi sui “populisti” e “antipolitici” (leggi Cinque Stelle) come Ugolino sul cranio dei figli. L’eversione sarebbero loro, i figli, mica chi ci solleva dal problema del pasto al giorno cacciandoci in gola tonnellate di fuffa alla nitroglicerina, aureolate da “riforme” dal valvassino sul Quirinale. Colui cui, con felice battuta, Beppe Grillo ha chiesto di costituirsi. Sacrosanta pretesa. Ed è da questo pulpito affollato dai licantropi che si bombardano di sanzioni genocide tutti i paesi e popoli che non rinunciano alla dignità e a modi accettabili di convivenza umana e che non considerano i diritti umani alla stregua di Usa ed UE: Tutti, in ogni caso, infinitamente migliori dei sanzionatori.

VALSUSA: HASTA LA VICTORIA SIEMPRE! CUBA: HASTA LA VICTORIA SIEMPRE?

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Cortesia di Marco Scibona, senatore 5Stelle



“La storia della nostra specie e l’esperienza di ogni individuo sono colmi di prove che non è difficile uccidere una verità e che una bugia ben raccontata è immortale” (Mark Twain)

Così la Procura di Torino, impostata da Giancarlo Caselli come missile Hellfire contro i No Tav e tutta la Valsusa, salvo che contro la piovra criminale che ci pascola, passata sotto i denti da Caselli affilati di Paladino e Rinaudo che per i gli autori dell’incendio di un compressore, Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia, avevano mosso  l’accusa di terrorismo, chiesto oltre 9 anni e li avevano tenuti in carcere duro per un anno, che manco Carminati, si sono trovati una tranvata in faccia. E ne siamo tutti felicissimi, come gli irriducibili cittadini della Valle, campioni e modello di resistenza, non solo  localistica ma di sistema, in Italia e nel mondo.


Hanno invece preso 3 anni e mezzo e qui l’incazzatura supera il giubilo. Perché consacra una legalità  illegittima, d’emergenza, di parte, un diritto penale “del nemico”, che vorrà continuare a imperversare contro la Valsusa da intimidire e sottomettere, ridotta (come anche altre enclaves del diritto speciale, vedi Niscemi, Sardegna, Friuli, Vicenza) a laboratorio di una militarizzazione che mira a un assetto da imporre a tutto il paese. E altri tre, Lucio, Graziano e Francesco, restano detenuti in isolamento con le stesse accuse di terrorismo che perfino questa Cassazione aveva respinto. Il teorema dei forcaioli, graditi agli speculatori predatori della Valle, è stato incrinato, ma qui ogni oggetto in mano a manifestanti sotto occupazione militare, capace di graffiare un compressore, sporcare le scarpe a un alpino reduce dai fasti afghani, o  rischiarare la notte, diventa “arma di guerra”. E delitto di lesa maestà, dal singolo gendarme al Capo dello Stato connivente, diventa ogni mano o voce che si levi a contrastare l’ecocidio e sociocidio del proprio territorio. E’ grazie a questo stato di cose che la gioia di riavere presto i quattro compagni seviziati e avere visto digrignare i denti agli accusatori, non può occultare la consapevolezza che la guerra a bassa intensità di regime continua.

 I No Tav assolti dall’accusa di terrorismo

I No Tav, No Muos, No Triv, No Tap, No TTIP, No Poligoni, No Mose e tutti gli altri, dalle Alpi al Lilibeo e oltre, guardando alla Val di Susa e al suo quarto di secolo di resistenza vincente (il Tav ha iniziato a spegnersi a Roma e a Parigi, e solo grazie ai valligiani), traggono consolazione, incoraggiamento, rabbia, tenacia e visione da quanto è uscito il 17 dicembre dal Tribunale “Speciale” di Torino. Con un particolare grazie a Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia, a quelli che per i tribunali speciali ci stanno passando e quelli che ci passeranno, alla Valle che li ha sostenuti e li sosterrà con la lotta..

E ci offre un sorriso l’immediata risposta del regime, e dei suoi servizi di provocazione, alla disintegrazione dell’accusa di terrorismo ai No Tav, con il ritrovamento di bottiglie incendiarie sulla linea di alta velocità di Firenze. I due puntualissimi paginoni di Repubblica e degli altri giornali scandalistici, che si stracciano le vesti su Molotov e pronuncia della Corte d’Assisi torinese e s’inventano dichiarazioni anonime secondo cui l’assoluzione di Torino ora incoraggerebbe l’impunità di nuovi potenziali “terroristi”, integra la cosca di Stato addetta alle provocazioni. Questi patetici praticoni non sono che gli imbranati apprendisti dei signori di Piazza Fontana, dell’11 settembre e affini.

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Patria o Muerte
Il commento grafico del vignettista Vauro è, in tutta la sarabanda dei festeggiamenti politici e mediatici per la “distensione” tra Cuba e Usa e il ritorno degli ultimi tre dei Cincos antiterroristi sequestrati negli Usa, è  l’uscita più squinternata. Colui che si definisce “l’Ur- comunista”, l’archetipo, è riuscito a celebrare l’evento con la boiata di una crasi tra il Che Guevara e Bergoglio: un tipo con la faccia e cotta del papa e con il basco e la barba del Che.  Del resto, quella che Cuba si sia liberata di un incubo e di una costrizione ottusa e inutile agli stessi Usa e che tutto ciò si debba ai meriti dei papi conciliatori, il polacco e l’equipollente argentino, è la vulgata narrata da ogni dove, a manca come a dritta. Un po’ più flebile è l’assicurazione che “Cuba proseguirà il cammino verso il socialismo”. Come lucidità e, forse inconsapevole chiaroveggenza, prevale su Vauro perfino il successore al “manifesto”, il solitamente ermetico Biani, con il suo omino con il sigaro che dice “Cuba ha tolto l’embargo agli Usa”….

Grandi pontefici, cioè costruttori di ponti! Quale, cavando dai caveau di Cia e mafia dobloni per costruire ponti tra banditi d’Occidente e Oriente, da Pinochet a Walesa, e smantellare quel poco o molto di giustizia sociale che c’era; quale, già fiorellino bianco delle pampas ammiccante tra i fiori neri carnivori della dittatura, lanciando appelli ai leader islamici che condannino il terrorismo, per costruire ponti tra noi tutti e chi il terrorismo lo produce e conduce. Ponti da farci correre sopra convogli di superstizioni, paure, illusioni, sottomissioni.  Grandi distruttori di ogni anelito teologico e sociale liberatorio delle loro chiese in America Latina, proprio mentre si facevano vedere accanto ai rivoluzionari cubani. Alla pari dei parenti coltelli delle sette evangeliche, che ho visto colmare moltitudini latinoamericane e cubane di risposte che nella rivoluzione non cercavano più.

 Mi ricordo, durante una visita a Cuba già qualche anno fa, le chiese nientemeno che dei Testimoni  di Jehova, le più controrivoluzionarie, zeppe di giovani e famigliole. In un incontro  con il leader dei Giovani Comunisti chiesi cosa cercassero quelle persone che la Rivoluzione non gli offriva e come mai il governo non ostacolasse quegli infiltrati Usa. Rispose piatto piatto: “A Cuba tutte le religioni sono rispettate”. Non potevano mancare ii peana dell’ultrà sionista Furio Colombo, compassionevole appassionato di Rom e migranti, ma non di palestinesi sminuzzati dai suoi, agli eccelsi Bergoglio e Obama, artefici di ogni fortuna del mondo. A quel punto, tra sette religiose e pontefici dilaganti, impoverimento e sconvolgimenti economici, ai Cubani erano restati l’amore per le loro sacre icone e, come forza cementificatrice della nazione, l’antimperialismo, la resistenza agli Stati Uniti. Sopravviverà alla frequentazione di milioni di turisti yankee con i dollaroni, al fast food, ai biscottini delle agenzie di cooperazione?
 Cambiare la data in 2014

E a Colombo vanno aggiunte le messe solenni celebrate a Raul Castro e a Obama in ben 10 paginoni di Repubblica, come da tutto il coro mediatico e politico della larghe intese. Dal che si potrebbe desumere chi abbia vinto e chi perso. Siamo tutti felicissimi che, in cambio della spia israelo-statunitense Alan Gross (definita dall’ormai obsoleta spia Yoani Sanchez onesto cittadino), che aveva portato alla comunità ebrea di Cuba strumenti per l’intelligence, gli Usa abbiano liberato dopo 15 anni di sevizie in carcere i patrioti antiterroristi cubani (definiti spie dalla Sanchez). Al netto del possibile sabotaggio della fine dell’embargo e di altri fatti distensivi da parte del Congresso a maggioranza repubblicana, auguriamo all’amato ed eroico popolo della rivoluzione che, qualunque siano gli sviluppi, possa uscire dall’insostenibile situazione di malessere che soffre da vari lustri, possa conservare le salvaguardie di istruzione, sanità, alimentazione e, soprattutto, patriottismo che fino ad oggi ha difeso al prezzo di tutto.

Un malessere, una povertà gravissima, determinata in buona parte dal bloqueo, seppure da tempo molto attenuato poiché. alla fin fine, erano rimasti solo gli Usa a imporlo, mentre crescevano gli scambi con l’America Latina, con Russia, Cina, India e perfino con paesi europei. Ma, come confermano alcuni tra i migliori esponenti del socialismo cubano e latinoamericano, malessere aggravato da una burocrazia ossificata, da una corruzione endemica, dai processi di liberalizzazione e privatizzazione che avevano allargato il varco tra tanti poverissimi e pochi privilegiati, specie quelli che ruotavano intorno al turismo e si avvalevano della moneta forte. Un malessere determinato da scelte economiche sbagliate e industriali inesistenti e che non avevano mai fatto superare la condizione di dipendenza dell’isola, anche in settori (industria di base, agricoltura, beni primari, utilenseria) che, come auspicava il Che, avrebbero dovuto essere sviluppati. A condizione che la divisone del lavoro imposta dall’URSS, non si fosse perpetuata anche dopo la fine del fornitore universale.

Prima di formulare ipotesi su cosa potrebbe accadere con le relazioni tra Cuba e Usa normalizzate, conviene, per capire il percorso, rifare al volo la cronistoria di quanto è successo – e di quanto abbia agevolato l’apertura di Obama, con dietro banche,  multinazionali, Pentagono e Cia – a partire dalla successione di Raul e dei suoi generali ottuagenari ai dirigenti giovani della seconda generazione post-rivoluzione del 1959. Rivado a quegli eventi con il rischio di essere additato dai “duri e puri”, quelli mummificati in una visione stereotipata e ormai arcaica dell’Isola, che è l’ultima cosa di cui i cubani hanno bisogno, come provocatore, infedele, revisionista e, peggio, infiltrato anticastrista. Pazienza. A me interessa essere solidale con il popolo cubano, o iracheno, o siriano, o vietnamita, e non necessariamente con le sue classi dirigenti. Che sono transeunti.

Mi era già successo quando, di ritorno dal Vietnam qualche anno fa, spiegai ai bravi compagni dell’Associazione Italia-Vietnam  che quel Vietnam, Giap o non Giap, non c’era più. Che erano arrivati gli americani con le multinazionali, le banche e i campi da golf, che erano ricomparse con violenza le classi, una estesa e deprivata, un’altra fiorita nel lusso dell’economia neoliberista. Di “comunista” rimaneva solo la denominazione del partito unico. E Cuba, ahinoi, da anni declama la sua identità di vedute con il modello di Hanoi (che manda i propri ufficiali a studiare nelle accademie militari Usa) e. giorni fa, i due governi, vietnamita e cubano, hanno potenziato le loro intese politiche ed economiche, ovviamente per “avanzare verso un socialismo moderno”. Il che non inficia minimamente il dato fondamentale che Cuba è stata per 66 anni il bastione dell’antimperialismo, di una via alternativa al capitalismo e il faro delle emancipazioni latinoamericane.

Le radici del percorso dei governo cubani affondano lontane, forse risalgono perfino ai tempi dei dissensi con Che Guevara. Ma la pianta è apparsa cresciuta quando, il 2 marzo del 2009, in un sol colpo, Raul ha decapitato la direzione politica del paese e del partito. 60 ministri e dirigenti sostituiti e poi scomparsi dai radar come detriti spiaggiati. Tra questi Felipe Perez Roque, già braccio destro di Fidel, poi eccezionale ministro degli esteri e dal popolo amatissimo e considerato il naturale successore del comandante. Insieme a lui, Carlos Lage, vicepresidente e, come Perez Roque, considerato un duro della rivoluzione. Il che non ha impedito che Fidel gli attribuisse oscuri maneggi economici e intese col nemico. Chi su queste sostituzioni, opportune o sbagliate che fossero, sta lavorando si vede bene ora. Per sei mesi al popolo della rivoluzione non è stato spiegato niente di questo colossale e traumatico evento. Poi si sono tirati fuori motivi tanto irrisori quanto infamanti. Durante un po’ di baldoria i reprobi avrebbero scherzato sulle condizioni psichiche di Fidel. Il che poteva forse significare decapitazione politica sotto Hitler, ma non nella società riscattata dalla rivoluzione socialista.

Alla rimozione forzata dei giovani postrivoluzionari, fidelisti più che chiunque altro, sono seguiti provvedimenti che difficilmente si sarebbero potuti interpretare come passi verso il socialismo. In Venezuela si procedeva con le nazionalizzazioni, con gli organismi di autodeterminazione (le Comuni), con lo smantellamento dei residui di neoliberismo, con la raccolta di paesi allo schieramento antimperialista. Così in Bolivia, Ecuador, Nicaragua, attirandosi le ire vieppiù violente, sul piano golpista, terroristico ed economico, degli Usa. A Cuba si rovesciava l’intero assetto nato dalla rivoluzione e difeso tenacemente per mezzo secolo e si privatizzava metà dell’economia, con mezzo milione di “statali” mandati a farsi imprenditori. E l’Avana si riempì di quelle bancarelle di biscotti, bibite e centrini fatti in casa che avevamo conosciuto nella desolazione delle metropoli centroamericane. L’altra metà restava allo Stato, in buona parte sotto controllo dei militari di Raul. Il superamento dell’inefficienza cronica dell’agricoltura di Stato veniva affidato a privati e a investitori stranieri. Ora, dopo gli ultimi episodi, l’agrobusiness statunitense sta affilando i denti.

Pur messi in guardia dal modello nostrano delle inversioni a U, PCI-PDS-DS-PD, vogliamo credere alle migliori intenzioni dei nuovi-vecchi dirigenti cubani. Qualcuno ha sottolineato il silenzio prolungato dell’ottantanovenne Fidel, interpretandolo vuoi come effetto di un’incapacitazione psicofisica, vuoi come dissenso. Cosa, quest’ultima, che mi convince se penso alla lucidità e acutezza con cui, negli anni dei rivolgimenti del fratello, Fidel si è espresso su questioni mondiali e contro le malefatte degli Usa.Tenderei invece verso la prima ipotesi se ricordo come Fidel abbia avallato la defenestrazione dei suoi più stretti collaboratori. In ogni caso, forse sta scritto nei manuali della Terza Via di Tony Blair, ma certamente non lo troverete in nessun testo di teoria e pratica rivoluzionaria, che privatizzare e sparrtire propositi economici con gli Usa significa procedere verso il socialismo. I miracoli sono sempre possibili, ma nel Vietnam non li ha fatti nessuno.

Nel mondo gli Stati Uniti sbranano un paese dopo l’altro, impestano il pianeta di terrorismo, si agitano sull’orlo di una guerra atomica mondiale. Sono  l’unica minaccia mondiale all’umanità. Giocoforza s’impone che si stringa un’alleanza con tutti quelli, Stati, popoli, cittadini, che gli si oppongono. Molti lo fanno, rischiando o perdendo l’esistenza. Per mesi nel 2014, dopo il fallito golpe del 2002, il tentativo di strangolare il Venezuela con la serrata padronale, gli attentati terroristici, i complotti contro la vita di Chavez (alla fine riusciti), gli Usa hanno fatto mettere il Venezuela a fuoco e sangue dai loro sussidiari del padronato. Per dire poco di un assedio costante, feroce, asfissiante, alimentato a livello internazionale da campagne di oscena diffamazione. Esattamente nei giorni delle “aperture” di Obama, lo stesso liquidatore dell’embargo ha imposto nuove pesanti sanzioni al Venezuela. Il Venezuela intimo amico e grande sostenitore dell’economia cubana.

Mentre a casa  loro praticano la più feroce violenza razzista e dal “Patriot Act” in poi costruiscono, tra repressione, assassini extragiudiziali autorizzati, forze di polizia equipaggiate e addestrate come Marines a Kandahar, campi di internamento per detenuti senza processo, droni di sorveglianza,  il più grande Stato di Polizia del mondo, come alleati, vassalli e sguatteri esteri hanno, tra Kiev e Riad, le più repressive tirannie del mondo.

In Honduras hanno cacciato un presidente renitente e hanno instaurato un regime del terrore e del narcotraffico, dove si muore (specie se giornalisti o attivisti dei diritti umani) più che in qualsiasi parte del mondo. Contro l’Argentina, che intende autodeterminarsi, hanno scatenato l’asfissia finanziaria. In Brasile si sono fatti scoprire scandalosi spioni delle stessa vita privata della presidente. In Ecuador gli è fallito un colpo di Stato della polizia. Dalla Bolivia, per stroncarne le mene, Evo ha dovuto cacciare diplomatici e sedicenti cooperanti. Nutrono le proprie banche con il narcotraffico di una Colombia in cui hanno installato 7 basi militari da cui controllare e destabilizzare il continente (o bombardare l’Ecuador). Il Messico è stato ridotto dal trattato NAFTA, equivalente del TTIP destinato al nostro disfacimento, a buco nero sociale, economico, ambientale, del pianeta, con i narcos al potere grazie alla cortesia dei governanti esecutori dei diktat yankee.

E tutto questo per imporre ovunque quelli che il “conciliatore” Obama ha chiamato gli interessi dei predatori Usa, che dovranno essere promossi ora anche a Cuba e ai quali l’embargo non ha prodotto alcun vantaggio. Già, ha detto proprio così: “gli interessi degli Stati Uniti” a cui l’embargo non è servito a nulla. Ora, dunque…. Sono questi interessi che dovranno essere soddisfatti dal nuovo stato di cose. Per vedere come sono difesi gli interessi degli Stati Uniti, basta riandare, alle dittature latinoamericane dell’Operazione Condor,  alle vecchie e nuove repubbliche delle banane, al genocidio nel Salvador e in Guatemala, all’occupazione e depredazione di Haiti e, se si vuole allungare lo sguardo, all’immane mattatoio allestito in Ucraina, Libia, Siria, Iraq, agli artigli del condor che si allungano su Iran, Russia, Cina, Africa, alle condizioni a cui ha ridotto buona parte dell’Europa la ricetta economico-politico-militare del padrino Usa.

Sui blocchi di partenza del Nord America e dell’Europa già stanno coloro che andranno a godere della fitness e della wellness offerte dagli stabilimenti del benessere che promettono di essere le nuove zone franche annunciate a Cuba. Sontuosi alberghi  delle grandi catene a 5 stelle, magari con qualche casinò della nostalgia, papponi del turismo sessuale, ma ora su scala industriale, hamburger e consolle, Hollywood a Varadero, banda larga e ascolto minuto per minuto, persona per persona, a cura della NSA. Monsanto, Coca Cola e Novartis. Se a Cuba devono arrivare, come prospettato, milioni di turisti americani e decine di migliaia di rimpatriati da Miami, cosa vuoi, tocca offrirgli un ambiente accogliente e famigliare. E la Cia, e le sue agenzie, NED, House of Freedom, USAID…? Hai voglia! Chi si lascerebbe sfuggire un tale mercato vergine, un tale paradiso di bellezze naturali, un tale presidio off-shore, una tale forza lavoro a basso prezzo?

Uno s’è già messo sulla buona strada. Con la motocicletta. Ernesto Guevara junior, figlio del Che, ha subito assorbito il soffio imprenditoriale che spira dal nuovo Zeitgeist.  Con l’agenzia turistica intitolata scaltramente al nome della motocicletta con cui il Che attraversò il Sud America, “La Poderosa”, il rampollo al passo con i nuovi tempi organizza tour su lussuose Harley Davidson tra l’Avana e Santa Clara per spendaccioni che per l’epica impresa possono spendere 5.800 dollari (non i pesos trasparenti del comune cittadino cubano) per 9 giorni di inebriamento rivoluzionario. Il Che, dall’alto della sua colonna, guarda oltre.
  
 Quando Lambroso ha ragione.

Non si può essere certi di niente. E tutte le mie apprensioni potranno dissolversi al nuovo vento che contempererà aperture all’ex-nemico mortale, con la strenua difesa dei propri principi e assetti, come definiti dalle migliaia di caduti per la rivoluzione (3000 uccisi dal terrorismo Usa. Riparazioni in vista?). Che vada così, o, come molti temono, alla vietnamita, siamo stati con il popolo cubano quando si riconosceva nel suo regime. Lo saremo ancora di più, se tale riconoscimento dovesse venir meno.

TODOS SOMOS AMERIKKANOS
·         Dagli Usa giunge notizia che, caso più unico che raro, stavolta due neri hanno ucciso tre poliziotti. Potrebbero essere soddisfazioni, se non fosse che il fatto rischia di rovesciare nel suo contrario la collera antirazzista e contro la più feroce polizia del mondo, che ha acceso qualche luce in quel paese disastrato e violentato. Basta sentire il caporale di giornata di Obama, Giovanna Botteri, dagli schermi Rai. Il che suscita il sospetto di una provocazione. Poliziotti martiri che piangono gli eroici colleghi giustiziati e la nazione tutta che deve stringersi attorno ai custodi della sua sicurezza, scivolando via leggera dai fiumi di sangue di afroamericani decimati dai titolari di licenza di uccidere e diritto all’impunità. Roba seria, professionale. Questi, come Israele insegna, non ci mettono niente a sacrificare i loro, specie se è bassa forza pretoriana.
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Una volta di più, Svendola (vedi l’ottimo libro in basso, ottenibile dall’autore) si è confermato ruotino di scorta della carovana su cui ci fanno viaggiare verso il Paese dei Balocchi e dei ciuci. Non si è peritato, con una clamorosa uscita applaudita da Wall Street, Lockheed e Casa Rothschild, di nominare Prodi candidato alla presidenza della Repubblica. A parte le idiosincrasie epidermiche, quale Napolitano, JPMorgan, Goldman Sachs, Partito Unico Renzusconi, potrebbe non augurarsi sul Colle, a continuare a imperare contro la Costituzione e il suo popolo, il Grande Vecchio che ha inaugurato e gestito la stagione della disintegrazione dell’apparato produttivo nazionale, privatizzando, svendendo, disintegrando; che ha concorso, violentando un paese di pace, agli stermini bellici in mezzo mondo; che ha governato il degrado e la commercializzazione di scuola e sanità; che sguazza tra i banchetti degli eletti di Bilderberg? A proposito, la  “bomba” Svendola per Prodi è diventata sul “manifesto” due righe in fondo a un trafiletto sullo Svendola che sventra il PD.
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La nobilissima mamma di Ilaria Alpi, Luciana, un’amica,  indefessa combattente per la verità contro un regime di complici dell’assassinio di sua figlia, si è ritirata dal Premio Giornalistico “Ilaria Alpi”. Ha detto che, di fronte alla pervicace inerzia delle autorità deputate a stabilire le cause, circostanze e gli autori dell’assassinio a Mogadiscio di Alpi e Hrovatin, non vedeva alcun senso nel mantenere in piedi l’iniziativa, nata per sollecitare, denunciare, far conoscere, ma evolutasi nel segno della più vieta ritualità di regime. Ero stato inviato del TG3 in Somalia prima della mia collega al Tg3. Ilaria era giovane e alla sua prima esperienza e non condividevo la sua interpretazione della rivolta patriottica contro gli occupanti Nato come “estremismo integralista islamico”, né il suo silenzio sulle malefatte degli invasori. Ma il coraggio nell’andare a scoperchiare uno dei più infami crimini compiuti dai trafficanti italiani di armi e rifiuti tossici, ne ha fatto la legittima titolare di un premio dedicato ai giornalisti onesti. E chi è stato premiato? Christiane Amanpour (ferro di lancia bellico della CNN), Lucia Goracci, Maria Cuffaro, Amedeo Ricucci, Bernardo Valli, Toni Capuozzo, Corrado Formigli, Giovanna Botteri, Roberto Saviano, giornalisti siriani “perseguitati da Assad”. Gente che alla vittima dei nemici della verità, Ilaria, sta come l’avvoltoio alla colomba.
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 Bandiera messicana in faccia alla Nobel

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Sono state insignite del Nobel della Pace la pachistana Malala Yousafzai, che i Taliban veri hanno sempre negato di aver colpito e che la sua comunità ha respinto perché spia degli Usa, e Tawakkoi Karman, della Primavera Yemenita. Entrambe sono state festeggiate in tutto l’Occidente guerrafondaio e celebrate all’ONU, a Washington e in tour nelle capitali dell’emisfero. Entrambe si sono prodigate in espressioni di elogio per le democrazie occidentali e di anatema a chi ne sta fuori e contro. L’episodio più significativo è stato quando un giovane messicano ha fatto irruzione nella premiazione di Malala sventolando una bandiera del suo paese. A Malala chiedeva perché non denunciasse anche il massacro degli studenti messicani, vittime di un regime vassallo degli Usa. La ragazza ha risposto con il silenzio, allora e sempre. Todos somos amerikkkanos. 



NE SUIS PAS CHARLIE! Puntini sugli i di Charlie Hebdo, delle amichette dei jhadisti rapite, di Cuba, dell'ISIS, del "quotidiano comunista"

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Cento colpi di frusta, se non siete già morti dal ridere”
Cari amici, da ex magistrato che si è occupato di terrorismo di ogni genere, voglio informare gli italiani che gli attentati contro la linea ferroviaria Firenze Bologna, sono atti gravi ma non sono opera dei No Tav, ma atti della strategia della tensione per criminalizzare i movimenti No Tav e reagire alle inchieste della magistratura di Firenze e di Torino che sta indagando su gravi delitti attribuiti nelle ordinanze di custodia cautelare a funzionari ministeriali , funzionari delle stazioni appaltanti, esponenti del crimine organizzato e appaltatori. (Ferdinando Imposimato, candidato del M5S alla presidenza della Repubblica)

Io NON sono Charlie
Mentre scrivo, dai media di tutto il mondo grandina il riflesso pavloviano dei pretoriani dell’imperatore per la caterva di giornalisti e poliziotti, sinergiche colonne del regime, uccisi in quello che diventerà  l’“11 settembre” di Parigi da tre pasticcioni, poi trasformati in professionisti perfettamente addestrati, ma che si sbagliano addirittura sull’indirizzo del giornale da attaccare, lo chiedono a un operaio che poi gratuitamente ammazzano. In compenso non si sono scordati della raccomandazione di firmare l’iniziativa urlando “Allah-u-Akbar”. Nei grandi atti terroristici della Cupola operano, o agenti superspecialisti alla Mossad, che non vengono mai presi (New York, Londra), o cretini infatuati e manipolati che vengono, o ammazzati nella cattura, o waterboardati e medicati fino a confessare qualsiasi cosa.


Qui solo due veloci considerazioni. L’attentato ha colpito un bersaglio perfetto per alimentare di magma vulcanico la “guerra al terrorismo”,  tirarci dentro milionate di boccaloni destri e sinistri a sostegno di guerre e “misure di sicurezza”, fornire benzina ai piromani dell’universo mediatico e politico globalizzato. Tutto nel nome di quella sacra “libertà di stampa”, simbolo della nostra superiore civiltà, rappresentata da noi da becchini della libertà di stampa come la Botteri, Pigi Battista, Calabresi, Gramellini, Mauro, Scalfari e, nel resto dell’emisfero, da presstituti solo un tantino meno rozzi di questi. Un verminaio ora rimescolato e infoiato da un evento che gli dà la possibilità di coprire la propria abiezione con nuovi spurghi di odio e menzogne.

“Charlie Hebdo”, è una rivista satirica che ha la sua ragion d’essere nell’islamofobia, cioè nella guerra imperiale al “terrorismo” e contro diversi milioni di cittadini francesi satanizzati perché con nome arabo. Accanita seminatrice di odio antislamico, beceramente razzista, un concentrato di volgarità, vuoi di solleticamenti pruriginosi (Wolinski), vuoi da ufficio propaganda dei macellai di musulmani, al servizio del suprematismo euro-atlantico-sionista e, dunque,vessillo della civiltà occidentale a tutti cara, pure alle banche.Tanto che queste la salvarono dal fallimento e le infilarono economisti di vaglia, come Bernard Maris, pure dirigente nel Consiglio Generale della Banca di Francia.  Rientra in questo ordine di cose l’entusiasmo con cui il mattinale ha accolto l’opera del sodale Michel Houellebecq, celebratissimo e ora protettissimo romanziere, il cui capolavoro, “La sottomissione”, è uscito in felice sincronismo con l’attentato. La sottomissione deprecata per tutte le centinaia di pagine è quella dell’Occidente che ha “rinunciato a difendere i suoi valori” e ha ceduto all’Islam, la più stupida delle religioni”. Non meraviglia che, su “Il Fatto Quotidiano”, il vignettista Disegni solidarizzi con i colleghi parigini e, in particolare, con il già citato amico e maestro Wolinski. Chissà perché m’è venuto in mente il giorno, al tempo del disfacimento Nato della Jugoslavia, quando collaboravo a una sua rivista, in cui Disegni mi cacciò dal giornale, spiegandomi che non poteva tollerare nel suo giornale uno che stava dalla parte dei serbi.

House Organ di sinistra, con altri (Liberation, Le Monde), dei servizi segreti franco-israeliani, è anello fintamente satirico della catena psicoterrorista che ci deve ammanettare tutti e trascinarci convinti alla guerra contro democrazia e resto del mondo. L’attentato parigino, preceduto dagli altri tre grandi episodi della campagna per il Nuovo Ordine Mondiale, Torri Gemelle-Pentagono, metrò di Londra, ferrovia di Madrid (ma noi siamo stati gli antesignani: Piazza, Fontana, Italicus, Brescia, Moro, le bombe del mafia-regime), si inserisce alla perfezione nella storia del terrorismo false flag. Minimo, o massimo, comune denominatore, un cui prodest che si risolve immancabilmente a vantaggio della vittima conclamata e a esiziale detrimento dei responsabili inventati.

L’apocalisse scatenata dal capitalismo terrorista in tutto il mondo, come di prammatica anche stavolta è stata firmata dall’urlo Allah-U-Akbar. Prova inconfutabile di chi siano i mandanti, no?A prima vista, l’operazione rientra nella campagna di destabilizzazione dell’Europa che, attraverso sfascio  economico-sociale, conflitti interetnici e misure di “sicurezza”, deve rafforzare la marcia verso Stati di polizia, politicamente ed economicamente assoggettati all’élite sovranazionale, ma controllati da proconsoli e signori incontrastati della vita dei loro sudditi.

Si possono individuare due motivazioni specifiche: una punizione USraeliana a Hollande, che non si era peritato di invocare la revoca delle sanzioni al mostro russo, inaccettabile incrinatura del blocco bellico del Nuovo Ordine Mondiale (avviso alla Merkel e ad altri devianti), con effetti a lungo termine di disgregazione sociale e conflitto inter-etnico; oppure un contributo della casta antropofaga francese, in questo caso concordato con i padrini d’oltremare, alla guerra infinita esercitata, fuori, contro le colonie recuperande (Mali, Chad, RCA, Maghreb) e, a casa, contro il cuneo sociale islamico  e l’insubordinazione di massa che compromettono le mire dei correligionari dei maestri di Tel Aviv , Hollande, Fabius, Sarkozy, Lagarde.

Pensate alle ricadute della carneficina “islamista” di Parigi, ascoltate gli ululati delle mute di sciacalli che per un bel po’ avranno modo di cibarsi di cadaveri della verità. Quante ragioni di più avranno, agli occhi dei decerebrati dai media, i trogloditi nazifascisti e razzisti che si aggirano in sparuti ma vociferanti drappelli per l’Europa, e sono tanto utili a spostare il giudizio di estrema destra, di fascismo, dalla classe dirigente a queste bande di manipolati. Quanto si attenuerà la protesta per le immonde condizioni dei migranti invasori. Quanto ne saranno rafforzati l’impeto e l’impunità degli addetti alla repressione di “corpi estranei”, come dei dissidenti autoctoni: Ilva, Tav, Tap, Trivelle, basi militari, disoccupazione, miseria, Renzi che toglie gli ultimi lacciuoli  ai grandi evasori (avete visto che chi guadagna di più potrà evadere di più) e a quelli in cui era stata costretta l’inclinazione a delinquere di Berlusconi. Sempre più degna dei suoi antichi e recenti titolari, si ergerà una civiltà partorita dai roghi e dagli squartamenti di mille Torquemada, dalle crociate da mille anni mai interrotte, dalla guerra infinita, dal dio bliblico, il più sanguinario e protervo della storia.

Bonus aggiuntivo, la distrazione di massa occidentale dalla dittatura neoliberista in progress, dal genocidio sociale euro-atlantico e dalle guerre militari ed economiche che portano avanti. La distrazione, da noi, dalle canagliate, una dopo l’altra, che ci infliggono il ciarlatano zannuto e le sue risibili ancelle.Tutto questo si ripete nei secoli della tirannia feudalcapitalista, monotonamente e anche con trasparente pressapochismo, salvaguardato, però, dalle coperture mediatiche. Coperture nelle grandi occasioni condivise con passione sfrenata dal “manifesto”: mobilitati tutti i furbi e i naives della redazione e del suo cerchio magico per ben 13 articoli fiammanti per 6 pagine, fotone e vignette, in difesa della libertà di stampa offesa. Ce ne fosse uno, tra questi pensosi guru del politically correct, che, sulla scorta di una storia clamorosa di false flag padronali, da Pearl Harbour al Golfo del Tonchino, dallo stesso 11 settembre al piano del  Pentagono (Northwoods) di far saltare per aria, sotto etichetta cubana, palazzi governativi negli Usa e abbattere un aereo di studenti statunitensi nel cielo dell’Isola, avesse osato un assolo problematico, dubbioso.

Gli autori dell’eccidio, veri professionisti che non avevano nemmeno effettuato un sopraluogo sulla scena. Che bisogno c’era? Servono così, bruti selvaggi, tanto dietro hanno chi professionista lo è davvero. Kalachnikov alla mano e passamontagna sul viso, hanno sbagliato portone e cercato indicazioni da un passante. Sono stati identificati prima ancora che si asciugasse il sangue. Nuovamente esponenti di quella comunità islamica che stoltamente si è tollerata, che deve stare bagnata con la coda tra le gambe.Tre di quei 18mila tagliagole stranieri, perlopiù europei, di cui l’Intelligence e la polizia sapevano tutto e li tenevano fissi d’occhio e di intercettazioni, ma che potevano agevolmente espatriare, addestrarsi nelle basi governate da istruttori Usa-Nato, e gestite dai subalterni giordani, turchi, qatarioti, sauditi. Per poi altrettanto agevolmente rientrare, sotto lo sguardo comprensivo dei protettori dello Stato, e dedicarsi al mercenariato imperiale domestico. Di conseguenza, si ammette, sorveglianza zero sui “potenziali terroristi”, pur celebrati dall’ossessiva vulgata del “nemico della porta accanto”.  Ora, vista la figuraccia del mancato controllo su uscite verso il Medioriente e rientro, cambiano versione: quelli lì non sono affatto stati in Siria. Invece si sono addestrati sparacchiando qua e là per Parigi, con tanto di istruttori di rango, sempre fuori da sguardi e cimici indiscreti. Figuraccia al cubo E così, dal momento in cui è iniziata la sparatoria, subito ripresa e telefonata dai giornalisti di CH con telefonino e comunicata dal furgone della polizia poi mitragliato, è passata quasi mezz'ora prima dell'arrivo di rinforzi, in una elle metropoli più sorvegliata e tecnologizzata del mondo

Chi fossero i tre, mica s’è saputo grazie al costante controllo su movimenti e discorsi scientificamente condotto dai modernissimi flic tecnologizzati francesi. Figurati, è bastata una carta d’identità abbandonata nella fuga da un attentatore che, comprensibilmente, terminata la sparatoria e in fuga frenetica dalla scena, ha ammazzato il tempo tirando fuori il portafoglio (per vedere se bastava per il taxi?) e frugatoci dentro, estratta la tessera, l’ha posta in bella evidenza sul sedile. Ricorda quel umoristico passaporto di Mohammed Atta, presunto capofila dei dirottatori dell’11/9, trovato lindo e intonso nel pulviscolo di tre grattacieli disintegrati. Con Atta che dal padre viene rivelato vivo, nella disattenzione assoluta dei gazzettieri. Visto che ovviamente la carta d’identità è stata lasciata a bella posta, quale sarà stato lo scopo? Indicare una testa di legno come autore e coprire quelle vere? 

Concludendo, un esercizio di fantasia. Immaginiamo cosa sarebbe successo, in termini di esecrazione e persecuzione degli antisemiti, se quelle vignette su Allah a culo all’aria e Maometto stupratore bombarolo avessero preso di mira Jahve, Mosé, o un qualsiasi “eterno ebreo” alla Himmler. E immaginiamo anche cosa risponderebbero quelli delle attuali chiassate per la libertà di stampa, nel paese al 69° posto per libertà di stampa, Ordine dei giornalisti e categoria tutta, se gli si chiedesse di manifestare per le centinaia di giornalisti assassinati nei paesi sotto tutela amica, Iraq, Messico, Honduras. 

Vedremo, nei prossimi giorni, quanto questa operazioni prodest all’Obama in precipitoso calo di consensi (come lo era Bush al tempo delle Torri), a multinazionali, banche, Pentagono e armieri, tutti quelli che devono gestire il trasferimento di ricchezza dalla periferia al centro e dal basso verso l’alto. E poi, scendendo per li rami, a un’UE di nominati da business e arsenali, in crisi di credibilità e fiducia; a despoti europei reclutati per fare da capro espiatorio pagatore nella guerra alla Russia e al resto dle mondo; a produttori di tecnologie per il controllo sociale; alle combine mafiose tra PD e soci e faccendieri. Allo sparaballe in carenza di aria fritta. Al papa che sollecita gli islamici, solo loro, a farla finita con il terrorismo. Dall’altra parte, vedremo di che prodest ci avvantaggeremo noi, ccmuni mortali, islamici, cristiani o niente, di che lacrime gronderemo e di che sangue….

Sempre più urgente e credibile, fondata su potenzialità politico-economic-militari letali per la criminalità organizzata che regge un impero in decadenza, diventa la formazione del fronte antagonista avviato da Hugo Chavez e portato avanti con intelligenza e dinamismo da Vladimir Putin: blocco asiatico-latinoamericano di Russia, Cina, BRICS, governi e masse insubordinati. Ne consegue l’urgenza di smascherare e spazzare via i contractors della sedicente “Sinistra” che abitano nei sottoscala del menzognificio imperiale e ne ripetono le deformazioni della realtà finalizzate alla criminalizzazione dei diversi non sottomessi: lo “zar” omofobo Putin, “dittatori” vari, i musulmani, “violenti” asociali di varia estrazione, purchè non militari e poliziotti.


Io NON sto con Raul
E qui il pensiero corre di nuovo a Cuba vietnamizzata e al suo riavvicinamento con gli USA, a cui plaudono frenetici tutti quelli che davanti alla rivoluzione cubana hanno fin qui digrignato i denti. Che gli Abu Mazen cubani (e anche, ora, iraniani) possano immaginare di poter rivendicare rispetto e autodeterminazione da chi, in questo stesso momento, sbrana un popolo dopo l’altro a forza di bombe o squadroni della morte, compresi il Venezuela e altri paesi latinoamericani che sono stati a fianco di Cuba, addirittura sottoposti a feroci sanzioni e allo strangolamento del prezzo di quel petrolio che a Cuba regalavano, è un insulto alla storia e alla ragione. Infatti non lo immaginano. Sanno perfettamente, e credono di garantirsene una sopravvivenza, che le multinazionali del cibo, dell’energia, delle tecnologie, del turismo, dell’azzardo, si stanno affilando le zanne alla prospettiva del cuore dei Caraibi e faro dell’America Latina rivoltato in mercato. Quel mercato già predisposto dai revisionisti di Raul Castro attraverso la privatizzazione di metà dell’economia cubana. Saranno ulteriori, ma meno dignitose, lacrime e sangue per il popolo della rivoluzione, sarà una spina nel fianco di meno per i neoschiavisti occidentali, e sarà una ferita a quel corpo latinoamericano che lo schiavismo d’antan l’ha subito per secoli, ma che nel nuovo millennio ha aperto al mondo una via alternativa.

 Aiuti all’ISIS

L’ISIS si mette la cravatta
Agli USraeliani è indispensabile generare, o quanto meno padroneggiare, amico e nemico, stare sottovento ma anche controvento, in modo da tenere la vela sempre gonfia (ricordate, nel suo piccolo, il bipartitista “ma anche-Veltroni”, ideale come successore di Napolitano?). In Italia l’operazione, volgarmente inciucio, è riuscita alla perfezione e quasi in tutta Europa. In Iraq manovrano, con perizia acrobatica sul filo che li congiunge tutti a Washington e Tel Aviv, i terminator del Califfato e coloro che gli si oppongono (non tutti, i siriani fanno eccezione). Si premurano di armare Baghdad e i curdi e di bombardare l’ISIS (che se ne fa un baffo e semmai subisce l’offensiva delle milizie scite), mentre, come documentano diplomatici, giornalisti e testimoni oculari, paracadutano armi e dollari ai tagliateste di Al Baghdadi. 

Lo Stato Islamico viene dalla catena di montaggio Cia-Mossad, come Al Qaida, i “ribelli” libici, Al Nusra e Fronte Islamico, i terroristi ceceni. Serve, in Siria, a fare ciò che il popolo siriano ha impedito per quattro anni e, in Iraq, a eliminare dalla scena l’Iran e perfezionare finalmente la frantumazione del paese in tre parti, imbelli, ma petroliferi. Ora, non parrebbe bello che un pezzo di Iraq e tutta la Siria si presentassero a un’opinione pubblica occidentale, cui si fa credere di credere nella democrazia, sotto le spoglie dei decapitatori, stupratori, invasati masskiller. Non si possono moltiplicare le Arabie Saudite, per come sconcertano alcune anime belle. Dalle carneficine attuali tocca far emergere un’entità accettabile, con cui poter trattare da pari a pari democratici, in sostanza da padrone a schiavo nero.

Ed ecco che a Mosul spunta l’emissario John Cantile, “giornalista” inglese “sequestrato” dai jihadisti. E chi lo considera affetto dalla sindrome di Stoccolma e chi lo definisce tremante, col coltello dei rapitori alla gola. In entrambi i casi, non padrone di sé. Invece, come era evidente da ogni immagine e parola del disinvolto, professionale e ilare John, se recita era, il copione l’avevano scritto molto a ovest dell’Iraq e l’interpretazione era spontanea e convinta. Di che si tratta? Dell’inizio dell’operazione “moderati”. Quell’arto staccato dal vecchio Iraq di Saddam e dei sumeri diventerà un membro della famiglia umana civile, intesa come marca imperiale. Saranno gli stessi di prima (salvo qualche tignoso che non ha capito), ma vestiranno Prada e verranno fatti passare per altri. E John, con il suo raccontino di perfezione hollywoodiana, sulla civile e serena vita a Mosul, ha aperto la via. Vogliamo calcolare quanto di gradevole e simpatico di quel “reportage” si è sedimentato nella gente sui fugaci ricordi delle teste mozzate? Non era bastato un Adenauer al posto del Fuehrer per far passare il popolo tedesco da obbrobrio nazista a carissimo partner, mentre nella giostra si era perso di vista che l’uno e l’altro si erano allattati alle poppe di Wall Street e delle corporation?


Io NON sto con le due rapite in Siria
In questo contesto assume rilievo il fiancheggiamento operato da chi millanta opposizione e non è che il fianco sinistro (nel senso sia di manca che di infausto) dell’armata internazionale di destra. Insisto a leggere il “manifesto”, insieme alle testate ufficiali del potere e al “Fatto Quotidiano” (foglio stupefacentemente sia strepitoso fustigatore delle nequizie dell’élite domestica, sia aedo della criminalità geopolitica imperiale che tale élite esprime). La lettura del “manifesto” rivela le convergenze parallele con la controrivoluzione, di giornalisti “comunisti” degli esteri come Sgrena, Giordana, Battiston, Acconcia, Caldiron, o titolari di rubriche come quell’ Ercole che spara nel cervello dei giovani i più splatter videogiochi Usa (lezioni di strage, nient’altro) perché “ben fatti”, o come la corrispondente da New York che esalta le fetecchie filmiche della Bigelow), serve a capire su quali piani, anche inusitati, si sviluppa la strategia degli specchi deformanti. E’ per questo che lo leggo e anche perchè aria pura la danno, tuttavia, interventi come quelli di Dinucci, Colotti, Giorgio, Poggi (equilibrato successore del mangiarussi Dakli) e, in mancanza di altri “outlet”, di alcuni collaboratori esterni.

Prendiamo qualche recente paginone del “quotidiano comunista” (ora, al termine di mille sbandate, tsiprasiano), encomiabili contributi alle più tossiche vulgate delle centrali di propaganda imperialiste. Insieme ai redditizi paginoni pubblicitari, con inserti a 4 pagine fatti sembrare redazionali, di organizzazioni proletarie come Eni, Enel, Telecom, assicureranno ai 2000 gonzi o masochisti (compreso me) la continuità del quotidiano comunista. Il 2 gennaio si esibiva su due pagine un coro gregoriano nella messa cantata nella cattedrale Usa della civiltà. Si parte con tre quarti di pagina scritti dalle prefiche del dramma planetario di Greta e Vanessa, le due giovinette partite alla guerra contro gli infedeli e che si sono ritrovate carcerate dai loro eroi. Anche qui, magistrale l’impiego USraeliano dei due assi, uno in mano e l’altro nella manica: contractors islamisti “giovani rivoluzionari” a cui fornire sostegno d’ogni tipo, evolutisi in crudeli e famelici rapitori di innocenti fanciulle.

 Greta e Vanessa con la bandiera dei terroristi

Anche se la Sgrena, sotto il titolo incredibile di “Sono due di noi” (saranno di voi, maremma maiala, non di noi!), con richiamone in prima pagina, cerca di attenuare il palese artificio scoprendo uno straordinario “Fronte Al Nusra” (i sequestratori) che, fattosi bello per tre anni sotto la sigla Al Qaida con ogni sorta di nefandezza sadica e socio in affari e mire dell’ISIS, ora ci viene ripresentato come “mica tanto male”, “niente a che fare con i jihadisti”, “molto meno sanguinario dell’ISIL” Giuliana Sgrena ritiene sconcio e impossibile “lesinare la nostra solidarietà” a queste “due di noi, certo più giovani, forse inesperte, probabilmente un po’ ingenue, ma mosse da un sentimento umanitario….” E guarda che te lo dice una che di sequestri se n’intende, specie se si deve sacrificare un onesto servitore dello Stato.
 Haisam e cooperanti, portatori di “sentimento umanitario”

Tracima nel surreale un articolo che analizza le varie specificità dei rapimenti, i loro dove e i loro come, i loro esecutori, i loro obiettivi. Soldi o non soldi. Questi, comunque, a milionate, col riscatto per le “inesperte” e “ingenue” ragazze recatesi tra i peggiori sicari dell’imperialismo, stragisti di una nazione, ma “mosse da un sentimento umanitario”, li pagheremo dalle nostre tasche. Mandate a infiltrarsi ad Aleppo da una congerie di chiassosi propagandisti, anche siriani, del genocidio, ovviamente nella totale disattenzione dei nostri e altrui servizi segreti, vengono rapite il 1. Agosto del 2014 dai loro stessi “giovani rivoluzionari”. Alla solidarietà con i combattenti anti-Assad, necessaria e sollecitata nelle fasi precedenti la comparsa dell’ISIL, essendo Satana Assad, e di cui abbiamo splendidi esempi nella stampa e tv italiane, si sovrappone, nella contingenza attuale, la commozione-indignazione per la sconvolgente sorte delle nostre sorelle, diventate vittime degli islamisti.  Assad è retrocesso a Mefistofele, serviva  un altro Lucifero.
 Lo sponsor delle rapite, Haisam, giustiziere di prigionieri siriani.

Naturalmente manca un solo accenno a personaggi PD e Acli che hanno circonfuso di sostegno e affetto l’impresa delle due umanitarie anti-Assad (vedi immagini), ai fiancheggiatori del gruppo “Horryaty”, oppure a quel Qalid Hayani (anche Qalid bin Ahmad Siraj Ali), capo del gruppo Liwa Shuhada Badr, fotografato insieme a Greta e Simona, che, dalle parti di Aleppo, tortura, ammazza e saccheggia e che viene esaltato nei cartelli levati dalle ragazze. Ci auguriamo tutti che le due “inesperte cooperanti” escano sane e salve dalla vicenda, a costo del riscatto. Ci dispiace però che per una porcata del genere dobbiamo pagare noi. Il detto “chi è causa del suo mal pianga se stesso, vale di più per quel Khaled Mashaal, capo di Hamas e rinnegato palestinese che, tradendo la Siria, si spostò da Damasco a Doha e che, vista la mala partita degli aggressori della Siria e la riconciliazione tra l’emiro e i generali egiziani che avevano liquidato i suoi fratelli musulmani, ora cerca di cinguettare con il già demonizzato Iran. L’emiro lo’ha preceduto cacciandolo dal Qatar. Che nessuno si fidi, di neanche uno dei dirigenti palestinesi.


Io sto con l’Eritrea e anche con l’Afghanistan
Accanto alle geremiadi per le due signorine ci sono poi altri contributi alla narrazione imperiale. Traendo le informazioni dal sito “Awate.com”, con link a organi supra partes come il Washington Post, il New York Times, la BBC, l’affidabile Amnesty International, si inseriscono le proprie palle incatenate al cannoneggiamento dell’Eritrea, altro paese-canaglia, altro paese irriducibile all’obbedienza,  demonizzato e sanzionato dai signori della guerra occidentali come orrida dittatura dell’ex-liberatore Afeworki. Sono stato parecchie volte nell’Eritrea in lotta, e anche dopo, e non m’è parso che quei cittadini fossero più infelici di quelli residenti nei paesi amici degli Usa. Più poveri, sì, e con un governo impegnato a sopravvivere senza mezzi e senza risorse, preda di siccità e carestie, sotto sanzioni, ripetutamente invaso dal capofila etiopico dei guardiani degli interessi Usa in Africa, sobillato da sabotatori e quindi costretto a una rigorosa sorveglianza contro nemici esterni e interni. L’accusa principale degli espatriati è che il servizio militare dura fino ai 50 anni. Ma  sono, esattamente come in Israele, tre anni di servizio e la possibilità poi di essere richiamati fino a quell’età. Solo che in Israele si fantastica di assedio, mentre l’Eritrea lo subisce. E volete che chi arriva da quel paese impoverito, per essere accolto come rifugiato politico nell’Occidente che dell’Eritrea persegue la morte, dichiari che tutto va bene nel suo paese?  

Completano il servizio all’interpretazione del mondo in chiave di Nuovo Ordine Mondiale, due paginoni dei noti Giordana e Battiston, orientalisti del “manifesto”. Qui, nuotando tra le acque limacciose di intervistati tutti di quella “società civile” foraggiata dalle più equivoche Ong occidentali, adorata dagli umanitaristi consapevoli o non, che si affanna nell’occidentalizzazione del paese, vede poco male l’occupazione (lamentata dai due per conclusa, mentre durerà all’infinito, con dieci basi e migliaia di “istruttori” e Forze Speciali, alias squadroni della morte) e vede ogni male nella resistenza nazionale taliban. La quale qui diventa la fucina, insieme al Pakistan, di tutti gli orrori jihadisti sparsi nel mondo, dal Bin Laden in Bosnia all’Al Baghdadi in Siria e Iraq (occhiello: “Dal fronte afghano-pakistano al mondo intero”). Alla faccia delle ripetute condanne pronunciate dal Mullah Omar della marmaglia ISIS e dei terroristi pachistani (destabilizzatori Cia). Per cui  l’unica speranza risiederebbe ora nel nuovo presidente Ashraf Ghani, uomo degli americani più di un Pinochet qualsiasi, successore di quel Karzai che aveva iniziato a innervosire, mica tanto per aver costruito con il padrone Usa un narcostato, ora dagli Usa a lui affidato, analogo a quello di altre colonie, Messico, Colombia, Kosovo, ma per aver criticato i massacri di feste nuziali con i droni e respinto l’imprescindibile pretesa di impunità per la soldataglia occupante. Non per nulla, nella competizione elettorale, tutto il tifo dei nostri due orientalisti era andato a Ghani.

Adelante, companeros Dinucci e altri resistenti. Parafrasando Brecht, prima hanno colpito come terroristi i cubani, poi gli arabi, poi tutti i musulmani, poi i latinoamericani, poi i No Tav. No Muos, No tutto il resto. Alla fine sono venuti a prendere noi e non c’era più nessuno a difenderci.

MARCIA FUNEBRE

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 Parata di terroristi

Mi dispiace, io sono un bambino afgano incenerito da un drone americano. Sono una famiglia libica fatta a pezzi da un Rafale francese. Sono un pescatore indiano ammazzato da un fuciliere di marina italiano. Sono un vecchio iracheno torturato a morte dai Royal Marines inglesi. Sono una donna di Odessa stuprata e bruciata viva dai nazisti ucraini. Sono una neonata palestinese morta di freddo nella sua casa semidistrutta dai bombardamenti israeliani. Sono uno studente messicano fatto sparire dai narcotrafficanti alleati dell’Occidente. Sono un soldato siriano decapitato da quelli che poi vanno in Francia a sparare a quei giornalisti che li chiamavano “combattenti per la libertà”.
Sono desolato, ho provato a fare posto ma Charlie Hebdo proprio non ci sta
. (Mauro Murta)

Eppure non è poi così difficile capirlo che difendere la libertà di espressione non significa condividere tutto quello che pensano, dicono, scrivono e disegnano quelli che se ne avvalgono…. Ho semplicemente sbeffeggiato l’ipocrisia di una classe politica e giornalistica  che ha passato la vita a praticare e giustificare le peggiori censure , salvo poi strillare “Je suis Charlie” e difendere la satira senza limiti, ma solo in Francia…” (Marco Travaglio. Il quale Travaglio ha saputo sapientemente astrarsi dal coro di ululati e guaiti pro liberté, egalité, fraternité violate in Francia, evidenziandone la santocchieria, la doppiezza, il camaleontismo di censori e stupratori di quegli stessi concetti in patria, da Luttazzi a Grillo, da Sabina Guzzanti a Biagi, fino all’Apicella cacciato dal beccamorto della sinistra, Bertinotti, su ordine sionista, per questa vignetta tirata addosso ai nazismi di ieri e di oggi. Vignetta che i “libertini” e “libertari” di Charlie Hebdo, con le loro matite intinte nel curaro di un fanatismo antislamico da crociato medievale, non avrebbero mai pubblicato.  Loro, tanto “illuministi” da aver dato una mano alla demonizzazione del migliore degli umoristi francesi, Dieudonné, quando è apparso utile seppellire il demolitore di Sarkozy sotto il fango dell’”antisemitismo”.sionista, per questa vignetta sparata contro i nazismi di ieri e di oggi. 
 

Ha ragione Giulietto Chiesa, che io a volte giudicavo un po’ catastrofista. Ancora qualche botto è siamo alla Terza Guerra Mondiale guerreggiata. L’11 settembre e seguenti europei aprirono le porte ai primi gironi dell’inferno e governarono la distruzione dell’80% della democrazia in Occidente insieme all’annientamento di una dozzina di paesi, perlopiù petroliferi,  piazzati strategicamente, o aperti economicamente e politicamente verso la Russia, o Stati Nazione resistenti alla frantumazione, o, ancora, di inclinazione laica, socialista, antimperialista. Il 7(?) gennaio francese intende proiettarci, con successivi fatti in crescendo, verso la Giudecca e la morta gora. Quattro giorni dopo, sbavando di soddisfazione sotto le smorfie di cordoglio, “I Grandi della Terra”, come, sbianchettando il sostantivo “delinquenti” tra “grandi” e “della”, li definiscono i buffoni di corte mediatici, si sono esibiti in corteo ai propri mandanti nell’empireo capitalista.


Orgia di distrazioni di massa, operate con un’ipocrisia oltre ogni misura storica, dai protagonisti politici e dai sicofanti mediatici del 99% del bruto storico e attuale che chiamano “civiltà  occidentale”. Una civiltà occidentale é esistita e si chiama Michelangelo, Voltaire, Shakespeare, Goethe, Mameli, Bartali, Calvino, Che Guevara, ma ha potuto spuntare grazie al terreno fertilizzato dalla civiltà degli arabi musulmani, madre del Rinascimento e dell’Illuminismo, da Harun el Sharid, da Avicenna, da Saladino. Quel Saladino che, alla liberazione di Acri dai crociati, non ferì una sola vita umana, dopodiché il nostro Goffredo da Buglione aveva passato a fil di spada gli abitanti della città dal primo all’ultimo. Carnevale dei corifei della “sinistra”, festival dei licantropi del neoliberismo in salsa neocolonialista, messa cantata dai chierichetti  dei “diritti umani” e della libertà di stampa. Di tutto questo l’immagine più fedele e agghiacciante è stata, domenica 11 gennaio a Parigi, la fila nera dei becchini di ogni civiltà che, novelli pifferai di Hamelin, si trascinavano dietro, verso l’abisso, un’umanità inconsapevole, decerebrata dall’intossicazione propagandistica accoppiata all’inerzia mentale che da noi si coltiva a partire dal battesimo, a proseguire nella “buona scuola” di Renzi e compari, a finire nella palude di inchiostro di De Bortoli, Rangeri, Scalfari, Mauro, Formigli e intellettuali di complemento alla Umberto Eco.

Un sabba di orrendi freak come nelle sue più sadiche fantasie non se lo sarebbe potuto immaginare un Hieronymus Bosch da Giudizio Universale, un Dante da ultimo girone, dei traditori dei benefattori, nella “ghiaccia del Cocito”, sotto gli artigli di Lucifero. Neri come pece trasudata dalla più demenziali delle psicopatie, questi campioni della soppressione della libertà di stampa, si tenevano avvinghiati, davanti a una marea umana che avrebbe dovuto raderli al suolo, ma che appariva strafatta di pere di prozac mediatico, signori della guerra, della tortura, del cannibalismo sociale, della ferinità post-civiltà, della “sinistra” al caviale. Una protervia oscena che ha inciso nella storia delle infamie umane una scena inaudita: gli orchi che  marciano in testa a folle di loro lustrascarpe, sulle quali è programmato che ricadano le conseguenze dei loro crimini. Capolavoro.

Netaniahu, erede e reduce del più scientifico genocidio e infanticidio di massa della modernità; Hollande, revanscista coloniale nel Sahel, carnefice in seconda del Medioriente,  vampiro di liberté, egalité, fraternité in Patria, già annichilito da fallimenti politici, economici, personali, che dallo tsunami di sangue e menzogne parigino viene ricuperato e proiettato nell’empireo dei vindici del bene; Sarkozy, fasciosionista, puttaniere corrotto e guerrafondaio, anche lui risorto dalla tomba dei trombati; tra i due, Bubacar Keita, il lacchè installato nel Mali per collaborare allo sterminio dei Tuareg e rendere il paese ai famelici di Francia; Juncker, boss dell’Europa rubata ai suoi popoli e di tutti i banditi dell’evasione fiscale e della spoliazione dei cittadini;  Angela Merkel, l’Idra a tre teste con le zanne affondate in Grecia, Italia, Portogallo; Poroshenko, presidente ucraino per grazia di Obama, impegnato alla Himmler nel Donbass; il tiranno mentecatto turco, con una crocchia di valvassori arabi comandati al disfacimento della loro nazione, mallevadori e fornitori di quella stessa armata del terrore contro la quale simulavano di marciare; Abu Mazen, che Dante avrebbe immerso nei ghiacci accanto a Giuda Iscariota; Renzi,  incarnazione dell’eterna maschera della commedia dell’arte, stavolta in veste di saltimbanco, che decantava un’ Europa “da sessant’anni in pace”, sorvolando su dieci anni di massacro europeo dell’Europa balcanica e, ora, di quella orientale.  A loro onore, assenti i latinoamericani,  ulteriore convalida del “Continente della speranza”.

Chi pure non c’era è Obama, straordinaria assenza rilevata con sdegno e sbigottimento da tutti. Qualche non intimidito “dietrologo” potrebbe sospettare una presa di distanza dal fattaccio e da quanto gli si va celebrando intorno. Forse il settore economico-politico-finanziario statunitense di cui il presidente è il delegato non condivideva l’operazione. Certo che risulta invece gradita alla banda neocon che  a Israele unisce un altro metodo per far fuori gli ostacoli alla nazificazione planetaria e con Israele ha inneggiato all’11 settembre. Tutta la faccenda puzza sempre più di Mossad. Forse agli obamiani è sfuggito il pallino. Sono ipotesi.

Dopo aver inceduto a passo calmo e solenne, sotto archi di trionfo e monumenti  con sbandieratori del tricolore e cantori della “Marsigliese”, che non parevano sentirsi minchionati neanche un po’ e che presto sbandiereranno e canteranno alla partenza dell’ “armee de la patrie” per lo scontro di civiltà, ora allungheranno il passo, fino a farlo diventare dell’oca. Si mobiliteranno per raggiungere gli obiettivi che si vogliono far scaturire da questa ennesima, forse decisiva, operazione terroristica (salvo essere magari superata da quelle di Roma, Vaticano, Londra, già preannunciate da Mossad, Cia e MI5, che lo sanno). 

A me, che ho visto una buona parte dei milioni di innocenti, di bambini e donne, per le quali categorie l’Occidente si liquefa in lacrime, ammazzati dai padrini, committenti e fan di Charlie Hebdo, in Vietnam, Somalia, Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, America Latina, l’11 gennaio di Parigi e dintorni planetari mi fa desiderare una lavanda gastrica. Tanto più se penso che mai questo oceano di citrulli, menati per il naso al patibolo come bovini, si sono riuniti in processioni e canti e geremiadi per manifestare a quelle vittime dolore, solidarietà, passione.



Dagli al complottista
Per contare coloro che, nell’informazione ufficiale italiana, si distaccano dall’unanimismo a larghe intese e profonda sintonia su cosa dire a proposito di Charlie Hebdo e seguenti (unanimismo che già incorpora un deficit di pensiero, libertà e democrazia), basta meno di una mano. Facile, perciò, più facile che all’estero, dove si è meno ignoranti o cortigiani, per gli immancabili – e per l’operazione preziosi – anti-complottisti, precipuamente della nota comunità e sua lobby, stroncargli la voce, almeno nel breve periodo, che è quello che conta perché domani siamo tutti morti. L’ufficio addetto a smerdare chi interpreta il suo mestiere in termini di ricerca della verità, vale a dire penetrando oltre i fumogeni sparati dal potere dei pochi per raggirare i molti, fumogeni che sono la conditio sine qua non perché non si scoprano i loro trucchi, frodi, ruberie, delitti e, appunto, complotti, ha due reparti: uno degli specialisti delle contumelie e l’altro degli schernitori e commiseratori.

Li unisce la caratteristica che mai e poi mai prendono in considerazione punto per punto sollevato. I fatti non interessano. Dobbiamo essere imbavagliati dall’oro colato delle dichiarazioni ufficiali.  Non rispondono nè alla domanda perché, per un po’ di carburante, crollino torri costruite per resistere ad impatti di astronavi, tra cui una neanche sfiorata ma centrale operativa Cia, nè come ha fatto un aereo di 39 metri di apertura alare e due motori d’acciaio da una tonnellata a fare un buco di sei metri nel Pentagono e poi svaporare nel nulla. Né si aggrottano davanti alla foto che dimostra come la bomba del metrò londinese sia esplosa da sotto il piano della vettura, anziché dentro, e quindi collocata tra i binari prima, e non lasciata nello zaino dagli attentatori. Nè alle foto satellitari russe e ai testimoni che provano l’abbattimento dell’MH7 malese in Ucraina ad opera di un Mig di Kiev. O a tutto quello che, grazie ai fuoripista dell’informazione “dietrologica e complottista”, emerge dalla strage  parigina, come da ogni grosso colpo dell’Anonima Attentati. Non fosse per i dietrologi Galileo e Copernico, avremmo ancora paura di precipitare se, dall’orizzonte, ci affacciassimo sul vuoto, visto che a egiziani e greci la Chiesa aveva sottratto la conoscenza degli astri per mettere la Terra del suo Dio al centro dell’universo.

Gli anti-complottisti, per converso necessariamente ripetitori delle vulgate del potere, se solo apri uno spiraglio sul buio tra le quinte del baraccone degli illusionisti, quando ancora non ti hanno abbattuto gli anatemi dei capocomici, ti stendono con lo sgambetto dello sbertuccio al paranoico. Spesso, esponenti della nota comunità, non esitano di infiltrarsi nelle accoglienti dimore della sinistra, dove più credibile dovrebbe risultare l’operazione. Ricordo quel Caldiron, compagno di Rifondazione, cresciuto da segretario di circolo a giornalista di “Liberazione” inneggiante a ogni rivoluzione colorata e, defunto il fogliaccio, impegnato sul “manifesto” ad anatemizzare la Russia di Putin, non l’Ucraina di Obama, come ricettacolo della feccia neonazista internazionale. O quel Leonardo Coen, evolutosi dalla Lotta Continua, manipolata da un cerchio magico passato a turiferario dei riti dell’élite, al “Fatto Quotidiano” degli ultrà sionisti, insieme a tanta créme rivoluzionaria distribuita tra Mediaset, De Benedetti e Giuliano Ferrara. Ma su tutti svetta la dama del Boulevard de Rivoli, quando capeggiava il “manifesto” e copriva stragi di Stato e BR con l’infame invenzione dell’ “album di famiglia”, esaltava Adriano Sofri avallandolo come incorrotto e innocente compagno e depistava dal complotto imperiale via bande di subumani mercenari (poi trascorsi in Siria, Iraq e Nigeria), invocando la spedizione in Libia di novelle “brigate internazionali” a sostegno dei “giovani rivoluzionari” anti-Gheddafi. A quando un suo appello all’intervento  a fianco dei masskiller di  Boko Haram, altro mercenariato islamista manovrato per abbattere il “dittatore” Goodluck Jonathan e frantumare anche la Nigeria, lo Stato più grande, forte e petrolifero dell’Africa? Alla signora pare che il caos creativo del Nuovo Ordine Mondiale possa condurre dritto dritto alla rivoluzione socialista.

Così pare proprio prendersela con me, sull’Huffington Post della compagna Annunziata, il ruspante Simone Oggionni, leader dei “Giovani Comunisti” che, posto il punto fisso dell’inconfutabilità della narrazione ufficiale sul  terrorismo, ribadito l’avvertimento Mossad che verremmo colpiti sempre più da vicino (il ministro degli interni, il capo della polizia, il comandante dei Carabinieri e l’ex-giudice Caselli ringraziano), cosa che non può non comportare manette volanti per tutti, si avventa su ciò che di noi definisce “retro pensiero, complottismo, fantasmi, castelli di sabbia degni dei film di fantascienza, mantra del dietrologo”. Si straccia le vesti sull’assurdità dei “soliti complottisti” che sospettano come i servizi segreti Usa vogliano lanciare segnali a un Hollande che si è opposto alle sanzioni contro la Russia. Il che comporta l’analoga assurdità fantascientifica di un Netanjahu che abbia voluto punire i francesi per aver votato in parlamento per il riconoscimento della Palestina. Fanfalucche, deliri, basati sul vuoto storico e logico. Raggiunge la perfezione, il “giovane comunista”, quando fa di noi “fanatici complottisti” il corrispettivo speculare, dunque oggettivamente complice e altrettanto nemico, dei “fanatici islamisti”. L’accanimento anti-dietrologi cresce in proporzione con  le voragini che si aprono nella narrazione ufficiale e sempre più perfetto diventa il sincronismo tra coloro che si presentano come opposti, Michele Serra con Gasparri, Oggionni con Dick Cheney. E qui mi viene la curiosità di indovinare come Oggionni avrebbe fulminato quel delirante dietrologo che si fosse azzardato a dubitare che Piazza Fontana non l’avesse fatta Valpreda….
 Da “Haaretz”, quotidiano israeliano che, dopo la pubblicazione ha ricevuto minacce di morte

Non si risponde a questi cuccioli di volpone. Che vadano a confrontarsi con correligionari come Pappè, Sand, Chossudovsky, o perfino Chomsky. Se la prendano con il disebreizzatosi Gilad Atzomon. O con le vignette del giornale israeliano “Haaretz”. Mi limito ad aggiungere agli elementi e ai “cuiprodest” del mio post precedente qualche ulteriore dato di fatto e un po’ di storia e logica “complottista”.

Il video qui sotto illustra la presunta uccisione del poliziotto trovatosi dalle parti di Charlie Hebdo che, “ferito”, non lascia tracce di sangue sul pavimento e poi “giustiziato con colpo alla testa”, non ha il minimo rimbalzo, l’arma non ha rinculo, e un sbuffo di polvere  molti centimetri più in là fa pensare a un colpo a salve. Niente sangue, niente cervello spappolato, allora e neanche quando su una barella lo portano via.

La prima cosa che uno non narcolessico si chiederebbe – e perciò nessuno dei nostri grandi esperti si è chiesto – è come sia possibile che, solo poco tempo fa, abbiamo avuto la rivelazione di Edward Snowden e poi la conferma di tutti, fin dalle seccatissime Merkel e Rousseff, che la National Security Agency (NSA, massima agenzia di intelligence Usa) spiava e archiviava tutto e tutti di 7 miliardi della Terra, fin negli slip della cancelliera: comunicazioni, movimenti, incontri, contatti, messaggi, abitudini, scelte, acquisti, vizi e virtù. Ogni mossa che permettesse di metterti le mani addosso in un battibaleno.

Si tratta di una, e neanche la più vistosa, incongruenza di una vicenda che, quanto i precedenti episodi della serie, New York, Londra, Madrid, Boston, presenta a chi non è cieco o, quanto meno, strabico, cospicui spunti di contestazione della versione ufficiale. Tutto lo svolgimento dei fatti è costellato da eventi che rappresenterebbero assurdità, incompetenza, idiozia, se non fossero gli elementi accuratamente studiati allo scopo di ottenere un certo risultato. Come per l’11 settembre, per Londra, per Madrid, i futuri attentatori sono notissimi alla polizia e ai servizi, sorvegliati, pedinati, arrestati, carcerati (ricattati?), se ne conoscono le abitudini, i discorsi, le amicizie, i viaggi, veri o inventati, nei paesi del terrorismo: appaiono come i candidati ideali per imprese islamiste.

La fiera del dilettantismo. O della complicità
Balordi che si aggirano sparacchiando, sbagliando indirizzo, perdendo scarpe, prima in tre, poi – sbaglio madornale – in due, che piazzano la loro vettura in mezzo alla strada senza tema di attirare l’attenzione del traffico, si portano dietro e poi lasciano carte d’identità che permettessero le identificazioni desiderate e conseguenti depistaggi (erano poi veramente loro sotto quei passamontagna?); le telecamere a circuito chiuso interne, immancabili, nella redazione che cosa hanno registrato, perché non se ne vedono le immagini? E, a proposito di telecamere interne, non ce n’erano nella stamperia con i fratelli Kouachi? E, soprattutto, in un obiettivo principe dei terroristi, come il mercato Kosher, non ce n’erano che registrassero assassini e vittime??? Il corpo integro del poliziotto colpito a morte, senza macchie di sangue né dopo il primo colpo, né dopo il secondo (anche quando lo portano via in barella) e poi letteralmente volatilizzatosi; neanche una sola foto dei corpi dei vignettisti all’interno della redazione; non un accenno di autopsia per vedere il calibro delle pallottole e se corrispondono alle armi filmate; la recente revoca delle misure di sicurezza attorno al settimanale, obiettivo terroristico privilegiato, proprio mentre arrivavano al diapason le fanfare del “pericolo del nemico in casa”, degli incazzati di seconda e terza generazione, degli europei dell’ISIS rientrati per fare macelli; il ritardo di quasi mezz’ora di una polizia avvisata ai primi spari dagli stessi giornalisti fotografanti.

E’ di queste ore, poi, qualcosa di ancora più stupefacente. La macchina dei Kouachi è ferma nella strada di Charlie Hebdo. Si avvicina una macchina della polizia. I fratelli escono e brandiscono le armi verso i poliziotti. Questa, senza pensarci su due volte e senza estrarre le armi contro evidenti terroristi, schizzano via a marcia indietro. Con tutta calma i Kouachi risalgono in macchina e si dirigono proprio verso il fondo della strada, dove la polizia si è fermata. In una sequenza onirica, le passano davanti e se la filano. La macchina della polizia non si muove. Nessuno spara ai fuggitivi. Viltà, obnubilazione, complicità?

E poi la grottesca caccia a tre uomini e a un’inesistente donna di recente conversione; la Boumedienne, donna di Coulibaly, (volatilizzatasi in tempo, probabile infiltrata nel gruppetto dei balordi, rientrata nell’ospitale patria turca di tutti i jihadisti, senza che nessuno le chiedesse dove va) da parte di quasi centomila poliziotti, gendarmi, spioni, confidenti, vigili, volontari, cani, elicotteri, rabdomanti, fattucchiere, che poi, tutti insieme, non riescono a prendere vivi, a fini di proficue rivelazioni sul terrorismo mondiale che salverebbero migliaia di vite, i due Kouachi potenzialmente parlanti (come in tutti i casi di terrorismo Cia-Mossad, i presunti autori vengono ”terminati”). In compenso mitragliano a morte il mattocchio Coulibaly con tutti i suoi quattro ostaggi ebrei. Eppure era stato visto in filmati, ammanettato e vivo. Come la storia di Boston. Perchè, visto che, da dichiarazioni degli stessi sequestrati, a nessuno Coulibaly aveva torto un capello. Occorrevano vittime ebree, tante, oltre a quelle degli asili già fatte o promesse? E i cadaveri di ben 20 persone dove sono, chi li ha visti, quali autopsie?

E, ciliegina sul tortone di sangue, un commissario della polizia di Limoges, Helric Fredou, che aveva spedito una pattuglia a partecipare alle primissime indagini, si suicida all’una di giovedì, 8 gennaio, con un colpo alla testa, immediatamente dopo aver ascoltato il rapporto dei suoi uomini di ritorno da Parigi. Dopo un po’ esce la spiegazione delle autorità: era depresso e affaticato dal troppo lavoro… 

Da sempre i necrofagi fanno come il conte Ugolino quando gli fa gioco. Più avveduti, stavolta hanno evitato di farsi arrestare (e poi subito rilasciare e rispedire in Israele) come i quattro agenti del Mossad che danzavano e giubilavano mentre, da un terrazzo vicino, filmavano il crollo delle Torri Gemelle. Poi la scoperta, dopo avergli fatto fare per giorni giri in Siria e Iraq e addestramenti al tiro nei boschi intorno a Parigi (irraggiungibili da telecamere, satelliti, poliziotti, agenti segreti, nemmeno vigili urbani), che, no, i guerrieri di questo Islam che muove guerra alla cristianità (copyright Ferrara, Adinolfi e altri forsennati benemeriti della guerra alla cristianità) si erano formati e allenati con Al Qaida in Yemen, al pulpito di tale feroce Imam, Anwar al Awaki. Che feroce non era per niente, cittadino Usa  e predicatore moderato su cui non gravava alcuna accusa,  in vacanza nello Yemen,  inserito da Obama nella lista dei “sospetti” da eliminare extragiudizialmente, assassinato insieme al figlio da un drone. Sugli interrogativi che nascono dall’esecuzione del poliziotto davanti a Charlie Hebdo, guardatevi questo video.

Ovviamente sono stati tutti uccisi. Sia gli “attentatori” delle Torri Gemelle e del Pentagono, liquefatti con i loro aerei, sia quelli del metrò di Londra, saltati in aria con i loro ordigni, sia i dinamitardi del treno a Madrid, polverizzati nel loro rifugio dal commando spagnolo. E, come in quelle occasioni, subito le celebrazioni di massa, queste ottuse, inconsapevoli, o con la coscienza annichilita dalla paura di guardare nell’abisso, ma guidate nientemeno che da coloro che, passando di eccidio in eccidio, novelli pifferai di Hamelin, li trascinano al patibolo. Ecco che 2 milioni di decerebrati dalla propria resa al veleno mediatico sono guidati in corteo a Parigi dai più grandi e fessi turlupinatori della storia…

Dove di giornalismo investigativo, detto dietrologia, (ricordate il “complottista”, Premio Pulitzer, Seymour Hersh, ebreo, che svelò la cospirazione del Golfo del Tonchino, del massacro Usa di My Lai, delle armi di distruzione di massa di Saddam, delle armi chimiche di Assad?) non c’è neppure bisogno, dove la realtà dei fatti sfida ogni contestazione, è sempre e comunque il cui prodest. Elenco alla rinfusa le ricadute del 7 gennaio/11 settembre franco-euroatlantico. Vorrete perdonare questo e altri “complottisti” che hanno osato chiedersi cosa ci fosse dietro all’album di fotografie che vedono riuniti l’emissario di Obama, senatore John McCain, quello tonante sul palco dei nazisti di Kiev e cooperante nei campi di addestramento di Al Qaida in Siria, in fraterne riunioni di lavoro, con il califfo Al Baghdadi, già agente Mossad, e altri caporioni dell’armata jihadista? E può essere solo un delirio di complottisti quando ci si chiede se siano proprio i jhadisti a tempestare la rete di truculente minacce all’universo mondo, tanto funzionali a seminare panico e a far accettare la Gestapo e le SS già pronti sui blocchi di partenza. E se non siano i plausi e le rivendicazioni dei prodotti Ciassad, Isis e Al Qaida, a fornire una stampella alla vacillante vulgata dell’operazione jihadista.

Le ricadute. Patriot Act per tutti
Il ricordo dell’inadeguatezza dell’intero apparato di sicurezza, verrà seppellito dai prossimi vistosissimi giri di vite sulla libertà di tutti, necessitati proprio da quella dimostrazione di impreparazione. Accadde così negli Usa con la fascistizzazione tramite Patriot Act, scaturito dalla paura seminata dall’orrore dell’11 settembre. E un Patriot Act in salsa francese è già all’ordine del giorno a Parigi. Significa intercettazioni senza limiti, arresti e internamenti sul sospetto e senza imputazioni, difesa, processo, sorveglianza totale, marchio di terrorista a chiunque metta in discussione provvedimenti del regime, collusione col terrorismo a criticare le spese militari, interventi censori su internet, isolamento carcerario, Guantanamo, servizi segreti con licenza di tutto. Questa è, negli Stati Uniti, la legge passata dopo l’11 settembre, ma vaticinata con anticipo dai neocon del PNAC (Programma per il Nuovo Secolo Americano), quando auspicavano “un evento traumatico come Pearl Harbour per rilanciare gli Usa nel mondo”.

La libera circolazione nell’Europa di Schengen, divenuta lasciapassare per ogni sorta di farabutto, rimarrà solo per il denaro e per i suoi signori. L’Italia si è già portata avanti col lavoro dichiarando “strategiche”, cioè equiparate alle basi militari, tutte le porcherie dello “Sblocca Italia”: trivelle, inceneritori, discariche, grandi opere, oleo- e gasdotti, abbattendo sui difensori No Tav della Valsusa l’accusa di terroristi voluta dal procuratore Giancarlo Caselli. Lo stesso Caselli, che vede terroristi anche nei boy-scout che marciano in fila, ora salta sull’occasione di Parigi per imperversare, in pieno orgasmo forcaiolo, con la richiesta di superprocure anti-terrorismo che superino le giurisdizioni e polizie nazionali e, facendola finita con gli ultimi brandelli di sovranità, costituiscano la base repressiva per lo Stato di Polizia in formazione. L’EUROGENDFOR, polizia sovranazionale, già installata a Vicenza, che prevale su ogni dispositivo di sicurezza statale, è servita.   

La militarizzazione della polizia e la “polizizzazione” delle forze armate, con droni, carri armati, mitragliatori e Taser agli sbirri, già esibita alla grande negli Usa è sperimentata in questi giorni in Francia, eliminerà ogni differenza tra chi bombarda matrimoni afghani, pachistani, yemeniti o somali e chi deve far piazza pulita di ingombranti raduni di piazza. Le gigantesche spese che verranno ora impegnate per lo Stato securitario (oltreché per la guerra contro l’autoterrorismo) saranno sopportate con mite rassegnazione da coloro cui toglieranno scuole, ospedali, asili, servizi, lavoro, mobilità, casa e anche il più piccolo diversivo da tempo libero. Il tutto già sapientemente preparato dalle truculente minacce di sfracelli a Roma e in Vaticano. E alla fine, a colmare la misura, il TTIP, trattato di sottomissione all’orco statunitense, che ci raderà al suolo insieme alla nostra storia, giustizia, libertà, sovranità, futuro.

Intanto un’Unione Europea in netta decadenza, messa sempre più in discussione dai popoli, soprattutto da quelli che stanno pagando il prezzo più alto al meccanismo di rapina e oppressione per le quali  è stata inventata, viene ricondotta alla compattezza, almeno temporanea, e i contestatori sono dovuti ammutolire davanti a questa union sacrée di combattenti per la civiltà e la libertà, contro l’eterno utile idiota: il nemico esterno. Siamo a una affannosa chiamata alle armi di reazionari e assolutisti, a una riedizione del Congresso di Vienna del 1815 per soffocare la ventata di modernità scatenata dalla rivoluzione francese e esportata da Napoleone.

Per altro verso, chi ha lacerato in questo modo la Francia, scagliando con più vigore che nel passato, la popolazione autoctona, originaria, contro i 7 milioni di immigrati e loro generazioni successive, al 90% povere ed escluse,  Cia o Mossad che siano, comunque pianificatori di un’Europa debole e soggiogata, punta alla guerra civile. Francese e, dove possibile, europea. E’ anche la voluta ricaduta delle guerre imperiali e relative devastazioni, causa precipua delle migrazioni che si abbattono sul nostro continente e  che devono svolgere un ruolo di destabilizzazione economica, sociale e culturale. L’Europa, per la Cupola mondialista, deve essere alleata, ma in subordine, socio di minoranza priva di velleità, priva di protagonismo geopolitico ed economico, lontana dalla Russia e vicinissima agli Usa. Va indebolita al punto da non essere competitrice, ma tuttavia truppa di complemento e ufficiale pagatore per le spedizioni militari. A questo servono Nato e il TTIP di cui  s’è detto sopra.

E Israele? Cosa ci guadagna, salvo il vittimismo olocaustista all’ennesima potenza,  un velo spesso come tre stati di fosforo bianco sui morti ammazzati di Gaza e Cisgiordania, o la scomparsa, in un abbraccio mondiale di solidarietà, dei jihadisti Al Nusra e Isis curati negli ospedali israeliani, le armi israeliane fornite a quelli, i bombardieri israeliani impiegati come aviazione dello Stato Islamico contro la Siria? Dopo l’invito di Netaniahu agli ebrei di lasciare la Francia “insicura e antisemita” ed emigrare in Israele, il che per Hollande equivaleva a uno sputo in faccia, l’occupante sionista guadagna, si calcola, qualcosa  come altri 100mila invasori e predatori di vite e terre palestinesi. Mica poco.

Ogni nequizia inflitta da governi e UE, nominati dalla cricca criminale, ai propri popoli sarà sublimata in patriottico sacrificio per la vittoria in uno Scontro di Civiltà che mai Samuel Huntington  si sarebbe sognato che avrebbe conosciuto un tale trionfo. Ogni programma genocida di sfoltimento dell’umanità in eccesso scorrerà sulla rimozione della minima perplessità buonista e sull’accettazione-partecipazione alla guerra al terrorismo che già ci ha liberato di quei milioni di musulmani, col corollario di qualche cristiano, eliminati dai marciatori di Parigi a Gaza, in Iraq, Libia, Siria, Somalia, Afghanistan, Nigeria, Yemen. E a proposito di Yemen, dove l’installazione di Al Qaida nella Penisola Arabica (AQAP), serve a bloccare la lotta di liberazione vincente degli sciti Houthy in alleanza con gli indipendentisti del Sud, ecco che la bufala dei fratelli Kouachi addestrati in quel paese spiana la strada al’intervento di terra Usa-Nato, accanto ai droni che da anni sterminano quella popolazione. Così Golfo, Bab el  Mandeb, Corno d’Africa, Oceano Indiano, rotte del petrolio saranno tutti loro e sul rubinetto dell’energia che alimenta o strozza il mondo ci sarà solo il loro artiglio.  
Quanto ai fiancheggiatori dello Scontro di civiltà rimasti a perpetuare il contributo fascio-razzista di Charlie Hebdo, ebbene per un altro verso gli ha detto bene. Un giornale istigatore all’odio e all’ignoranza e volgarmente pornosoft, che una Francia ancora in salute aveva abbandonato alle ortiche e alla bancarotta, si ritrova a tirare 3 milioni di copie e prosperare per altri anni di mercenariato di guerra..


Altre considerazioni sul piano geopolitico le abbiamo già formulate nel precedente post, evidenziando come l’escalation di Parigi e le minacce al resto del mondo occidentale, rilanci con impeto irresistibile l’Occidente all’ultima crociata (titolo facilmente profetico del mio ultimo libro), dopo quella che la nostra civiltà conduce ininterrottamente da mille anni. Alla fine ci resterà solo il day after. Visto quanti piccioni si prendono con una sola fava di appena venti morti? Ci si chiede sgomenti se mai si renderanno conto della loro immane responsabilità nella fine del mondo tutti quei veri “nemici della porta accanto” che questo processo accompagnano e accreditano nell’esercito di evirati che un tempo si chiamava Sinistra. 

Libertà di parola, ragazze rapite, Dieudonné arrestato: il mondo alla rovescia

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Quelli cui le ragazze Greta e Vanessa hanno portato sostegno e 12 milioni
Sulle nuove  operazioni Cia-Mossad-DGSE  in Francia (caccia al terrorista-dissidente, arresto di Dieudonné), Belgio (dove, come Obama insegna con la sua killing list, si infligge la pena di morte extragiudiziale alle cattive intenzioni, immaginate da polizia e media)), Italia (le donzelle anti-Assad liberate), mondo (panico seminato con proclami di sfracelli jihadisti, perquisizioni, arresti), si realizza la medesima union sacrée sinistronzi-fasciodestre, dal “manifesto” a Giuliano Ferrara, sull’inconfutabilità della matrice islamista di ogni nefandezza. 
E’ l’apoteosi del matrimonio stupidità-complicità, per ognuno dei quali termini si distribuisca la responsabilità a piacere. Ne è espressione conclamata Giuliana Sgrena, tsiprasiana, ex-ostaggio emerito e martire in servizio permanente effettivo. La lacrimosa penna del giornale della blanda e compatibile socialdemocrazia tsiprasiana, esulta per la liberazione delle due lombarde alla loro prima crociata su tutta la prima pagina con il titolo “La diplomazia paga”. Sorvola sulla circostanza che a pagare 12 milioni per la liberazione delle due ancelle del terrorismo anti-siriano siamo noi  con quanto ci resta delle depredazioni renzusconiane (come siamo noi a pagare con la libertà e la verità per i terrorismi globali dell’imperialismo e del totalitarismo domestico)  e che, dunque, la diplomazia se ne stropiccia. E’ riuscito a dire una cosa non cavernicola Salvini quando ha preteso che il costo del riscatto di chi, dissennatamente o colpevolmente, si è messo in condizione di essere rapito, venga pagato dallo stesso.


Rannicchiandosi accanto all’ affettuosa foto delle due cooperanti collaborazioniste fasciate nella bandiera della gang terrorista in Siria, Sgrena titola “Perché siamo felici”, estendendo, con l’abusiva prima persona plurale, all’universo mondo un peana alle due “cooperanti”  di “Horryaty” (Ong-fantasma di tre marpioni pro-stermini in Medioriente) che è interamente suo e della camarilla della disinformazione, buonista o imperialsionista che sia. Ciancia di “cooperanti”, di “azione umanitaria”, di “generosità” e “altruismo”, di “accuse infamanti”  e spara esecrazione contro noi che siamo nauseati dall’ipocrisia di chi glorifica due dichiarate sodali dei mercenari Al Nusra, oggi rinominato “moderato”, quindi meritevole destinatario di armi, istruttori, fondi, dalle democrazie libertarie israelo-atlantico-satrapesca del Golfo. A ulteriore riscatto di questi tagliagole, raccattati tra i terroristi sguinzagliati dai servizi occidentali nei vari paesi della destabilizzazione islamista, la poveretta ci rassicura sulle qualità umanitarie di Al Nusra, che mai avrebbe “fatto dei video di ostaggi sgozzati”. Si vada a vedere il mio docufilm girato in Siria e vedrà un’abbondanza, ma anche solo un minimo, di quanto da quattro anni questi umanitari hanno combinato in Siria tra decapitazioni, impiccagioni, crocefissioni, stupri, esecuzione di prigionieri, massacri col gas.

La Sgrena, da quando si fece apprezzare a Parigi per le scomuniche al governo algerino per aver bloccato la prima destabilizzazione dell’Algeria ad opera della Francia, tramite le quinte colonne Fronte Islamico e berberi, non ha mai abdicato alla sua missione di bigotta antislamica. Anche se, con notevole incuria per la contraddizione, si è ora messa a far piovere attenuanti sui briganti di Al Nusra. La celebrazione delle due attiviste fiancheggiatrici in prima pagina, poi dilagata nelle pagine interne, è corredata dalla solita vignetta di Biani, anodina, lunare  e quasi sempre ambigua, che raffigura le due con i capelli ad arcobaleno della pace. Nientemeno. Ovviamente i 12 milioni potenziano il terrorismo “moderato” del rimpannucciato Nusra, che ne renderà riconoscenza a Greta e Vanessa. Del resto, i nostri governanti sono pratici di intese, su modi, scopi e profitti, con la criminalità organizzata. Le foto delle ragazze, immaginiamo, saranno ora appesa nella cabina di comando della portaerei “Charles De Gaulle” (l’intestatario si rivolta nella tomba), spedita nel Golfo dal bischero riverniciato padre della patria, accanto a quella dei, tragicamente uccisi da fuoco amico, trucidoni di “Charlie Hebdo”. Lo sguinzagliamento propagandistico per tutta Italia delle due “sprovvedute”, tra comitati d’accoglienza, bande, allori, tripudi istituzionali, si affiancherà all’uragano anti-islamico fatto rigurgitare dal 7 gennaio parigino, mentre le fanciulle liberate vi aggiungeranno l’irrinunciabile primato di Assad, nemico pubblico n. 1, quello contro cui, ascoltando l’accorato appello di Rossanda a sostegno dei “combattenti contro la dittatura”, si sono mosse fin dall’inizio.

Resta schiacciata in un angolo interno, l’eccellente smascheramento, per la penna del resistente Dinucci, dei cosiddetti oppositori “moderati”, lisa foglia di fico per farci passare le armi di Obama e dei suoi  alleati democratici in Europa e nel Golfo in direzione del mercenariato terrorista IS e, appunto, Al Nusra, che del primo si è dichiarato sodale. Smascheramento che rade al suolo le giaculatorie di Sgrena e l’intera impostazione collateralista del “quotidiano comunista”.

Je suis Dido

“Io sono Dieudonné” è il motto indossato da alcuni temerari controcorrente che, però, hanno contribuito a strappare dalle grinfie degli psicoterroristi del Ministero degli Interni francese il grande umorista, arrestato per aver dichiarato “io sono Charlie Coulibaly”, intendendo correttamente e umanamente che, sia i sacrificati alla causa islamofoba della “guerra al terrorismo”, sia lo scombicchierato della banlieu , sono in prima istanza vittime. Capri espiatori vuoi di scellerati complotti False Flag, vuoi del sociocidio compiuto ai danni dei periferici della comunità umana. A suo tempo avevo dedicato alla persecuzione di Dieudonné queste righe, che confermo, per quante sbandate abbia potuto compiere il comico, sempre comunque in direzione opposta e contraria rispetto alle provocazioni razziste di “Charlie Hebdo” e dei suoi corifei. Incitare alla guerra santa contro l’Islam è bene. Sfottere gli ebrei, i musulmani, i cristiani, e gli altri che la fanno da padroni, è satanico. I due pesi e due misure gridano al cielo. L’hanno dovuto liberare.
Tempo fa scrissi in un post a proposito della persecuzione di Diodonné:

“Antisemiti” di convenienza
Il perfettamente legittimo e ampiamente giustificato antisionismo di Dieudonnè viene utilizzato per completare il progetto, da sempre covato dallo Stato Canaglia e dai suoi corifei, dell’identificazione di antisionismo con “antisemitismo” (che, più propriamente, dovrebbe chiamarsi anti-ebraismo, visto che pochissimi ebrei sono semiti, mentre  lo sono tutti gli arabi). Il che aprirebbe la strada alla prigione a tutti coloro che, oltre a permettersi rivisitazioni storiche della Shoah, compiono questo delitto di “incitazione all’odio razziale”. Delitto denunciato proprio da coloro che ne fanno pratica accanita e recidiva da più di 66 anni. Golìa che tira sassi a Davide. Una versione Dieudonnè del vaffanculo, detta “quenelle”, espressa con un braccio steso trasversalmente sull’altro braccio diretto in giù (pari al nostro gesto dell’ombrello), diventata tormentone tra milioni di giovani tartassati dello Stato, viene deformata in “saluto nazista a rovescio”. La sua collaborazione con ebrei e i suoi scontri con il Fronte Nazionale dei Le Pen, il suo radicale rifiuto di criticare gli ebrei, se non nei termini in cui lui e tutti gli umoristi sbeffeggiano anche i lapponi, gli inglesi, i tedeschi, gli americani, gli idraulici, le suocere, i banchieri, vengono stravolti nel loro opposto. Arma di distrazione di massa cui la sinistra auto-evirata si presta e alla cui pseudo-autorevolezza contribuisce  moltiplicandola. Ciambella di salvataggio per il bombarolo Hollande, il cui gradimento sceso all’8% si riflette nei milioni di cittadini che corrono ai botteghini degli spettacoli di Dieudonnè.

Da Saviano in De Luca
Erri De Luca che, come Saviano con il libro sulla camorra, si è costruito a sinistra un’aura di credibilità per aver difeso i sabotaggi alla linea TAV in Valsusa, e quindi averne ricavato un processo con possibile condanna (e qui gli stiamo tutti a fianco, pur senza calore), si inserisce (“Il Fatto Quotidiano” del 16/1/15) a manetta nella demonizzazione di Dieudonné. e nella santificazione di “Charlie Hebdo”. Pensate che giocoliere con le palline della coerenza: “Charlie non si opponeva a qualcosa, era un’irriverenza verso tutte le forme di autorità”. Dieudonné, invece, “sta al fianco di uno che ha fatto una strage, che sottoscrive una strage di ebrei(la poliziotta francese è svaporata), è uno sfregiatore”. La strage, ovviamente, è quella del mercato ebraico, mica quella della criminalizzazione di 1,7 miliardi di musulmani. Non è la strage di verità, convivenza, rispetto e amicizia tra popoli e culture, addebitabile alla rivistaccia islamofobica (che la forma di autorità dello “Stato degli ebrei”, come si esercita sul popolo da esso depredato, non l’ha mai sfiorata). Per De Luca, Charlie è irriverente, Dieudonnè, con la colpa gravissima di avere, lui sì, sbertucciato “tutte le forme di autorità”, è “incandescente”. E dove sta questa “incandescenza”? “E’ tutta interna al mondo islamico”. Netaniahu e i cannibali del globalismo bellico-neoliberista si rallegrano.

Copre poi ogni sospetto che le guerre imperialiste e israeliane siano funzionali al Nuovo Ordine Mondiale dell’1% , la teoria deluchiana secondo cui tutto è ormai “guerra di religione”. Che, guarda un po’, prima che gli Usa si avventassero su Medioriente e Asia non esistevano e poi, quando la “guerra infinita” è partita, sono state condotte all’insegna della religione, sì, ma quella cristiana (in quelle “guerre di religione” sentiamo l’eco del progetto israeliano, formulato da Oded Yinon nel 1982, di “frantumare gli Stati arabi lungo linee confessionali ed etniche”). Da quando l’ex-responsabile del Servizio d’Ordine di Lotta Continua ha smesso di guidare manifestazioni a sostegno dei Fedayin palestinesi, ha sposato la figlia della presidente della Comunità ebraica e si è convertito a apologeta della Bibbia e di tutto ciò che è ebraico, la parola d’ordine “trattasi di guerre di religione” (e non di classe e imperialiste) l’ha ripetuta ogni due per tre. Ricordo ancora una volta un episodio significativo, quando, durante un suo spettacolo, gli contestai la formula secondo cui il cataclisma palestinese e arabo nascerebbe dalla fortuita circostanza che Gerusalemme è la capitale di tre… religioni, che sfiga!  Gli chiesi ragione del suo silenzio sul genocidio in atto in Palestina e lui…. “A queste domande non rispondo”, tagliò corto, si alzò e pose fine alla performance.

Come nella discrasia tra la malafede dei governanti in testa e la dabbenaggine dei milioni al seguito, nella marcia di Parigi, o tra ciò per cui hanno votato gli elettori del PD e ciò che il PD ha poi fatto, o tra De Luca No Tav e De Luca No Palestina, o in quella monumentale tra il dire e il fare della Triade Napolitano-Renzi-Berlusconi, si apre una voragine tra i propagandisti destri e sinistri dell’inganno cosmico su terrorismo, e la gente comune, non tutta e non per sempre popolo bue. E’ l’ascolto di tante opinioni di strada, basate sulla crescente molteplicità di esperienze, che ci fanno sperare nella sineddoche per cui il particolare rappresenta il generale. Gente che magari nemmeno si informa alle sempre più numerose fonti della deprecata “dietrologia”, cioè del giornalismo investigativo e delle analisi non dettate dall’OdG del padrone. Ma gente che incomincia ad alzare  lo sguardo dai giornali o dallo schermo, scuote la testa al fetore delle mostruose balle della narrazione di trono e corte. Ha poche decine di referenti nelle istituzioni, ma con questa crescente estrospezione nel groviglio di contraddizioni e supercazzole del sistema, spero che li faranno crescere e si moltiplicheranno essi stessi.

E’ autolesionista la ripetitività monotona degli episodi di megaterrorismo, incominciano ad aprirsi sempre più voragini nelle ricostruzioni ufficiali degli attentati e nel tessuto della propaganda, risultano sempre più chiari i motivi e gli obiettivi, si constatano nella luce dell’evidenza i vantaggi conseguiti da una parte e i disastri inflitti all’altra. Che si tratti di popolazioni sulle cui vite e case piovono bombe, o di noi cui ne è addossato il costo in termini di condizioni di vita, sempre più di sopravvivenza, si impone e diffonde la  presa d’atto di chi vince e chi perde. E si impara a capire chi sta nella “stessa barca”. La faccia stolto-infingarda dell’”omino di burro”, che ci guida al paese dei balocchi e dei somari, passando per quello dei citrulli, dove vengono incarcerati Pinocchio e mandati liberi il gatto e la volpe (pubblicità: ne narrerò nel docufilm “L’Italia al tempo della peste”), l’ottusa protervia delle maschere Grand Guignol che si affacciano dai palazzi del potere occidentale, stanno registrando contraccolpi. Si può sperare che si trasformino in colpi sociali veri? Di massa, per carità.
Vauro che depreca le guerre e prende le distanze dal razzismo di Charlie Hebdo?
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Giorni fa, prima del gran trambusto, avevo scritto questa chiosa, poi accantonata per le prodezze dei servizi segreti, sulla vicenda dei vigili urbani. Vicenda minore, ma inerente.




Per quanto non simpatizzi con gli sbirri, Io NON sto con i bastonavigili
I vigili urbani di Roma e di qualunque altro posto non mi sono mai stati simpatici. Figurati! Basterebbe il tono imperiosamente intimidatorio con cui spesso affrontano il cittadino individuato in contravvenzione.  Ma questa operazione montata a dimensioni di torta nuziale serve a distogliere lo sguardo sgomento da molti “successi” dell’Italia renziana. Dai disastri della carretta Norman Atlantic disastrata nei sistemi di sicurezza e relativi “interventi di soccorso”, da Mafia Capitale, dai viadotti degli amici di Lupi e Renzi, antesignani dello Sblocca Italia, che crollano in 8 giorni (e sono fatti dalla supercoop CMC di Ravenna, la stessa che va sfigurando la Valsusa!), dalla figuraccia di merda dello stesso Renzi che si è dovuto addebitare l’oscena norma pro-evasori e pro-guitto mannaro dettagli dal Patto interdelinquenziale del Nazareno, e anche dalla marachella di un premier incapiente che si fa portare a sciare dall’aeronautica militare, al costo di 9000 euro l’ora nostri. Con l’obiettivo finale di far calare sul collo degli Statali la mannaia Jobs Act che ha già decapitato i lavoratori del privato.

Episodio emblematico di un corpo infestato da prenditori di stecca, arroganti, ignoranti, è quello che mi è capitato anni fa. All’uscita di bambini dalle Elementari Trento e Trieste di Roma, una macchina di vigili percorreva a velocità e in senso proibito il vicolo, rischiando di mettere sotto i ragazzini. Al mio invito di fermarsi, mi sbattevano addosso con violenza la portiera e, tra urla e improperi, mi trascinarono alla vicina stazione dei carabinieri. Che, vista la condizione esaltata del vigile e le ragioni in ballo, mi  mandarono via in pochi minuti.
Ciò non offusca il carattere strumentale degli ululati di governanti e media di servizio a denuncia di un abuso che, all’esame dei dati, risultava poi di dimensioni contenute, da 835 a 90 “presunti” lavativi. Latrati di indignazione da parte di una cosca di politici infinitamente più corrotta e assenteista di coloro che andava innaffiando di vituperio. Campagna estesa poi a mezza Italia, dai netturbini di Napoli (poi risultati in malattia assolutamente fisiologica), agli autisti di Bari e agli Statali tutti, anche qui falsando i dati numerici, con l’evidente fine di schiavizzarli socialmente ed economicamente alla stessa stregua dei lavoratori privati (Jobs Act). E’, si parva licet…, lo stesso schema che vede i mercenari islamisti dell’Impero demonizzati a copertura della propria paternità e delle proprie nefandezze e, insieme, a strumento psicoterrorista per la repressione interna e il rafforzamento dello Stato di Guerra e di Polizia.

Si sarebbe apprezzato se la muta degli ululanti avesse posto accanto all’immagine turpe di dipendenti carogne e profittatori, anche quella di un vigile, oltre tutto sottorganico, che si ammala in media 16 giorni all’anno, che è segno di bella tempra se lo si pensa immerso per ore e ore, senza la minima protezione, nelle camere a gas allestitagli dai reggitori delle metropoli e dai loro sodali inquinatori. Se avesse ricordato che ai vigili era stato imposto unilateralmente una riduzione di stipendio su un contratto fermo da 8 anni. Se avesse precisato che le assenze erano perlopiù per rifiuto del lavoro “volontario” richiesto per capodanno, ma legittimamente negato alla luce della vertenza sindacale. Magari si sarebbe potuto anche precisare che la maggior parte delle assenze erano dovute a ferie, riposi, maternità, stabilite per legge. Infine al naso fine non sfugge il fetore di un disegno che, col duce-clown, punta a esautorare, integrare e sottomettere ogni autonomia costituzionale, ogni autorità intermedia – regioni, province, comuni, polizie municipali – al potere esclusivo dell’Esecutivo.


Analogamente ci si propone di  eliminare l’indipendenza dei due Corpi più vicini ai bisogni di cittadini e ambiente, Vigili del Fuoco e Corpo Forestale delle Stato, militarizzandosi con l’inserzione nella più fidata Polizia di Stato. Così, a sfasciare teste di dimostranti, avremo ora, insieme ai corpi di polizia più molteplici del mondo (PS, CC, GDF, Polfer, Esercito), anche forestali e pompieri. Restiamo in attesa della Croce Rossa e delle ronde di cittadini perbene. Processo questo, di nuovo si parva licet…, parallelo al nipotino - “Si fa come dico io e i gufi alla colonna infame” - dell’Obama che ci insegna democrazia governando a forza di decreti presidenziali, alla faccia del parlamento. 

Da Tsipras a Mattarella, standing ovation - Vuoti di memoria - Da Parigi a Buenos Aires e Sanaa

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 Kobane

“Quando si tratta di marciare / molti non sanno / che il nemico marcia in testa. / La voce che dà loro gli ordini / è la voce del nemico / e colui che parla del nemico / è il nemico stesso”. (Bertold Brecht)

La verità è che un miliardo di falsità raccontate un miliardo di volte da un miliardo di persone rimangono falsità”. (Travis Walton)

“Raul ha fatto bene, appoggio la soluzione negoziata e pacifica dei conflitti. Ma non mi fido degli Stati Uniti”. (Fidel Castro). Troppo poco troppo tardi.

Gioie e dolori
Kobané liberata, Mariupol vittima di strage False Flag per arrestare l’avanzata dei patrioti di Novarussija, garrota ai No Tav con la mostruosa condanna dei 47 compagni, Sinistra Radicale (?) vittoriosa in Grecia e subito inciucio con la Destra e la Nato, rinfrescante dipartita di un presidente della Repubblica colpevole di alto tradimento e arrivo di un successore correo (e qui, più che altro, “il modo ancor m’offende”, con questi ciarlatani che se la briscolano tra di loro di nascosto e ci sbattono in faccia il classico “Io so’ io e voi nun siete ‘n cazzo”). Il regime masso-mafioso ha dato il meglio di sé occultando con l’ammuina dei nomi, uno più scandaloso dell’altro, la scelta consacrata al Nazareno e ora rafforzata dagli scilipoti ex-M5S. I quali, così, hanno guadagnato un compenso che non solo consiste nel recupero dello stipendio ridotto dal Movimento, ma anche nella prospettiva di una lunga carriera di politici, piuttosto che di “cittadini”. Nel frattempo ci dovevano distrarre dalla violenza fatta alla Legge, alla democrazia, alla Costituzione, dando la stura alla fogna della Prima Repubblica: candidati al Colle, tutti ovviamente buoni, giacché tutti ricattabili. La rottura del patto del Nazareno era una recita dei berlusconidi. Rimane salda la profonda sintonia renzusconiana sotto l’ombrello della cupola mondialista.

Mamma, la DC s'è mangiata il PCI

La “sinistra”, invece, con il portabandiera “manifesto”, si unisce, con soddisfazione appena temperata rispetto all’esultanza per Tsipras, al gaudio a larghe intese per la scelta renzista del “democristiano perbene”, conseguenza della “rottura senz’ombra di dubbio”, neanche solo pro-tempore, del patto del Nazareno con il guitto mannaro delinquente. Consolidata la nuova  “sinistra radicale tsiprasiana” con Fassina, Civati, Vendola e le note teste d’uovo, sotto  l’occhio benevole del “democristiano perbene”, un virgulto ammuffito di De Mita, scongelato e servito in pasto a volponi e boccaloni. Che incidentalmente, oltre a essere patriarca di un clan famigliare che vanta fedine penali, marchiate mafia e Banda della Magliana, più di ogni famiglia siciliana, ci ha inflitto il “mattarellum”, figlio del referendum Segni, che affossava la proporzionale con il sistema maggioritario, prodromo dell’involuzione antidemocratica dal bipolarismo al bipartitismo e, infine, al monopartitismo, ora in versione renzusconiana. Da ministro della Difesa ha anche sostenuto in prima linea, con Germania, Usa e Wall Street, la distruzione della Jugoslavia del “dittatore” Milosevic, ha fatto rivoltare nella tomba centinaia di militari italiani uccisi dall'uranio, per aver negato ogni connessione  tra cancro e servizio nei Balcani e ha completato il viaggio verso la de-democratizzazione dello Stato, abolendo la Leva (esercito di tutti, poco propenso a guerre e repressione) e introducendo l’esercito dei professionisti ben pagati. Mercenari del potere da addestrare in funzione del soldo e della fregola bellica dell’Occidente. Davvero perbene. Tutti contenti di morire democristiani.

Ora e sempre No Tav!
E, ancora, oltre lo squallore nazionale, i pirati nazisionisti colpiscono Iran e Hezbollah e i patrioti libanesi rendono pan per focaccia: la guerra si estende… A Kobane una resistenza di popolo con insegne della Comune di Parigi  e del Che, sconfigge i  mercenari dell'ISIS e solo la tracotante ignoranza dei giornalisti italiani può parlare di vittoria dei Peshmerga (che sono le milizie del Kurdistan iracheno colonizzato da Usa e Israele). Ce n’è di roba,.ma, prima, due parole sul terribile segno dei tempi che dà la sentenza di Torino, frutto dell’aria che tira e che, con il concorso di forcaioli come l’ex-procuratore Caselli e i PM suoi  discepoli, Paladino e Rinaudo, hanno trasformato la Valsusa nel laboratorio nazionale dell’extra-legalità, della repressione, dell’annientamento della sovranità  e autodeterminazione popolare, della dittatura. Insomma, in Valsusa deve nascere un piccolo Stato di Polizia. Per vedere che effetto che fa in giro….

I 143 anni di carcere e i 150mila euro di spese a parti civili, come i gassatori della Valle, devono   piegare e sbancare, non solo le persone che si sono erte a difesa del loro territorio, contro abusi, violenze, devastazioni, occupazione militare, ma anche tutti quelli nel paese per i quali la Valle è stata un’università  Poi ci sono gli altrettanto scandalosi 220mila euro inflitti ad Alberto Perino e altri per aver “danneggiato”  la LTF. Siano un avvertimento a chiunque in questo paese si preoccupa di obiettare all’avvelenamento da inceneritore, discarica, poligono, elettromagnetismo, trivelle a gogò, guerra, ma anche da giustizia, esclusione e repressione. In buona sostanza, non ci si azzardi a buttare sabbia negli ingranaggi del rullo compressore “Sblocca Italia”. Più che con la reclusione, con cui un popolo in lotta sa starci, vogliono strangolare la resistenza finanziariamente, riducendola sul lastrico, anzi, sotterrandocela. Occorre davvero, anche per riconoscimento di quanto la Valsusa ha dato all’antagonismo italiano e internazionale, una grande mobilitazione di militanti  e di massa che unisca tutte le aeree di sofferenza e di contrasto – Muos, Mose, Grandi Navi, servitù sarde e friulane, forze contro la devastazione sociale e ambientale in Puglia, Basilicata, Sicilia, ovunque - per sostenere, fino all’ultimo respiro di libertà, la lotta dei No Tav.

Una bella e valida proposta è stata quella del senatore Scibona (M5S) di nominare Alberto Perino, icona nazionale della battaglia No Tav, candidato alla Presidenza della Repubblica. Quanto a Erri De Luca, stiamo appassionatamente al suo fianco nel processo per un reato d’opinione trasformato da piccoli Torquemada in istigazione a delinquere. Condividiamo la sua inconfutabile asserzione del diritto all’autodifesa di chi è minacciato nella comunità e nella persona. Su altri argomenti trovo De Luca sul lato opposto della barricata, ma i cartelli “Je suis Erri”, branditi in aula da un pubblico consapevole, hanno nobilmente ribaltato in autenticità il fariseismo e l’ottusità dei “Je suis Charlie”.


Scherzi della memoria
Siamo riemersi illesi dal “Giorno della memoria”. L’anti-storica rivendicazione dell’ “unicità” di quel crimine non ci ha distratto dall’attenzione sull’olocausto dei palestinesi, degli arabi, dei musulmani, dei balcanici, degli africani, dei relativi milioni inconfutabili, tuttora in atto e in crescendo.  Cosa che ci ha dato una nuova, sempre più estesa, misura dell’ipocrisia dei regimi, dei loro cantori e della strumentalità dell’evocazione delle povere vittime. Per quanto fossero 60mila o 6 milioni, per come fossero periti, per fame e tifo, o per esecuzioni programmate. Sono le due teorie degli storici alle quali entrambe spetta il diritto al rispetto. Anche nei tempi in cui storici non conformi vengono sbattuti in prigione e cacciati dalle cattedre, anche nei tempi in cui lo scrittore De Luca viene processato per aver manifestato un’idea, giusta e legittima e molto meglio di Charlie Hebdo.

Qualcuno ci spiegherà il sistematico vuoto di “memoria” sulla collaborazione tra organizzazioni ebraiche e governo nazista, prolungatasi dal 1933 al 1942, per promuovere il trasferimento degli ebrei in Palestina, o il fatto che i potenti e occhiuti alleati non abbiano mai bombardato le linee ferroviarie per bloccare il trasporto dei deportati, o anche quale fosse la responsabilità dei governi occidentali nel rifiutare l’immigrazione ebraica.  Ma qualcuno dovrà anche chiedere conto a Ovadia e Furio Colombo, due stelle del varietà mediatico ebraico, del loro strabismo nel deprecare l’abitudine umana ai genocidi. Poliziotto buono e poliziotto cattivo. Lo showman “ebreo di sinistra”, impegnato da sempre a glorificare, se non altro, l’eletta qualità della religione scaturita dalla bibbia, di cui ricorda l’invito ad accoglienza e convivenza e dimentica l’invito incessante alla guerra e alla decimazione dei “non eletti”, come portato al parossismo oggi, lamenta scarsa attenzione ad altri stermini, tipo Tutsi in Ruanda, Cambogia, armeni, filippini, manciuri…

Il giornalista, sionista ultrà, ma veneratore del Papa quanto Ovadia, pagato pegno con i soliti lamenti su Rom, migranti, svolto il compito di perenne colpevolizzatore di tedeschi e italiani passati, presenti e futuri, si risente, invece, del fatto che qualcuno abbia potuto mettere in coda alle celebrazioni dell’ “unicità”, anche un ricordino per i periti dell’elenco ovadiano. Curioso che nessuno, tra i tanti bagni di sangue dal duo elencati, abbia come autore diretto gli Usa o Israele: niente Gaza, niente nativi americani, niente cinesi, niente giapponesi di Hiroshima, niente civili tedeschi, niente iracheni, libici, siriani, somali, vietnamiti… Scherzi della memoria. E’ nell’arco delle ore che vanno dall’accensione della Menorah, per il “Giorno della memoria”, alla fine delle sue candele, che Israele ha colpito e ucciso, in Siria, un generale dei Pasdaran iraniano e sette alti dirigenti di Hezbollah, per poi reagire alla sacrosanta rappresaglia dei libanesi (Israele dice 2 soldati morti, altre fonti, 15 e una serie di veicoli), rovesciando proiettili e missili sulla popolazione del Sud Libano e sulle forze dell’ONU (un morto). Affetti da diabolico antisemitismo questi semiti arabi. Charlie Hebdo andava ancora spremuto. 

 GRECIA: Il Carro di Fetonte

Pensavano di acchiappare il sol dell’avvenire (in parlamento) grazie a un augusto padrino , ma, come l’improvvido Fetonte, impegnato a dimostrarsi figlio di Apollo, prima hanno carbonizzato un po’ di cielo e un po’ di terra, poi sono precipitati. Nichi Vendola sostiene la candidatura a capo dello Stato di Sergio Mattarella, autentica speranza per la sinistra, a dispetto della zavorra di una famiglia tra le più tartassate dai codici della Sicilia. Per uno che amoreggiava con Don Verzè e Archinà dei Riva, ci sta. Ma che Tsipras a pugno chiuso, dopo aver ripetutamente garantitosi della Nato, nomini ministro della Difesa (della futura militarizzazione e delle guerre euro-atlantiche), un destro estremo come Panos Kammenos, trucido grassone impresentabile, capo dei “Greci Indipendent”i, formazione xenofoba, razzista, omofoba, può avergli procurato indulgenza, comprensione e perfino affetto da tutta la destra (non c’è che quella) europea. Ma avrebbe dovuto mettere un po’ di sordina al tripudio del “manifesto” e ai peana dei sinistrati: orgasmo vicario di chi non può che fare il guardone.

E, qui, un inciso. “Perché il padre di questa vittoria è solo il quarantenne Tsipras” sentenzia il “manifesto” . E no, cari “giornalisti comunisti”, un po’ conta anche marxianamente, la classe e, se concedete, il popolo. O vogliamo piegarci alle personalizzazioni che, a dispetto di tante vostre sbandate per la “persona della Provvidenza” (Hillary, Obama, D’Alema, Bertinotti, Cofferati, Ingroia, Vendola) deprecate per Renzi, Grillo, Berlusconi. Per tre anni ininterrottamente centinaia di migliaia, nel totale milioni, di greci hanno occupato le piazze e hanno combattuto, senza remore nonviolente,  la consorteria dei vendipatria e i suoi pretoriani, altro che “il solo quarantenne”. Ma le richieste, allora, andavano ben oltre gli attuali propositi e forse, se il 40% dei greci non ha votato, un problemino di fiducia c’è. 
Commovente e patetiche, ad Atene, le centurie di militanti rivoluzionari con la cotta di chierichietti dell’italica “Brigata Kalimera”. Insopportabile quel Bella Ciao tuttofare che include titolari come i No Tav, o i kobaniani, assieme ad abusivi come Santoro, o i parlamentari soggiogati da Napolitano. Un’altra roba che ci hanno fregato e contaminato. 

Intanto, man mano che si avvicinava a posizioni di responsabilità e pragmatismo, più volte ribadite, si ammorbidiva la già inflessibile lancia dell’oplite delle Termopili: niente più trattati da cancellare, solo l’austerity da attenuare e il debito da “rinegoziare” (come fosse dovuto a chi lo ha provocato). Poi, quella nomina alla Difesa, i ministri espressi dalla cosca degli intoccabili armatori, il governo di tutti maschi (il “manifesto”, all’ottavo brindisi, l’ha chiamato dream-team– “squadra da sogno” era troppo burino), alla faccia delle tante avanguardie femminili di una lotta vincente di 4 anni. Infine il giuramento che avrebbe mantenuto intonsa la spesa militare greca (Nato), che l’Euro, patibolo della Grecia, non sarebbe stato toccato. Eccoci a quell’Europa col rossetto e le calze a rete, trasformata da ruffiana in amante di rango, che qualcuno vagheggia e che verrà comunque decapitata, alla maniera degli apprendisti ISIS, all’atto del TTIP.  

Ricordate gli strepiti alla notizia dell’alleanza tecnica al parlamento europeo tra Grillo e Farage, “fascistone maschilista e xenofobo”? Tutte le combriccole fatte apposta per tagliare le gambe ai Cinque Stelle hanno sparato riprovazione per settimane. Su questa combine, dove il pugno chiuso si puntella su una spranga antimigranti e sulla più alta spesa militare d’Europa in rapporto alla popolazione, “manifesto” e allegra brigata hanno sorvolato con grande chic. I due pesi e due misure non sono esclusiva di quegli altri. Ora si odono grida e sussurri sul proposito di fermare le privatizzazioni, di far mangiare i greci scarnificati dall’euro. Vedremo.

Tsipras: una sintesi di Spartaco, Marx, Lenin, Zapata
Addirittura, con l’ennesima cantonata di Tommaso De Francesco sull’iper-euforico “manifesto”,  si afferma che Atene rompe la necessaria unanimità UE, opponendosi ad “altre” sanzioni alla Russia (pur deprecando le cattive maniere di Putin) e, hai visto mai, un ministro della Difesa che occhieggia verso Mosca… Dai funambolismi di De Francesco sorge uno Tsipras condottiero anti-atlantico, partner di Putin per essersi pronunciato contro le sanzioni. Falso, mai detto. Si è limitato, con la Mogherini, a lamentare il metodo, che aveva escluso la Grecia dalla deliberazione. Trattasi del  giornalista, che, a suo tempo e ancora oggi, ha definito la difesa delle istituzioni serbe dall’assalto dei tagliagole UCK in Kosovo, “contropulizia etnica”. O, più recentemente, il pogrom pro-golpe allestito dagli Usa con gli ascari nazisti a Kiev, una “giusta protesta contro il corrotto Yanukovic…  per non farlo finire nelle mani di Putin”. Chi ricorda come Marinetti definiva individui del genere?

Ceteris paribus, non pare “la grande svolta”. Ma staremo e vedere augurandoci di sbagliare. Sapremo flagellare la nostra cecità politica.Intanto preoccupa questo delirio pro-Tsipras come condiviso, in “profonda sintonia”, tra gli uni e i loro supposti opposti. Con quel Vendola dall’onnicomprensivo, celestiale vuoto pneumatico del logo “Human Factor”.  Al ragazzotto di Terlizzi non pareva vero di poterlo scrivere in inglese. Poi c’è la sposa morganatica europea del baldo greco, Barbara Spinelli, tuttora lì, nella lista Tsipras, tuttora fiduciaria “a sinistra” dei padroni del mondo riuniti in Bilderberg. Alexis, non è un bel vedere, non ti pare? Dettaglio significativo, come avrebbe detto Maria Montessori, la presentazione del libro "Alexis Tsipras, la mia Sinistra" da fan come Vendola e Fassina, moderata dalla nota Lucia Goracci, che, invece, fan appassionata era in Rai dei mozzateste in Libia e Siria. Tout se tien.

Yemen e Argentina, tenaglia sull’Iran
 Nisman

Restano due situazioni incandescenti, non per nulla anch’esse innescate dalla miccia accesa con l’operazione di Parigi. Ricadute di False Flag che, con protervia complottista, insieme alle tante altre, si possono ritenere programmate (vedi nel prossimo post sulle salmerie anti-complottiste dell’armata sinistronza): Yemen e Argentina, due paesi su cui, agevolata dall’infuocato clima di solidarietà con ebrei e Israele, si sono abbattuti, con rinnovato vigore e accresciuto tasso di disinformazione, la “comunità internazionale” e i suoi uffici stampa mediatici

L’assalto all’Argentina della renitente Cristina Kirchner dura da tempo. Forze di polizia infiltrate e sobillate, categorie di grandi produttori agricoli sollecitate alla sedizione anti-tasse, strozzinaggio finanziario a favore di un pugno di avvoltoi Usa, decretato da un giudice di New York. E, ora, la questione del suicidio-omicidio del PM Alberto Nisman, peraltro protetto da 10 (dieci) guardie del corpo. Già anni fa era stata sepolta nel ridicolo investigativo l’accusa all’Iran di aver compiuto l’attentato di Buenos Aires al Centro Ebraico di Assistenza che, nel 1994, provocò la morte di quasi 100 persone. Un Iran a cui non si era mai potuto addebitare neanche una spettinatina di avversari all’estero. Le inchieste non condussero a nulla, ma gli attentati di Parigi sono stati l’occasione perché un magistrato irriducibile, Nisman, si precipitasse in anticipo dalle ferie e rivelasse l’esistenza di un dossier che dimostrerebbe la paternità di Tehran nella strage e la complicità di Cristina nell’insabbiamento delle prove, in cambio di cospicui vantaggi commerciali (petrolio). Grande clamore della stampa, quasi tutta in mano all’oligarchia agroindustriale.

Poi si scopre che l’inflessibile procuratore era condotto per mano dall’agente segreto Antonio Stiuso, collaboratore della dittatura, provato uomo della Cia e del Mossad, da poco silurato. Il suo dossier, che il giorno dopo Nisman avrebbe dovuto presentare in parlamento, si è rivelato un insieme di fuffa, alla Mitrokin per intenderci. Il giornalista, intimo di Nisman, che ne aveva scoperto il “suicidio” (peraltro con una pistola un po’ troppo lontana dal corpo), Damian Pachter, “temendo per l’incolumità”, se n’è fuggito in grembo a mamma Israele. Cristina scioglie i servizi segreti e parla di assassinio che puzza di golpe lontano un miglio. I suoi scambi commerciali con l’Iran sono di modesta entità. Formidabili, invece, come in tutta l’America Latina, e inaccettabili per gli Usa, quelli con la Cina. 

Il che non impedisce alle voci del padrone in tutto l’Occidente di rinnovare l’ostracismo e l’assedio all’Iran, come esemplificato dall’isterismo di Netaniahu. Con il beneficio collaterale di gettare l’ombra del mandante sulla presidente argentina che, guarda caso, aveva appena ottenuto la solidarietà della CELAC (organo di coordinamento latinoamericano che esclude gli Usa) alla sua rivendicazione sulle Malvine e ha rapporti sempre più stretti con la Bolivia di Morales, l’Ecuador di Correa e il Venezuela di Maduro. Complottino raffazzonato, ma quanto basta perché i grandi media agevolino un altro passo verso la guerra alle due entità statali coinvolte. Vessillifero italiota Furio Colombo, correligionario del duo Nisman-Pachter, puntualissimo all'appello, che, ripetute le panzane Mossad  contro la Kirchner, l'Iran e Hezbollah, ci aggiunge la sua personale fialetta di veleno ricordando che Pachter è fuggito proprio nel "Giorno della memoria". Sdegno!


Lo Yemen, per averci vissuto, lo conosco bene. Popolo remoto nel tempo ed effervescente nell’oggi. Paese di genti gentili e fiere. Fine anni ’70, Ibrahim El Hamdi, un presidente onesto e nazionalista e l’Arabia Saudita wahabita, che da sempre considera lo Yemen un suo protettorato, che sobilla le popolazioni del Nord, pur trattandosi di sciti, in funzione antigovernativa. Segue colpo di Stato di El Ghashmi, un generale fellone, assassinio di El Hamdi, e poi la trentennale tirannia “democratica”  e “amerikana” di Ali Saleh. Nel 2012 una primavera yemenita, che unisce classi, clan, confessioni, indipendentisti del Sud eredi della Repubblica Popolare Socialista (forzatamente riunita al Nord nel 1992), spazza via il trentennale despota che aveva ridotto il già povero paese al lumicino. Ma, combinazione, spunta Al Qaida, che inizia a disorientare e dividere le masse. Chi resiste sono gli zaiditi sciti “Huthi” (da Hussein Badreddin Al Huthi,un capo ucciso nel 2004) riuniti nel movimento “Ansarollah”, patriottico e moderatamente islamico, che si oppone alla normalizzazione dettata dal duo Usa-Saudia. Una casa regnante, quella saudita, che, a discapito delle decapitazioni, amputazioni ai ladri e lapidazioni di donne che fanno un baffo all’ISIS, va puntellata ad ogni costo. Anche con l’immondo omaggio da parte delle Grandi democrazie al testè defunto socio capo-decapitatore Abdallah. Nel giro di pochi mesi del 2014 “Ansarollah” conquista la capitale e dilaga verso Sud e si prende i grandi porti a ovest, sul Mar Rosso. E potenziano lo scontro con il regime, dove ora è stato insediato il nuovo fantoccio dell’imperialismo ,Mansur Al Hadi, succedaneo di Ali Saleh.
L’esercito, in gran parte di sciti (il 30% della popolazione), si decompone e, contro la rivolta popolare, gli vien fatto subentrare Al Qaida. Gli Usa sono presenti da tre anni con i soliti “istruttori”. I droni della Cia, con i  loro missili Hellfire, si avventano sul paese e fanno fuori famiglie, prevalentemente scite, definite “terroristi” di Al Qaida nella Penisola Arabica. L’obiettivo finale per lo Yemen: una nuova Somalia. Caos creativo. 

I rapporti degli insorti col nuovo presidente sono alterni. Con la capitale occupata, il popolo mobilitato, il palazzo presidenziale assediato, Al Hadi si dimette insieme al Primo Ministro, il parlamento recalcitra per ovvie ragioni di sopravvivenza, e i due ci ripensano. Stallo politico, ma dominio militare scita. Mentre è chiarissima la funzione di Al Qaida e della sua aereonautica di droni Usa, non è facile capire i rapporti tra indipendentisti del Sud e Huthi, entrambi aggrediti da Al Qaida e bombardati dagli Usa. E neanche sono chiari gli obiettivi degli insorti. Se puntano a un rovesciamento del regime, o a una convivenza nel segno di una nuova costituzione che garantisca ai discriminati sciti un ruolo di partecipanti a pari titolo e non spezzetti il paese secondo il progetto iniziale del presidente e dei suoi suggeritori sauditi.

Intanto la centralità mediatica e geostrategica in cui i fatti di Parigi hanno collocato lo Yemen, con la presunta matrice yemenita dei presunti attentatori e le chiassose rivendicazioni delle stragi arrivate da Al Qaida nello Yemen, hanno spalancato un’autostrada a un più massiccio intervento Usa. In gioco è la posizione superstrategica dello Yemen tra Africa e Medioriente, sulle rotte del petrolio e dei pirati da sterminare. Naturalmente si tratta solo di contenere l’espansione dello Stato Canaglia iraniano, di cui, con ogni evidenza, gli Huthi sarebbero un tentacolo.Tutto questo è molto gradito ai frantumatori  israeliani degli Stati nazionali nella regione, al complesso militar-industriale Usa, alle compagnie di contractors, ai jihaidisti assoldati e importati dalle solite aree di reclutamento Cia e Mossad. Forse un po’ meno a un esausto Obama, già in difficoltà in Afghanistan e Ucraina, incapace di tagliare il nodo siro-iracheno, assediato dai cannibali repubblicani, dalla necrofila Clinton e dal matamoros Netaniahu, si sta chiedendo se la Cupola che lo ha inventato, non stia passando a sicari più efficaci. 

NESSUN COMPLOTTO, PER CARITA'

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Pene domestiche
 “Iniziali, nome puntato, nome e cognome, nome con titolo (On. Prof.): ecco il codice per riconoscere i voti e smascherare i cecchini” (Sebastiano Messina, “La Repubblica”). Per il Quirinale esattamente come nel voto di scambio tra politici e mafie, magari con schede precompilate o cellulari in cabina.

“Il prossimo presidente si affaccerà al Quirinale a piedi, scalzo, col saio, con un sacco dei ceci sulle spalle”. (Ferruccio Sansa, “Il Fatto”). Urticante ironia dell’unico organo d’informazione che non sversi saliva sotto le suole del neo-presidente arrivato in “Panda grigia”, da classico furbetto del Palazzo, per poi passare in Cassa e ritirare i suoi 240mila euro annuali, da sommare a un profluvio di pensioni. Apoteosi della sobrietà.

“Mattarella farà le stesse cose che il papa sta facendo nella Chiesa”. (Eugenio Scalfari, Rai Tre). Giusto, e stiamo freschi. Uno, compare della dittatura, l’altro, intimo  compare di quel Beniamino Andreatta  che, con Soros e Draghi sul “Britannia”, organizzò la demolizione e la svendita dello Stato italiano. Servo encomio del capo turiferaro ai potenti che gli permettono di fare la paperetta in piscina.

“Il Qurinale invita Berlusconi alla cerimonia di insediamento”. (Agenzie). Rispetto agli abboccamenti presidente-delinquente del novennato, è il “Grande Cambio”.
“Mattarella dalla parte giusta”. (“Il Manifesto”). E pure il “quotidiano comunista” dalla parte giusta. Come i suoi pargoli Riotta, Menichini, Concia, Barenghi,  Annunziata, e i suoi guru, Bertinotti, Luxuria, Pussy Riot, Vendola, il nuovo Renzi mattarelizzato… “ 

La tragedia del fratello ucciso dalla mafia,faro ideale di Mattarella” (Giuseppe Di Lello su “il manifesto”). Il fratello coinvolto nella Banda della Magliana, invece, è sparito dai radar. Del resto, prosegue il cerimoniere, sobrio, parco e istituzionale, il neo presidente “non si è mai invischiato in polemiche giudiziarie riguardanti l’ex-cavaliere”.  E pour cause!


“Ora deve nascere un centro moderato (moderato=Destra). Non è un problema del PD, è un problema del sistema”. (Walter Veltroni, “La Repubblica”). Walter l’Africano riemerge come levatrice del Partito della Nazione, sogno coltivato sin da quando ancora si sbatteva controvoglia tra rozzi comunisti. Fu candidato sindaco di Radio Città Aperta e della Rete dei Comunisti.Lungimiranti.

“Bernardo Mattarella, il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal separatismo alla DC”. (Claudio Martelli e Relazione di Minoranza  del PCI in Commissione Antimafia). Sergio Mattarella, il Feldmaresciallo che traghettò l’Italia dalla pace alla guerra alla Jugoslavia. Il Ministro della Difesa, in particolare difesa delle sue forze armate, si suppone, che, oltre a sterminare un po' di serbi, rifiutò di riconoscere la causa di servizio a 308 militari italiani uccisi dall'uranio e dai metalli pesanti in Jugoslavia e nei poligoni sardi. Li mandò a morire senza protezioni, arrivò a negare l'uso di bombe all'uranio ammesso dallo stesso governo Usa. Crimini di guerra, parrebbe. Uno così sarà sempre e solo il presidente della casta, magari degli amici degli amici, mai nostro. Alla facciaccia decomposta di Svendola.

“ L’ethos ebraico impone di ragionare prima di infliggere la campagna Boicottaggio Disinvestimenti Sanzioni anche agli artisti e accademici di Israele”. (Moni Ovadia, Premio Stefano Chiarini). Coloro che combattono contro Gheddafi sono giovani rivoluzionari democratici e chi dice il contrario è  pagato dal dittatore. (Amedeo Ricucci, Premio Ilaria Alpi). Due Premi sputtanati. Due salme roteano nella tomba.

Mattinale dei complotti
Forze militari tedesche della Nato si insediano nell’Uzbekistan, a un tiro di schioppo dalla Russia. L’UE allestisce una cooperazione militare con la Georgia, a un tiro di schioppo dalla Russia e la Nato ne annuncia il suo prossimo ingresso. L’UE propone aiuti militari all’Ucraina. Sei basi Nato in corso di allestimento nei tre paesi baltici che serviranno da centri di comando per la nuova Forza d’Intervento Rapido Nato, a un tiro di schioppo dalla Russia. Gli Usa forniranno “istruttori” e mezzi all’esercito ucraino. La Polonia preannuncia stato di guerra con la Russia. La Nato assiste Bulgaria e Romania nei preparativi di guerra alla Russia. Il Congresso degli Stati Uniti decide un’altra forza d’intervento rapido, da pronto impiego contro la Russia. Colonne di carri armati tedeschi entrano in Ucraina. Forze speciali Nato, contractors, terroristi ceceni, impiegati con i battaglioni nazisti contro la Novorussjia (vedi video nella rubrica a sinistra del post). Tutto l’Occidente per voce del suo spaventapasseri Stoltenberg, segretario generale Nato, accusa la Russia di assediare i paesi Nato.

Un po’ là, un po’ qua, queste notiziole si rintracciano nelle pieghe della grande stampa. Ciò di cui non c’è traccia, neanche a pagarla tutta alla cifra esorbitante del proletario “manifesto”, è la bagatella che il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine, generale Viktor Muzhenko,  smentendo “gli invasori russi” di Stoltenberg, disintegrando la stessa base per le sanzioni alla Russia “perchè Putin ha invaso l’Ucraina”, ha dichiarato a Canale 5 della Tv ucraina “Il nostro esercito non ha di fronte alcun soldato russo. Semmai solo residenti del Donbass e qualche volontario russo”. E neanche una piccola nota è stata riservata all’assedio che, in seguito a questa ammissione, i battaglione nazisti, come “Aidar” e “Azov”, che Muzhenko rifiuta di pagare e integrare nelle FFAA, stanno attuando contro il Ministero della Difesa a Kiev.

Analogamente silenzio dei media tutti sulla confessione di un Comandante pakistano dello Stato Islamico arrestato, Yussef al Salafi, responsabile di attentati terroristici attribuiti ai Taliban, di ricevere fondi direttamente dagli Usa per reclutare jihadisti da spedire in Siria, al ritmo di 600 dollari per miliziano. La rivelazione viene ripresa da tutta la stampa pakistana e dibattuta a livello diplomatico con John Kerry nella sua recente visita a Islamabad.

Infine tutto tace anche sulla decisione dell’ultrà pacifista Obama (Furio Colombo) di aumentare di 534 miliardi il bilancio della “Difesa” Usa che, attualmente, tutto compreso, supera i 1000 miliardi ed è più di quello di tutti gli altri insieme. Tanto in Usa, dicono, c’è la ripresa, come attestano lo sfascio di istruzione, sanità, infrastrutture, ricerca e i 50 milioni di privati di assistenza sanitaria che per averla si sono dovuti assicurare presso i colossi del ramo, determinando quel 3% di aumento del PIL che costituisce la “ripresa”. Il fantaccino italiano lo segue affrontando il crollo del PIL a forza di mignotte e biscazzieri.

Un contributo alla causa alla propria altezza viene poi dal sindaco di Roma, Marino.  Ospita in Protomoteca una gazzarra anti-Putin centrata sulla proiezione del film “Pussy vs Putin”, sulla storia della “rinomata rock-band femminista” Pussy Riot. Le eroine che hanno sfidato il potere clerical-totalitario-omofobo dello zar, devono aver invaso l’immaginario del sindaco con le orge fatte nei musei, con i polli infilati in vagina, con gli spogliarelli alla bestemmia in cattedrale. Dalla poesia di Charlie Hebdo alla prosa delle Pussy Riot. Potrebbe trattarsi di Psichopatia Sexualis  (Krafft-Ebing). Sempre edizioni Cia-Mossad sono.
 Pussy Riot a Mosca

D’altra parte…
Con oltre 100mila a Madrid e la scalata a primo partito spagnolo, “Podemos” ha fatto il botto. Come Syriza nei tre anni di piazza radicale, se non rivoluzionaria. Poi a questi è capitato Tsipras, che ha appena confermato la sua adesione alle sanzioni esistenti contro la Russia. Occhio a Iglesias. Incidentalmente, se leggi i punti programmatici di “Podemos”, scopri che sono identici, voce per voce, a quelli del M5S. Solo che del primo la “sinistra” si mette il cappello, del secondo se ne stropiccia le scarpe. Di nuovo Psychopatia Sexualis, problemi dell’impotenza.

Nemici in casa e fuori

Il nemico fuori casa è abbastanza identificabile, a dispetto dei suoi mille e sempre più logori travestimenti. Sono quelli con la bomba, il dollaro, lo shekel, lo scapolare, il triangolo con compasso. Ma ci sono anche i portatori di diritti umani e la presunta  controparte mercenaria creata da quelli del dollaro secondo il metodo imperialista classico: controllare entrambi gli schieramenti (vedi Egitto, Iraq, Grecia, Libia, Torri Gemelle). E’ l’ordine all’interno del caos creativo. Campa sullo stereotipo e sulla ripetizione. Chi non si fodera gli occhi di fuffa renziana lo riconosce agevolmente.
Più complessa è la storia del nemico in casa. Quello finto, immaginario, recentemente spesso con barbone e scimitarra, costruito ricorrendo a barbe finte. 

Quello su cui hanno marchiato il termine “nemico della porta accanto”, che un tam tam parossistico, partito dall’11 settembre di New York e rilanciato alla grande dopo l’attentato al fogliaccio pornocomico del Mossad, si rappresenta con turbante e jallabija. Ce la suonano a ciclo continuo i vari organizzatori dello Stato di Polizia planetario e sicari, ce la cantano, su percussioni assordanti, gli ascari innestati nel mondo islamico, con annunci di sfracelli in Vaticano, o sul tuo treno di pendolari.
Devi tremare. Ogni moschea un covo, come ogni centro sociale, come ogni piazza di scontenti dinamici, ogni campo nomadi, ogni scuola, ogni sito scapestrato. Davanti a tutti, il belluino jihadista, pronto a squartare te, scuoiare i tuoi figli, stuprare tua moglie e decapitare congiunti e amici. Fino a farti cadere in ginocchio, invocare gendarmi anche in camera da letto e battere le mani alla partenza delle truppe coloniali.

Più sfuggenti, viscidi, insidiosi, sono i nemici in casa, quelli di marca, autentici, travestiti, ma anche inconsapevoli. Li classifichiamo in nemiconi (ominicchi), nemichetti  (quaquaraquà) e nemicazzoni (ruffiani). Li convertiamo, dall’alto in basso, in: governanti e classe dirigente, che simulano amicizia a 360 gradi e promettono di fare solo gli interessi degli altri; corifei dei primi, mascherati, in un’eterna commedia degli equivoci, da chic e corretta opposizione di Sua Maestà; nerboruti e vociferanti eroi della tattica rivoluzionaria, ma ancheriformista, muniti di picca e spada, che non gliela mandano a dire. Ma quando tuonano le cosmoballe del “nemico”, quelle  che servono alla sua strategia, belano in perfetta sintonia. Pensate alla “nonviolenza”,  ai “diritti civili”, al “terrorismo”, ai “dittatori”., all’altermondialismo. Anti-imperialisti, antagonisti della migliore acqua, purché anticomplottisti. Parliamo di questi.

Figuriamoci l’Italia come una di quelle querce, che sono gli alberi – icona della forza e della vita - con cui mi capita di chiacchierare la mattina nel bosco. Potremmo immaginare  che  l’anticomplottista, sopra tratteggiato, rappresenta la pianta saprofita che si stringe al fusto della quercia, le si arrampica addosso fino alla cima e, avendone succhiato e soffocato tutti i pori, ne provoca lo schianto. Tale è la funzione di chi vuole annebbiare la verità, i fatti, il pensiero, scaturiti dalla realtà  e dal suo back stage, inoltrando i fumogeni che partono dal Cervellone Centrale.  Quello che elabora “invasioni russe”, “dittatori sanguinari”, “terroristi islamici”.

“Sinistrainrete”è uno di quei siti della sinistra in cui si incrociano, e spesso fanno dei frontali, analisi e opinioni e i loro opposti. In uno degli ultimi numeri della newsletter, che accoglie interventi d’eccellenza, a volte condivisibili, a volte no, ma sempre dignitosi, Giacchè, Bagnai, Fusaro e molti altri, si sono infilati due esemplari di quelli che potrebbero essere definiti “volpini della tattica” e “conigli della strategia”. I nemicazzoni. Uno è un carneade con cognome da sacrestia. Ve lo faccio indovinare, magari compulsando il sito della settimana scorsa. L’altro è da anni che su tutte le vicende dell’universo mondo, roteando di testata in testata di “sinistra”, filosofeggia e dottoreggia in linguaggio eburneo. Supercazzole su tutto quello che gli capita sottomano, dalla Serbia alla Palestina, dall’Islam ai “nostri valori”. Si chiama Slavoj Zizek e sua funzione è avallare ogni vulgata sul nemico fondamentalista spurgata dalle centrali imperiali, rendendola palatabile con dotte citazioni (Nietzsche, Kafka)  e a forza di accuse di  “nichilismo attivo e passivo” a chi non ci sta. E l’addetto imperiale ai gonzi con liceo classico.

Passiamo al secondo. C’è in una grande città una radio “antagonista” molto vernacolare (gli epigoni di una certa Autonomia Romana). Campa con le dirette delle sedute di enti locali che non gli garantiscono molto radicamento locale, ma una formidabile convegnistica. Espresso anche un partitino comunista, ad alto tasso familistico ed escludente rispetto a liberi e pensanti, a suo tempo lanciò una lista a sostegno di un candidato sindaco della più bella acqua post-PCI e neo-DC, Walter Veltroni (la non condivisione di tale esuberanza antagonista, provocò l’immediato mio allontanamento “per motivi caratteriali”). Fucina di giornalisti del quartierino, un suo esponente di punta si misura ora su Sinistrainrete.
Nessun complotto

Il suo ultimo intervento, che immodestamente sospetto abbia posto in fondo alla canna del fucile anche me, visto che da pochi giorni mi ero occupato del tema, spara a palle incatenate contro il “complottismo”, rincorrendo così un’armata di fustigatori dei “dietrologi” (letteralmente quelli che guardano dietro alle apparenze) che annovera tra i suoi copy-writer il fior fiore del menzognificio imperial-capitalista. Ignaro del concetto di paradosso, questo palo di turno dei rapinatori di verità, definisce il complottismo “lettura consolatoria e fuorviante della realtà”. Nientemeno. E giù botte. Mica è lettura consolatoria e fuorviante quella di chi ci rifila una versione grottesca di operazioni terroristiche dotata, non di buchi, di voragini di coerenza e fattualità. O di chi esporta democrazia a forza di squartamenti di nazioni. O di chi dalle operazioni terroristiche del “nemico” ricava ulteriore combustibile per le sue strategie di dominio e di distrazione di massa: leggi speciali, società securitaria, armamenti, nulla osta popolare a stermini di massa. Quando mai nella storia  un potere, politico, militare o religioso, ha messo sul piatto del popolo le sue vere intenzioni? Come potrebbe una minoranza di malintenzionati controllare la maggioranza se non a forza di raggiri, specchietti delle allodole, falsi scopi, nemici più nemici di lui, ma esterni.

Quando noi “dietrologi”, come qualsiasi analista o storico che si rispetti, ci affanniamo a cercare dati di fatto che potrebbero far intravvedere e sospettare un’occulta regia, comune alle varie potenze della tirannia e della guerra, questo brand di collisi-collusi ci oppone la “lettura consolatoria e fuorviante” delle cose così come ce la propina il marketing dei maghi Silvan e delle sue assistenti. Come “consolatoria e fuorviante” è il loro superamento delle nostre astruserie speculative, che ci fanno affacciare su abissi strategici, scoperti attraverso il velo delle realtà tattiche. Lo sguardo scevro di nebbie del bambino che vede il re nudo, è complottismo. E noi dietrologi siamo bambinoni affetti dalla “malattia infantile del comunismo” che, in questo caso, è quella di chi gioca con il Lego della fantasia.  E non basta nemmeno il dato di fatto oggettivo che ognuno di quelli che banchettano ai piani alti, quando aprono la bocca non per mangiare, ma per emettere suoni, immancabilmente dicono bugie. Bugie ognuna delle quali è una tessera nel gigantesco mosaico del complotto. Dunque, “stai sereno”.
 Nessun complotto
Che un attentato ad Amman, nel 2005, (per il quale l’ISIS ora richiede la liberazione di una sua kamikaze), abbia visto evacuare dall’albergo, la sera prima, su ordine dello Shin Beit tutti i cittadini israeliani  e saltare invece in aria, insieme a comuni ospiti, tre ufficiali dell’Intelligence Palestinese riuniti segretamente con dirigenti del Ministero della Difesa cinese, non cambia la certezza di un attentato islamista. Al Mossad non interesserebbe. Delle Torri e del Pentagono tanti hanno detto tanto da impedirci di infierire. Della filmata collaborazione tra polizia e terroristi islamici dagli occhi azzurri, davanti alla sede di Charlie Hebdo, come del sistematico assassinio di presunti attentatori che si potevano prendere vivi, non gliene cale una cippa.  Ammettono che qualcosa di non chiaro c’è stato nel Golfo del Tonchino, che giustificò bombardamenti di Vietnam e Cambogia e che Powell si è lasciato fregare dai servizi quando all’ONU agitò l’ampolla con i gas di Saddam. Ma quella è storia passata, che nemmeno i responsabili sono riusciti a smentire. Se pò fa’. Non esiste per loro un filo rosso che parte dai 10 comandamenti, per disciplinare tribù e attrezzarle alla guerra, attraversi le crociate contro il “Feroce Saladino” e giunga alla rivoluzione colorata dei cecchini Cia a Maidan di Kiev. Quanto al “cui prodest”, principio di valutazione per chiunque faccia uno zoom oltre la quinta, essendo vernacolari, non afferrano il concetto.

Invece fortissimamente credono alle “contraddizioni interimperialistiche”, da sempre ciambella di salvataggio per chi annaspa nei campi dei rifugiati da fallimenti politici.  Non ce l’abbiamo fatta noi, ma ci penseranno loro a farsi a pezzi. Ora, nessuno nega che nell’Idra a tre teste del complotto per la supremazia e la proprietà di ogni cosa, Usa, Israele, califfi e sultani, con le altre escrescenze del mostro in Europa, vi possano essere alterchi, dispute ereditarie e di confine, il battibecco per il nuovo lotto, un po’ di corna qua e là. Ma, basta Machiavelli per dirci che stanno tutti nello stesso allevamento e cessano di beccarsi per il grano di mais non appena si tratta di difendere e potenziare l’intero Corral. Non saper giocare a pallone e affidarsi alle divergenze tra imperialismi e sub- imperialismi per vincere la partita, rinnova in perpetuo il paradosso dell’Asino di Buridano, è la classica fenomenologia delle riserve in panchina..

Mi perdonerà il mio perspicace anti-complottista se adesso vedo il “Giorno della Memoria”, con la sarabanda che, a offesa delle vittime ricordate, ne volge i nefasti a proprio beneficio, come il punto focale di un’operazione che parte da Charlie Hebdo e fa del carnefice dei palestinesi l’inesorabile, perpetua, escatologica, vittima di tutti noi, dagli antenati ai pronipoti. Per chi ne volesse tirare la coperta a oscuramento di Gaza e del sempre più trasparente madrinaggio del falso, ma mercenario, Islam; per chi volesse continuare  a trarre dalla persecuzione degli ebrei alibi per offese terroristiche fatte passare per “difese dal terrorismo”; e per chi cerca di seminare paura, ignavia e conformismo, perché facilitino il definitivo Nuovo Ordine Mondiale di signori e schiavi, per tutti costoro i fatti di Parigi, i sette milioni di copie per sadomasochisti, i milioni che a Parigi e ovunque nel mondo hanno marciato contro l’antisemitismo alle spalle, sono capitati al momento giusto. Ma noi siamo solo  cacciatori di farfalle nel paese degli Acchiappacitrulli.

 Nessun complotto

Article 16

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GLI  ZOCCOLI  DEI  4 CAVALIERI: Usa, Nato, UE, Israele

“Ancora una volta respingiamo fortemente queste narrazioni che omettono deliberatamente un’analisi delle cause che spingono queste persone a partire.

Rifiutiamo le lacrime di coccodrillo di quegli attori internazionali (UE, NATO…) che sono i principali responsabili della destabilizzazione di interi territori e, di conseguenza, della morte di chi è costretto a fuggire in clandestinità. Dietro le politiche migratorie si nascondono le solite ambizioni neo-colonialiste e imperialiste, spinte dagli interessi economici dell’industria bellica”. (Collettivo Askavusa, Lampedusa)

Iniziamo alla grande salutando una strepitosa vittoria del movimento No Muos a Niscemi e di tutta la Sicilia. Il TAR, cui aveva fatto ricorso, con firma del Comune di Niscemi, ne ha accolto le istanze e ha ordinato la sospensione dei lavori. Il Davide No Muos ha piazzato una bella mano in faccia agli Usa e ai signori delle guerre. L’inconfutabile documentazione sui pericoli a salute e ambiente dal colossale inquinamento elettromagnetico dalle parabole del Muos e dalle 43 antenne connesse, merito di scienziati come Corraddu e Zucchetti, non poteva al TAR lasciare scelta. A dispetto dell’effetto soggezione che gli Usa e anche il loro fantoccio domestico abbiano potuto esercitare. E non illudiamoci che le cose sarebbero andate in questa maniera senza la lotta ormai triennale dei Comitati No Muos e senza la mobilitazione di massa, d’opinione e di piazza, che hanno saputo promuovere. NO MUOS HASTA LA VICTORIA!


Date un’occhiata qua: http://youtu.be/RqGi0iElHzQ . I No Tav, strepitosi.

 A Beppe

Nessuno dei papaveri politici o sindacali o della “società civile” hanno detto una parola, dal palco della marcetta romana pro-Grecia, sulla tempesta di guerra che sta lambendo il nostro paese e tutta l’Europa. In parlamento quasi uguale, con SEL che pigolava invocazioni ONU (alla Renzi) e solo il Movimento Cinque Stelle che pronunciava un durissimo rifiuto alla guerra. Sopravviene, ahinoi, una dichiarazione di Beppe Grillo che, pur sempre contro la guerra, per un malinteso senso tattico, affermava che le atrocità dell’ISIS erano niente rispetto alle atrocità di Gheddafi. Ma come, Beppe, hai dimostrato tante volte di avere un naso buono per scoprire le balle belliche dell’Occidente e ora faiquesto tonfo nella brodaglia propagandistica degli assassini della Libia? Ti sarebbe potuto bastare il documento dell’ONU, del febbraio 2011, che riconosceva alla Libia il primato continentale nella classifica dello sviluppo umano: emancipazione delle donne, democrazia diretta, diritti civili, distribuzione della ricchezza, salvaguardia dell’ambiente, giustizia sociale. Gheddafi è diventato un mostro quando ha lanciato la battaglia per l’unità e indipendenza africana. E poi occhio a pretendere dagli altri la nostra forma, tossica, di democrazia.

Un momento, mi arriva ora questa precisazione sulla frase detta da Grillo: “Al confronto della mattanza di Gheddafi impallidiscono persino le decapitazioni dell’Isis“. Si afferma che Grillo si riferiva alla mattanza che i terroristi mercenari hanno inflitto alla persona di Gheddafi. Nel qual caso, ritiro ogni critica, ovviamente. E mi congratulo.

Che si sappia: nessuno si salva, neppure i danesi!(Cia-Mossad)

Charlie Hebdo bis a Copenhagen e rilancio della psicosi del “lupo solitario” nella casa accanto + altre centinaia di affogati  tra Libia e Lampedusa + decapitazioni in massa dell’ISIS di copti egiziani a Sirte occupata e minacce di colpire Roma, tutto roba che esce dalla stessa matrice. Dalla quale esce anche, con rinnovato vigore, l’invito agli ebrei di lasciare questi paesi di merda, zeppi di antisemiti, e venirsene in Israele (nulla dice Netaniahu su dove dovrebbero trovare rifugio i milioni di semiti arabi da 70 anni massacrati dagli antisemiti  anglosassoni e israeliani, tuttora impegnati nel genocidio). Netaniahu giura anche che ci saranno altri attentati. E se non lo sa lui, che continua la pratica dello Stato criminale quando, nel 1951, fece esplodere bombe in Iraq per spaventare e far fuggire una comunità ebraica che viveva in armonia con il resto della popolazione, o quando deportò a forza gli ebrei yemeniti e i falasha, presunti ebrei, etiopici, poi ridotti in schiavitù in Israele. E a proposito degli orripilanti video delle efferatezze dell’ISIS, sono tutti raccolti e diffusi in tempo reale dall’organizzazione SITE, dell’ebrea statunitense Rita Katz, già ufficiale di Tsahal, ovviamente spia, a cui curiosamente nessuno chiede come faccia a corrispondere con tutti i siti jihadisti, fin dai tempi dei falsissimi Bin Laden, senza che ciò consenta ai colleghi della Cia di scoprirne gli autori, le redazioni, i ripetitori. Che quei siti siano un’impresa in società tra ISIS e Cia-Mossad?

Risultato programmato di questi avvenimenti: tappeto rosso mediatico per le truppe Usa di ritorno in Iraq, per occuparsi direttamente della tripartizione, e per i burattini italiani del teatro dei pupi che sbattono le sciabole verso quel che resta dell’ex-colonia libica. La regia dell1% terrorista è complessa, ma funziona. Ha subito una battuta d’arresto solo in Ucraina, grazie alla trasparente grossolanità delle operazioni False Flag dei nazisti di Kiev e, soprattutto,all’impegno lungimirante dell’unico statista non psicopatico su piazza, Putin, che ha saputo giocare sul panico tedesco e francese di fronte al progetto Usa di fargli troncare ogni proficuo scambio con la Russia, fino a fargli fare la guerra. Non ci illudiamo, però. Sarebbe stolto immaginare che ora gli statici anglosassoni-israeliani, dopo ave combinato tutto quell’ambaradan in Ucraina e negli altri paesi sul fronte russo, rinuncino ora a portare a compimento lo squartamento dell’Ucraina (Caos creativo). I sabotaggi del piano di pace è già in atto con ulteriori sanzioni a Mosca e il filo diretto Cia-Mossad-battaglioni ucraini con la svastika. Va in ogni caso salutata con commozione, ammirazione, affetto la grande impresa dei compagni della Novorossiya, vincitori per motivazione, valore e partecipazione di popolo. Con i curdi siriani, con Hezbollah, con Assad e il suo esercito, con le milizie scite irachene,  i combattenti delle Rpubbliche Popolari del Donbass sono la dignità, il coraggio e l’onore del mondo.

 

A la guerre, comme à la guerre

Il suono più stridulo uscito dal concerto di questi terroristi globali, che pretendono di armarsi contro il terrorismo made in Cia-Mossad, cioè a casa loro,lo ha emesso, dal settore italiano della rete fognaria in cui scarica l’Impero, un trio di cretini con pericolosi lampi di imbecillità. Sono i titolari rispettivamente: di un governo cui la Costituzione impone di provvedere al benessere, all’amicizia con i popoli, alla pace; di un ministero che ha il compito di tradurre in atto quell’amicizia e quella pace tra i popoli; e di un altro ministero cui spetta assicurare ai cittadini sicurezza e difesa dalle insidie. Renzi, Gentiloni, Pinotti, rispettivamente Von Klausewitz, Richelieu e Rommel alla panna montata. Sorcini di campagna che si affannano a emulare le pantegane che governano la rete.

Ma non riescono che a evocare i fantasmi di un altro trio – Salandra, Sidney Sonnino e Italico Zupelli , che, nel 1915, mandando a morire un’intera generazione, spesso fucilati dai loro ufficiali, offrirono lo stesso servizio ai loro sponsor di allora: carne da tanti cannoni quanti ne occorrevano per lanciare gli Agnelli e gli altri congiurati alla vetta del potere nazionale. Senza menzionarne gli emuli del 1940. Con la differenza che i muselidi di oggi, oltre a portare pezzetti di cacio ai sorcioni di Finmeccanica o Oto Melara, fanno rotolare l’intera forma di parmigiano alla porta del ratto capo, vestito da direttore megagalattico, di là dai mari. Un consesso di necrofili che prosperano mandando i subalterni ad ammazzare e farsi ammazzare. Ne avrà ricavato un senile orgasmo la “ragazza del Novecento”, visto che tanto si era eccitata sulle brigate internazionali da mandare in soccorso ai “rivoluzionari” di Bengasi.

L’intera operazione dei 330 morti annegati o assiderati, spediti dritti nelle fauci di un Poseidone furibondo da un’organizzazione spiattellata lungo le coste libiche che qualsiasi straccio di satellite individuerebbe e il più scassato dei droni incenerirebbe, con i soccorsi che arrivano tardissimo e privi di mezzi di riscaldamento in una giornata da zero gradi, ebbene, un’operazione di tal fatta emetta miasmi, non tanto di criminale inefficienza, quanto di False Flag.

Ci voleva davvero poco per insospettirsi. In crescendo, quando all’unisono il coro di coloro che credono nella trinità Stelle e Strisce-Stella di Davide-Stellette, prende spunto dalla nuova ecatombe per invocare il ritorno a “Mare Nostrum”, detto scelta umanitaria rispetto a “Triton”, scelta repressiva. “Umanitaria” o repressiva, nascondono entrambe una ben consapevole eterogenesi dei fini: si tratta di armare Lampedusa, che sta solo a 350 km dalla costa libica. Tanti mezzi militari, navi e aeromobili, impegnati sull’immigrazione, che li si chiamino di soccorso o di controllo, significano dispiegamento dei punti di approdo, di rifornimento, di sorveglianza, di depositi d’armi, di sommergibili nucleari. Significano militarizzazione dell’isola. Da tempo i cittadini lampedusani assistono, del tutto privi di informazioni su quanto viene fatto alla loro terra, al potenziamento della presenza di Marina, Aeronautica, Guardia Costiera, aeroporto. E che ne subiscono, sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, i soliti nefasti effetti.

E allora ecco che, alla faccia dei dabbenuomini anticomplottisti, tutto si compone in funzionale armonia: un “attentatore solitario” a Copenhagen (come sempre ucciso dalla polizia prima che potesse sbottare in un “ma per chi m’avete preso?”, o, peggio, “ma mi ci avete mandato voi!”), il maramaldeggiare dell’ISIS a un tiro di Scud da Lampedusa, la catastrofe migratoria da contenere. E il combinato di saldi d’inverno Pinotti-Gentiloni, gente con una competenza in materia da far grandeggiare la preparazione politica del mitico senatore Razzi, ha udito la scampanellata del padrone e, senza prima passare dal parlamento (non usa più), ha dichiarato guerra alle Libie (ce ne sono diverse oggi). Spedirà 5000 armigeri (stavolta volontari e chi è causa del suo mal…..) a rinnovare glorie italiche e fasti mussoliniani in un paese da stuprare per la terza volta in cent’anni. Rimane da constatare che tutti in Occidente bruciano per riprendersi la Libia, il suo petrolio e la sua acqua.

Solo che i dilettanti allo sbaraglio Pinotti, Gentiloni, Alfano, si sono permessi di rilanciare in prima persona l’input che gli è venuto dai padrini Nato, mentre Renzi, seccato per essersi lasciato sottrarre una tale scena e più sensibile agli umori anti-guerra della società, ha freddato l’impeto rimettendosi all’ONU. Che è, di nuovo, come rimettersi agli Usa. In ogni caso, delle opportunità che gli vengono dai fatti libici e di Copenhagen, Renzi preferisce per ora approfittare del terrore diffuso ossessivamente dalla stampa in livrea, che spera abbia preso la gente al punto che, pur di guardarsi dal “nemico della porta accanto” jhadista e dall’invasione dei mori, considera un privilegio essere guardati a vista dallo Stato e ringrazia il governo per aver raddoppiato i militari-sbirri del piano “Strade sicure”. E’ chiaro che per salvarsi dalle orde nemiche,  in casa o “a Sud di Roma”, uno Stato di Polizia di soldati poliziotti con licenza di sparare, è il minimo da sopportare.

Quelli del “mamma li mori”

A proposito della muta anticomplottista, possibile che nessuno di questi succubi dei complotti abbia mai avuto un attimo di resipiscenza e si sia chiesto come sia possibile, senza un retroterra di fabbriche, vaste coltivazioni, agroindustria, canali di rifornimento, complesse strutture di comunicazione, banche, che un’armata raccogliticcia, ancora ieri banda di straccioni da tenere in piedi con dollari del Golfo e degli Usa, possa presentarsi su due continenti con l’efficienza e le dotazioni di una forza armata moderna. Equipaggiamento nuovo di pacca, dalle armi ai mezzi di trasporto e corazzati, alle uniformi, alle tenute da combattimento, da esecuzione, da parata, una distribuzione capillare di pasti caldi ad alcune decine di migliaia di combattenti, rifornimenti illimitati di munizioni, l’amministrazione delle popolazioni e dei territori occupati, eccetera, eccetera.

Tutto rubato dagli arsenali dell’esercito siriano o iracheno? Tutto acquistato con i proventi dei pozzi di petrolio conquistati? E, in questo caso, sotto quali false spoglie si nascondono coloro che gestiscono il gigantesco traffico di scambi tra laggiù e l’Occidente? Impossibili da individuare e colpire? Ma come, non eravamo rimasti scioccati alla scoperta che la NSA, cupola dell’intelligence Usa, di noi coglieva qualsiasi bisbiglio telefonico, telematico, fisico? E com’è che tutta quella gente, i loro treni merci, camion, mercantili, petroliere, alloggi, uffici, gatti, siano tutti sfuggiti al Grande Orecchio? E pure ai droni che tutto vedono e tutto inceneriscono? Ora si apprende che, oltre che con il commercio del petrolio e con i riscatti (si fa per dire), Daesh (lo Stato Islamico) si finanzia anche con il commercio degli organi prelevati alle vittime delle sue efferatezze (escluse quelle bruciate vive). Vale come ulteriore incentivo al terrore in Occidente e, dunque, come obbligo di portare avanti lo “scontro di civiltà”. Non si dimentichi che quello del traffico di organi  estratti dai morti ammazzati, ma anche dai vivi, è pratica ricorrente e dimostrata degli amici della nostra di civiltà: Israele e l’UCK dell’attuale primo ministro kosovaro Hashim Thaci.

A proposito di Israele, è rivelatrice degli intimi legami, ideologici e operativi, tra  la teocrazia ebraica e gli zombie jihadisti, di cui lo Stato-mostro si fa aviazione e di cui cura a centinaia i feriti nei suoi ospedali, l’insistenza con cui il ministro degli esteri Lieberman vuole spostare la paura e l’ira degli occidentali su Iran, Hezbollah e tutti gli sciti. Non passa giorno che non li indichi come il male peggiore.Tutti uniti su questo tema, Stati Uniti, i cavernicoli politici del Golfo e “l’unica democrazia del Medioriente”.

 

Askavusa, a piedi nudi e occhi aperti 

La militarizzazione accelerata dell’Isola, ora portaerei anti-Isis (e anti-poi si vedrà) era già successa. Nel 1986 due Scud libici fecero splash davanti a Lampedusa. Vero? Falso? Fatto sta che sull’isola si avventarono la Folgore e il Battaglione Tuscania e il mare fu pattugliato da un’intera flotta, coperta dall’alto da stormi di F104. Per quella volta tutto si fermò. Ma ora c’è lo Stato Islamico!

Di tutto questo hanno preso atto, unici!, i compagni dell’Associazione Askavusa, cuore pulsante della resistenza lampedusana alla manipolazione colonialista dell’isola sotto le mentire spoglie della gestione del fenomeno migratorio. E’ loro la manifestazione culturale e politica più significativa, con “Lampedusainfestival” che negli anni è diventato, assieme a una rassegna cinematografica dai contenuti che difficilmente si possono vedere altrove, un crocevia di esperienze, creatività, lotta tra isolani e i tanti che accorrono da tutte le parti. Sono loro le denunce sui subdoli tentativi di fare dell’isola una piattaforma avanzata di guerra, con il simultaneo degrado della qualità di vita dei suoi cittadini per carenza di scuole, ospedale, trasporti. E sono loro, e una volta di più, solo loro, addirittura nell’ambito nazionale e internazionale, a puntare il dito sulle cause, universalmente ignorate, degli effetti che costituiscono l’alfa e l’omega del fenomeno migrazioni. Le devastazioni militari, ambientali e sociali, che l’Occidente, nelle sue espressioni Nato, ONU, Coalizione dei Volenterosi, infligge ai popoli da depredare e annientare. Chiudendo quel rubinetto, non ci sarebbero più allagamenti.

 Migranti, vittime e strumenti inconsapevoli dell’imperialismo

La migrazione di massa è conseguenza delle aggressioni occidentali dirette, o surrogate agli islamisti.  Basterebbe fermare Obama e Netaniahu per lasciare a casa il 90% dei rifugiati. Ma è anche funzionale alla neutralizzazione permanente, con uno spopolamento maltusiano, di nazioni che vengono destinate a fuoruscire dal contesto geopolitico. E ha un ulteriore scopo strategico: la destabilizzazione del partner.concorrente Europa, precipitandone la crisi sociale, innescando conflitti etnico-confessionali, aggravandone la situazione economica. Rafforzerà il ruolo subalterno di un’Europa in cui, sventato il pericolo della sua naturale coesione con il blocco continentale euroasiatico, le saranno chiesti i contributi in carne umana e quattrini che la  zelante Pinotti ha improvvidamente già anticipato. Salvo essere, impertinente valletta, richiamata all’ordine dia Renzi, quando qualcuno da oltre Atlantico gli ha fatto pervenire l’sms: “ Seduti!  Qui l’ordine di armarsi e partire lo diamo noi!”.  E forse qualche vocina interna gli ha anche sussurrato: “Guarda che, in queste cose, per opportuna copertura, prima vengono il parlamento, il Capo dello Stato e l’ONU”. 

C’è anche un elemento umoristico in questi Capitan Fracassa, quando promettono di sistemare un paese (cioè di rapinarne il petrolio) frantumato da qualche decina di milizie , che si sparano addosso, con due governi, uno laico e uno islamico, con dietro una pletora di mandanti e sponsor. A partire dall’Egitto, che bombarda l’ISIS insieme  al governo laico di Tobruk, da Qatar, Bahrein, pezzi di Arabia Saudita,Turchia, tutti Nato o cripto-Nato (che hanno allestito e sostengono il guazzabuglio Fratelli Musulmani-jihadisti insediatosi a Tripoli), da USraele che è in apprensione circa la lealtà delle belve islamiste inizialmente addestrate e armate contro Libia, Egitto, Siria, Iraq, Libano, e ha il problema di continuare a controllare entrambi i fronti contrapposti.

Gli schieramenti in Libia, con tante realtà locali che giocano in proprio o combinano alleanze mutevoli, sono difficili da definire. Il peggio e il più alieno alla nazione araba formatasi nei principi della laicità e della giustizia sociale, dell’anticolonialismo e dell’antimperialismo,  sono comunque i Fratelli Musulmani, prima scelta occidentale per soffocare le primavere arabe (un anno di regime del terrore in Egitto, con Morsi, e ora scatenati nel Sinai dove massacrano civili e militari) con  i loro tentacoli “radicali”, da Al Nusra all’ISIS. Vi immaginate i bulletti della Pinotti arrivare, sbaragliare tutti, restaurare una Libia pacificata, magari sotto la dinastia del collaudato amico, re Idriss e recuperare tutto il petrolio all’Italia?  A parte il mercenariato islamista, pensate come accoglierebbe gli italiani un popolo libico che ha il suo eroe storico in Al Mukhtar, impiccato dagli italiani, e il suo padre della patria in Muammar Gheddafi, che gli italiani hanno contribuito a far linciare.

Per il momento, coloro che sanno essere la Fratellanza Musulmana la madre di tutti i jihadismi  e relativo terrorismo, si affidano all’Egitto che, avendo già assaporato la minestra islamista nelle sue varie forme, contro la quale si sollevarono 20 milioni di egiziani, sostiene l’intervento in Libia del presidente Al Sisi al fianco del governo legittimo e del generale Haftar. Governo, va ricordato, che, con l’abolizione della legge degli islamisti. che bandiva chiunque avesse lavorato con il precedente governo della Jamahirija, hanno anche ottenuto il consenso e la partecipazione di settori gheddafiani. Cosa che fa inorridire il Fratello Musulmano del “manifesto” Acconcia, che verga un intero articolo sulla crisi, in cui i laici fanno la parte dei cattivi, golpisti, strumento dell’imperialismo, mentre i buoni sono soprattutto gli islamisti FM di Tripoli, quelli della Sharìa, quelli di Misurata, a suo tempo specializzatisi in stupri ed esecuzioni di massa, prima di gheddafiani e poi di africani neri. Personalmente, nel 2011 a Tripoli, ho raccolto la raccapricciante confessione  di uno dei suoi miliziani (vedi il docufilm “Maledetta Primavera”).

Forse Acconcia si indispone anche per il pencolare di questo Egitto verso Putin, con cui Al Sisi ha firmato giorni fa al Cairo mega-accordi di scambi, investimenti, cooperazione. Sarà anche per ridimensionare il ruolo dell’Egitto che Usa e Nato spingono per guadagnare la direzione dei lavori. Che probabilmente non prevedono un loro fallimentare intervento armato, ma si accontentano del caos assicurato dai propri jihadisti.  Ad Acconcia, visceralmente laicofobo ferro di lancia di un “manifesto” in buona parte occupato dalla lobby, che non rallenta la sua marcia verso il “moderatismo” e perfeziona l’opera di diseducazione politica dei propri lettori, non sfugge il fatto che forte è il fastidio delle centrali imperialiste e dei suoi visir islamisti locali, verso l’iniziativa autonomia dell’Egitto.

Scomparso il contrappeso alla deriva della subalternità alle vulgate USraeliane con la morte di Stefano Chiarini e ridotto lo spazio del bravissimo Dinucci, i paginoni di Acconcia possono concentrarsi su uragani di viscerale odio contro il pur discutibile (ma non per l’intervento in Libia) rais egiziano, in questo modo facendo sparire dalla scena l’ISIS, pur additato nell’universo mondo occidentale come il mazzabubù supremo (per Acconcia quelli che fanno casino in Libia non sono tanti gli islamisti, Fratellanza o jihadisti che siano, bensì una banda di “criminali” e “contrabbandieri”!). Intanto, a Tripoli, è ricicciato il vicario del papa, vescovo Giovanni Martinelli. Lo intervistai nella Libia libera e combattente, quando Gheddafi s’era già ripreso il 70% del territorio e la Nato era ancora fuori dai cieli. Disse che Gheddafi aveva fatto bene al paese e che sarebbe rimasto accanto ai suoi fedeli anche se le orde integraliste fossero arrivate fin lì. Fu richiamato da Ratzinger, tornò a Tripoli a golpe e sterminio compiuto e subito si dichiarò dalla parte dei “liberatori”. Meglio che ora se ne stia zitto.

In margine a tutto questo si è svolta il 14 febbraio a Roma la manifestazione pro-Grecia con dentro cavoli e fichi secchi, Arci Sel Cgil Fiom Prc Pd,dai pacifisti  ai pacifinti, dai bravi intellettuali e artisti ai veterans di mille sconfitte. Settemila, tra canuti e impenitenti ricostruttori di una sinistra sbagliata, riferisce un occhiuto partecipante (20mila per la stampa tsiprasiana), a dimostrazione di una formidabile capacità e volontà di organizzazione di queste possenti centrali politico-sociali. Un palco di eccellenze di sinistra che, tributata un’appropriata solidarietà alla Grecia, a questa Grecia via via più “ragionevole” nella trattativa alle Termopoli, non ha saputo, neanche per un momento, neanche con una parola, esprimersi sulla tempesta bellica che ci arriva addosso, che imperversa in Ucraina, ha riattizzato il rogo dell’Iraq, sconvolge tutta la costa meridionale del Mediterraneo e che vede agitarsi in prima fila i sociopatici del nostro regime a partito unico,

Non hanno salvato l’onore del corteo, irredimibile con chi dal palco ignorava, per non offendere nessuno, la sinergia ontologica tra assalto alla Grecia e attacco ai russi d’Ucraina, agli stati mediorientali, all’America Latina, alla Russia, con chi non osava pronunciare la parola guerra, la parola Nato. Ma il gruppetto che s’è fatto vedere e sentire con i cartelli contro le guerre imperiali e il suo mercenariato nazista e jihadista, se nelle dimensioni ha sottolineato la sordità della società tutta verso il rimbombo degli zoccoli dei Quattro Cavalieri, ha comunque mantenuto viva una voce.

Prolungata, dalla zelante vivandiera Nato, Pinotti, la missione dell’aeronautica italiana in Lituania, a distanza di bombardamento da S.Pietroburgo, all’ombra dei 30mila della nuova Forza d’Intervento Rapido decisa da Obama e sancita dal Congresso, con Forza d’Urto di 5000, “Punta di lancia”, in gran parte germanica, eccoci calati in un’altra notte della ragione e dei mostri che essa genera. Renzi è bravissimo: procede di pari passo nella guerra a noialtri (vedi ultime misure repressive post-Charlie Hebdo e seguenti, che ci vedono addosso gli occhi dell’apparato di fascistizzazione quando, tutti sospetti terroristi, comunichiamo per telefono o internet) e in quella dei tagliateste in uniforme contro tutti coloro che il Padrino ci segnala. Del resto non è la nostra storia millenaria quella delle armate di ventura al servizio di papa e imperatore? E Renzi non sarà che un Salandra- cum-Cadorna d’accatto, ma è facilitata dal fatto che cammina su un tappeto di larve.  

Novorossiya nel cuore

In Ucraina, a mio avviso, le cose sono andate bene con gli accordi di Minsk. Conta soprattutto che i russi di Novorossjia sono riusciti, a prendere la sacca di Debaltseve, con tanto di salvacondotto per l’armata ucraina, unendo in continuità territoriale le due Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, si sarebbe raggiunto il massimo possibile nelle circostanze. E’ vero che le truppe del regime e i battaglioni nazisti stavano venendo sbaragliati su tutti i fronti, ma ancora un passo e si sarebbe scatenato qualcosa di molto brutto tra USA-UE e Russia. Tanti, dalle parti del Potomac e di Wall Street, se lo augurano e ci lavorano. E’ una partita di poker e questi barano. Stavolta nulla hanno potuto contro il tris Putin, Merkel, Hollande,  concordi almeno sul fatto che gli interessi degli Usa non combaciano esattamente con il loro. Ma, per altro verso, anche sgomenti davanti al crollo del “loro” esercito ucraino. Non  per la pace. E’ per il business e per non perdere la propria armata surrogata.

Si farà di tutto per boicottare l’accordo di Minsk, prima che si consolidi in un riconoscimento, in qualche forma, dell’estraneità del Donbass all’Ucraina. Già i battaglioni nazisti hanno respinto la tregua e hanno iniziato le provocazioni. Militarmente non all’altezza dei russofoni, hanno fatto e faranno ricorso a operazioni terroristiche e provocazioni. La falcidie di civili negli ospedali o alle stazioni degli autobus, la False Flag dei mortai a Kramatorsk, le fosse comuni. Stessa ricetta delle bande sconfitte in Siria (dove esercito e Hezbollah stanno ripulendo il Sud), o in Iraq (dove le sorti sembrano volgere a vantaggio dei governativi, delle milizie scite e dei curdi): attentati terroristici contro civili per mantenersi in forma e credibili  agli occhi dei mandanti. Quindi , fallita clamorosamente l’operazione del volo malese MH17, dimostrato abbattuto dal regime, c’è da aspettarsi qualcosa di grosso. Tipo i 21 copti egiziani decapitati in Libia, o una fila di bambine che si dicono stuprate dal presidente di Donetsk Zakarchenko.

Certo è che né la Monsanto, che si leccava i baffi per le concessioni di enormi distese di terreno agricole nel granaio dell’Eurasia, né le multinazionali minerarie e petrolifere a cui il regime Poroshenko e Yatzeniuk hanno assicurato man bassa nel distretto minerario e industriale del Donbass, né soprattutto la Nato, si accontenteranno di lasciare le cose come stanno. Le guerre servono tutte, una che ci distrae dall’altra e tutte che ci distraggono da quella che fanno a noi. Restiamo lì, imbambolati. Intanto, a sottolineare lo scarso spazio di manovra concesso al “moderato” Poroshenko, viene a consolidare la presa su Kiev della Casa Bianca e del FMI, il quarto ministro straniero, ma Nato, nel governo golpista. Dopo i tre accasati dai signori del colonialismo neoliberista nell’economia e nelle finanze, ecco nientemeno, a consigliere (guardiano) del presidente per la parte militare, giungere dall’esilio (in Georgia è perseguito per crimini finanziari) l’ex-capo di quello Stato Saakashvili, quello che lanciò il suo protettorato Usa contro la Russia e ci fece una magnifica figura.

Negazionisti in galera

Inserisco qui sotto un comunicato circa l’approvazione al Senato del ddl che stabilisce il reato di negazionismo. Ora dovrà passare alla Camera. Ci poniamo in riga con gli altri paesi europei che tale fattispecie ce l’hanno e l’hanno usata per chiudere in carcere chi dissente dalla versione ufficiale dell’Olocausto. E la maniera migliore per onorare coloro che sono caduti in difesa della libertà d’espressione, non vi pare? Pare che nel mondo si siano fatti vedere milionate di “Je suis Charlie”, tutti protesi pancia a terra perché si

abbia il diritto di offendere un miliardo e mezzo di persone con qualche schifezza razzista e incendiare mezzo mondo, col corollario di oceani di sangue, nel nome della “libertà d’espressione”. E qui lo dico e qui lo nego. Dato che se, nel nome di tale imprescindibile valore, qualcuno si azzardasse di dire “Je suis negationist” finirebbe al ludibrio, alla colonna infame e al gabbio. E non saprei intravvedere all’orizzonte schiere di marciatori per la sua causa. Sarebbe il deserto di tartari. Ma dico, i negazionisti sono sbertucciati e anatemizzati in mezzo mondo, quelli che si esprimono in termini intellettuali sono quattro gatti. Molti già finiti in galera. Stanno alle galassie di credenti (e sfruttatori) della Shoah come un petardo sta alla bomba atomica. Cosa è che infastidisce tanto Israele e la sua lobby, che dispongono dell’arma invincibile della verità? Paura?

Questo provvedimento, figlio deforme anch’esso dell’impresa parigina, non costituisce soltanto la fine di una storiografia, che o è libera o non è scienza, con i suoi inevitabili  ricorrenti rivolgimenti (anche perché la scrivono, come si sa, i vincitori) che  l’arricchiscono e la rendono perpetuamente viva. E’ la fine davvero del principio che due milioni di sprovveduti hanno preteso di onorare, marciando a Parigi. Se uno storico non si può permettere di trarre da documenti la convinzione, perfino, che Napoleone si facesse il suo caporalmaggiore, senza per questo finire alla gogna. Io, voi, che non siamo sufficientemente informati e perciò non ci affidiamo passivamente alla vulgata conforme, ma, di fronte al conflitto tra versioni opposte, sospendiamo il giudizio fino a dopo aver letto e visto tutti i documenti, siamo già nel mirino dei droni di Pacifici. Ha gioito, il presidente della comunità romana, per il successo del provvedimento. Fa tutt’uno con tanti altri che ci stanno liberando dai lacci della democrazia e Costituzione. Però, hai visto mai che passi una legge che sbatta in galera chi nega  l’olocausto dei palestinesi? O quello degli iracheni? Sarebbe contento Pacifici? Anche questa una vittoria della democrazia?

Shoah, via libera del Senato al ddl contro il negazionismo

Pd, "Il Paese volta pagina. Negare la Shoah verrà punto come in altri Paesi"

Via libera dell'Aula del Senato al ddl contro il negazionismo che ora deve passare all'esame della Camera. I sì sono stati 234, 8 gli astenuti e 3 i no.
"Il Paese - commenta il Pd con il capogruppo in commissione Giustizia al Senato Giuseppe Lumia - volta pagina. Il reato di negazionismo è uno svolta. Negare la Shoah e i genocidi verrà punito come avviene in tanti altri Paesi". "In Italia la memoria è forte e non va dispersa - ha aggiunto - abbiamo fatto una scelta tecnicamente robusta punendo condotte reali di negazionismo, senza ledere il diritto degli studiosi alla libera ricerca e senza colpire minimamente la libera opinione". 
"Nell'ambito del disegno di legge in tema di negazionismo - spiega il sottosegretario Cosimo Ferri - la commissione Giustizia del Senato ha eliminato la 'minimizzazione' dei crimini di guerra dalle condotte punibili: è una scelta opportuna perché garantisce un grado di libertà necessario per la ricerca scientifica e storica". "In questo campo - spiega Ferri - è giusto che a intervenire non sia il giudice penale, ma che venga lasciato spazio alla libertà di manifestazione del pensiero e in particolare alla libertà scientifica".
Pacifici, grande giorno per la democrazia - "E' un grande giorno per la nostra Democrazia e per la lotta del nostro Paese contro l'antisemitismo. E' stato approvata dall'aula del Senato della Repubblica la modifica dell'articolo 3 della legge 654 del 13 ottobre 1975: la norma che introduce il reato di Negazionismo della Shoah come aggravante della Legge Mancino". Lo afferma, in una nota, il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici. "E' un atto che ci commuove", ha aggiunto. "Non è un grande giorno solo per gli ebrei e i sopravvissuti, ma per tutti gli italiani. Oggi la nostra riconoscenza va a chi si è battuto per questa legge. Ora tocca alla Camera dei Deputati approvare in via definitiva il testo. Conosciamo la sensibilità della Presidente, Laura Boldrini, e ci auguriamo che in poche settimane l'Italia si possa definitivamente dotare della norma che punisce gli assassini della Memoria".


cvd: MARCIA INDIETRO DEL CRIPTO-RENZI GRECO (e un appunto su Gheddafi visto da ciechi e sordi)

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Così daremo questo grosso prestito. La maggior parte tornerà ai creditori, mentre il paese rimarrà col debito, più una montagna di interessi. Così diventeranno i nostri servi, i nostri schiavi. E’ un impero. Non ci sono alternative. E’ un grande impero, di grande successo”. (John Perkins)

Gli uomini, è stato detto, pensano in greggi. Si vedrà che impazziranno in greggi e riguadagneranno la ragione lentamente, uno per uno”. (Charles Mackay)

Finchè l’inganno procedeva tranquillo e consolatorio, tutti ci siamo fatti ingannare, avallando l’inganno per incoscienza o, forse, per vigliaccheria”: (William Faulkner)

Come nel caso di Cuba, dove ci si ridicolizza facendo passare il gigantesco passo indietro delle privatizzazioni, della subordinazione alla Chiesa e della pacificazione con gli Usa, per aggiornamento del socialismo alla vietnamita, le sedicenti sinistre-sinistre, dal “manifesto” in giù, ora si divincolano nell’inguacchio bersaniano della “non sconfitta” per mettere una toppa alla cazzata sesquipedale della “rivoluzione “di Tsipras. “La strategia della farfalla ateniese”, titola il manifesto, ancora a resa dichiarata, e “Ora sarà Atene a scrivere le sue riforme”. Grottesco, patetico, conferma dell’inanità di gentucola frustrata, ma irrimediabilmente vanesia che,annegando nel brodo dei propri ininterrotti abbagli, non perde occasione per saltare sulla prima carrettata di pugni chiusi che passi al largo. La questione sarebbe irrilevante se costoro non riuscissero,  comunque, a seminare nebbia tossica in cervelli che, in mancanza di meglio e di una qualche autonomia di pensiero, potrebbero individuare alternative credibili.

Come volevasi dimostrare
Gioiosi, trionfanti, invece, gli organi di corte che si esaltano per la “sconfitta, la disfatta, la resa, la capitolazione” di Syriza, che aveva osato promettere al popolo un destino diverso dall’essere divorati dall’associazione a delinquere del furto e del sociocidio rintanata a Berlino, Francoforte, Washington e Bruxelles. Dicono bene,  “disfatta”, “capitolazione”, eccetera, anche se ci fa schifo la servile identificazione di questi sicari con le ragioni dei loro mandanti. E’ bastata, quella faccia a gancio di macellaio di Schaeuble, clone del celebre Dr.Stranamore, dal braccio teso a scatto e dall’identica esibizione da una sedia a rotelle del meglio della psicopatia nazista, per riassumere così, nella riunione dell’Eurogruppo, l’uppercut europeo al fasullone di Atene: “Zitti, la riunione è finita”. Come dire: fuori dalle palle e vai a fare i compiti. Si è poi divertito, il giustiziere della Merkel, di fare il beffardo: “Il Greco avrà qualche difficoltà a spiegare l’accordo ai suoi elettori”.

 “Le autorità greche si impegnano ad astenersi da ogni modifica delle misure e da ogni cambio unilaterale  delle politiche e riforme strutturali che impatterebbero negativamente sugli obiettivi fiscali, il recupero economico, la stabilità finanziaria, come stabiliti dalla Istituzioni” (Troika). Senza obbedienza a questi ordini, niente miliardi in ulteriori crediti richiesti per evitare il default sul debito di 320 miliardi di euro. Varoufakis,Il fichissimo ministro greco addetto all’estrema svendita della culla della civiltà europea (agli Usa e ai loro sicofanti europei dà fastidio ogni riferimento a civiltà), ha preso e portato a casa. Poteva fare diversamente chi per anni era stato braccio destro del ladrone Pasok, Papandreu?  Poteva stupire chi s’era fatto ammanettare dall’alleanza governativa con un partito di destra e con un Capo dello Stato tratto dalla reazionaria e corrotta Nea Democratia?   

Non per nulla a Matteo Renzi, pari truffaldino venditore di elisir di lunga vita, dai gorghi in cui va sprofondando e in cui ha contribuito a cacciarlo Tsipras ha reso grazie per  l’aiuto dato. Trattasi di funamboli della presa per il culo, ma nel gesto c’è un barlume di onestà: grazie per avermi dato una mano a buttare alle ortiche, come tu insegni, le promesse elettorali della palingenesi. Tsipras dopo Samaras e Papandreu è come Renzi dopo Berlusconi, Monti e Letta e non c’è dubbio che anche a lui l’eurodittatura lubrificherà la corsa a trascinare un popolo, che ha marciato al suo piffero, a ulteriori sorti magnifiche e progressive dell’europredazione: fine della contrattazione collettiva, conferma dello sbattimento in strada degli statali, deregulation, privatizzazioni, condizioni della Troika (cui Tsipras è riuscito a mettere la maschera di carnevale “Istituzioni”)  per le “riforme di aggiustamento”, accettate in cambio di quattro mesi in rianimazione.  

Qui,  come per tutti noi che veniamo scarnificati dal metodo “austerity” di trasferimento della ricchezza dalle acciughe agli squali, non c’è che una soluzione di sinistra: blocco delle operazioni bancarie, uscita nel giro di una notte dall’Euro, confisca dei beni degli avvoltoi interni che hanno spolpato il paese (altro che renziana “lotta all’evasione”),  rifiuto di sedersi al tavolo prima che Berlino abbia riparato i danni di guerra, ingresso nel grande fronte antimperialista euroasiatico e dei BRICS. E soprattutto vigilanza di Stato e popolare contro il collaudato ricatto padronale del terrorismo false flag in casa e della conseguente “rivoluzione colorata”. Controindicazioni? Rischioso? Qualcuno ci ha insegnato che è meglio morire in piedi che sdraiati.

Formidabili questi anni degli sbandamenti da erotismo sadomaso per un’interminabile serie di nani e ballerine, specchietti delle allodole, saltimbanchi da strapaese, dilettanti narcisi alla sbaraglio, dai rifondaroli ai girotondini, da Porto Alegre a Marcos, da Alba a Libertà e Giustizia, da Vendola e Ingroia all’Altra Europa. Il “manifesto” e il suo paniere di teste d’uovo dagli interminabili saggi sulla rinascita “dal basso, nonviolenta”, tutta di anime belle, assolutamente indifferenti all’imperialismo quale strumento geopolitico del capitalismo ultrà, si riavrà dalla tremenda cantonata presa srotolando il suo tappeto rosso sulle sabbie mobili sparse dall’ennesimo gabbamondo? Certo che si riavrà, in un paese di ciechi che non vedono cosa c’è di buono in quel 25% di voti per autentiche, per quanto magari non ancora del tutto mature, potenzialità alternative, espresso da chi dei gabbamondo ha finalmente capito la funzione. Per loro basterà di nuovo e sempre l’orbo che guarda in direzione ostinata ma sbagliata, ma da qualche parte li conduce. In fondo, per tutti, è questione di quieto sopravvivere.

Mentre qualcuno di noi andava sventolando sul naso dei corifei di Syriza il curriculum, impeccabilmente antagonista e socialista, dei vicerè tsiprasiani in Italia, da Vendola a Maltese e a residui di partiti sbriciolati, fino a quel faro etico-politico della bilderberghiana Barbara Spinelli, un’incurante allegra Brigata Kalimera ci forniva l’aspetto esilarante della burla. Indimenticabile riedizione dell’eterna  ricerca  di orgasmi vicari della “sinistra” italiota, andava ad aiutare a rivoluzionare Atene credendosi a Madrid nel 1936. Per evitare quella  carnevalata sarebbe bastato restare in Italia davanti allo schermo  di “8 e mezzo” e vedere il finto oplite sdilinquirsi davanti alla Gruber (Bilderberg) in sorridenti assicurazioni di buona condotta. E’ vero, noi eravamo corsi da Otelo a Lisbona e per il Cile avevamo raccolto soldi per “armi al MIR”, ma quelle rivoluzioni, per quanto presto assopite, almeno erano sincere.

Rimane il dolore, la solidarietà con un popolo greco che, per tre lunghi e sanguinosi anni, aveva combattuto, senza remore nonviolente, nelle trincee di Piazza Syntagma, per poi finire per doversi esprimere come ieri Manolis Glezos, eroe partigiano e della vittoria sulla dittatura dei Colonnelli: “Rinominare la Troika “istituzioni”  è come chiamare la carne pesce, ma non cambia la situazione precedente… chiedo scusa al popolo greco perché ho preso parte a questa illusione…”. Se ora vi aspettate le scuse della congrega di bancarottieri piccolo-borghesi e radical-chic delle pseudosinistre  che fino a ieri avevano definito la vittoria di Syriza un cataclisma planetario – “La breccia che si apre nel muro dell’austerità e della mancanza di democrazia” - state freschi. Trafelati, stanno già rovistando nei resti di magazzino per trovare un nuovo curatore fallimentare.

A chi resuscita il falso Gheddafi

Ho avuto uno scambio di opinioni scritte con un bravo attivista del M5S. Lui, distanziandosi peraltro dalle spesso corrette posizioni su imperialismo e guerre di Beppe Grillo e dei suoi, unici nello schieramento politico italiano che abbiano fatto risuonare nel parlamento e in rete voci di resistenza al neoliberismo e al suo strumento Euro, aveva fatto una descrizione di Gheddafi che ripeteva i classici stereotipi delle demonizzazioni dei disobbedienti, dal “dittatore” a colui che aveva “massacrato il proprio popolo”. Segno di quanto sappia infiltrarsi anche tra i liberi e pensanti il veleno della disinformazione. Qui la mia replica all’indirizzo anche di tutti quelli che, mentre perfino alcuni responsabili del genocidio libico, iniziano a sussurrare, nascondendo la mannaia insanguinata, “forse era meglio prima, con Gheddafi”, ancora si aggirano tra gli specchi deformanti del menzognificio imperialista.

“Creare in Libia un nuovo Gheddafi”?
E’ implicito, nel titolo del pezzo, un’idea che il quarantennale governo di Muammar Gheddafi sia stato una crudele dittatura, come quella ossessivamente ripetuta dalla stampa ufficiale, soprattutto alla vigilia e durante l’aggressione e distruzione totale di quel paese e a queste funzionale. Ecco i punti di dissenso, basati su una conoscenza diretta del paese, prolungatasi per decenni e completata con i reportage dalla Libia sotto attacco jihadista e Nato (Vedi il mio “Maledetta Primavera”).

Quella che nel 1969 ha detronizzato Re Idris era una rivoluzione – non colpo di Stato –sì, di militari nazionalisti, ma sostenuta da tutto un popolo già ribelle allo sterminio e alla depredazione colonialista italiana, espressisi in ben tre guerre (1911, 1936, 2011) e conclusasi con  il passaggio delle consegne colonialiste ai britannici e al loro fantoccio. Un re travicello che ha rinnovato il dominio delle multinazionali occidentali sui beni del paese e la situazione di sfruttamento ed emarginazione dei suoi abitanti. Non per nulla, coloro che vengono abusivamente definiti “rivoluzionari” e che in effetti sono stati i mercenari integralisti dell’imperialismo, hanno da subito inalberato il vecchio vessillo di Idris e si sono rivelati agenti del recupero coloniale della Libia. Sono gli stessi che oggi provocano la frantumazione sanguinaria di un paese già unito e prospero.

Non si capisce la ragione per la definizione denigratoria di un Gheddafi “poco originale” nel recupero della piena sovranità politica ed economica della nazione  e “fedele discepolo di Nasser”. Aspetti che vanno ritenuti fortemente positivi, alla luce dei risultati, originalissimi,  ottenuti dalla rivoluzione gheddafiana nei successivi 40 anni e del fatto incontestabile che Nasser è stato il protagonista primo della liberazione e dell’unificazione araba nel segno del laicismo, dell’antimperialismo e del progresso sociale.

“Tutte le cariche più importanti furono ricoperte da Gheddafi”. Qui si percepisce l’eco del “dittatore” (definizione ripresa nell’articolo in terza colonna (“La primavera araba”), con cui il leader libico è stato demonizzato per ottenere il consenso pubblico alla spedizione Nato del 2011. Una demonizzazione che si ripete per ognuno dei leader di Stati che non si piegano al dominio neoliberista e militare dell’Occidente capitalista e che rivela un approccio neocoloniale, con sottotoni razzisti, a organizzazioni di società diverse da quelle che detta il pregiudizio eurocentrista, ma magari rispondenti a tradizioni culturali e politiche e a volontà popolari espresse in congiunture alternative  all’esperienza europea.

Si ignora che quella della Jamahirija libica, come teorizzata nel “Libro Verde” (che converrebbe conoscere, anziché ridicolizzare con ingiustificata prosopopea), è stato un tentativo di adottare per un popolo fin lì assoggettato a domini assoluti e diviso in tribù, i principi della democrazia diretta. Questa si articolava in assemblee territoriali e di aggregazioni sociali e industriali deputate a formulare direttive per il proprio autogoverno e a esprimere le proprie istanze in organi via via allargati, fino al Congresso Nazionale dei delegati, organo esecutivo. Struttura non molto diversa da quella teorizzata dal M5S. Gheddafi non rivestiva alcuna carica istituzionale, ma, da padre della Patria, che aveva portato al riscatto e all’unità tutto un popolo, godeva di una grande autorità morale che naturalmente aveva il suo peso sulle decisioni assunte dalle istituzioni.

L’affermazione che “il colonello libico” fosse “affine all’integralismo islamico classico” andrebbe corroborata da fatti e dati. Alla storia risulta che il massimo nemico del governo nato dalla rivoluzione fosse proprio l’integralismo islamista che aveva mantenuto la sua roccaforte a Bengasi (da dove poi sarebbero partite nel 2011 le bande jihadiste sollecitate e armate dall’Occidente e dai sultani integralisti del Golfo), origine di numerose sollevazioni, colpi di Stato tentati e, oggi, provincia del Califfo. A proposito di questo conflitto e delle “dure critiche” dell’ONU a Gheddafi, quell’ONU, che pur avendo avallato tutte le aggressioni Nato ad Afghanistan, Iraq, Iran, Siria, Libia, Jugoslavia, non ha per niente “autorizzato Francia, Gran Bretagna e Italia” a farsi aviazione delle fanterie jihadiste. Autorizzato venne unicamente una “No Fly Zone”, poi allargata abusivamente dai governi menzionati a guerra totale.

Si parla di “violenze compiute da Gheddafi nel tentativo di riprendere il controllo della situazione”. Una falsità totale, quella del “dittatore che bombarda il proprio popolo”, utilizzata, come per Milosevic, Saddam e Assad, come alibi dell’aggressione. La popolazione dei quartieri tripolini presuntamente bombardati da Gheddafi, e io stesso che mi trovavo sul posto, come il vicario del papa, Martinelli, come i satelliti che controllavano il territorio, avevamo smentito definitivamente tale bufala, come le altre affini su Gheddafi che rimpinzava le sue truppe di Viagra perché stuprassero i propri cittadini (ottimo per consolidare consenso nel momento dell’aggressione!), che torturasse i prigionieri, che cacciasse nel deserto e uccidesse migranti (due milioni di migranti erano ospitati in Libia con gli stessi diritti degli autoctoni).

A proposito dell’ONU, più che la subalternità del suo segretario generale a tutti i diktat del padrino Usa, varrebbe la pena ricordare, il documento ufficiale della Commissione ONU  sui Diritti Umani che, ancora nel febbraio 2011, riconosceva alla Libia di Gheddafi il primato continentale nei diritti umani. Si chiama “Indice dello Sviluppo Umano” ed elenca l’emancipazione delle donne (giustamente menzionata anche nell’articolo),  la riappropriazione e distribuzione delle ricchezze nazionali, la giustizia sociale che aveva portato al benessere generale, l’istruzione e la sanità gratuite, la piena occupazione, la sicurezza della casa, l’assenza di povertà, l’uguaglianza, la dignità. Tutto senza confronti, non solo nel continente africano, ma assolutamente inconciliabile con i progetti della globalizzazione neoliberista.

L’autore riferisce che, secondo i servizi segreti occidentali, Gheddafi avrebbe sostenuto il “terrorismo” dell’IRA, dell’OLP e dell’ETA. Appunto, “terrorismo” secondo i servizi segreti occidentali. Forse andava aggiunto che quelle degli irlandesi, dei palestinesi e dei baschi, dal punto di vista delle rispettive popolazioni, erano lotte di liberazione nazionale contro il terrorismo colonialista di potenze occupanti. E’ improprio l’accostamento a queste lotte, con implicito attribuzione di colpa, dell’abbattimento del Jumbo Usa su Lockerbie in Scozia. E’ vero che Gheddafi, per uscire dalla morsa mortale delle sanzioni e dei bombardamenti Usa, consegnò alla magistratura due cittadini libici e risarcì le famiglie delle vittime, peraltro mai ammettendone la colpa. Ma è ancora più vero che, nel giudizio finale, l’unico imputato fu assolto e liberato e che la stessa giustizia scozzese definì il primo verdetto “un’aberrazione giuridica”, mentre numerosi indizi puntavano su un’operazione False Flag della Cia, notoriamente primatista di simili operazioni.

Le rivolte di massa contro i regimi tirannici di Egitto e Libia, la Primavera Araba, anche quelle occultate del Golfo, furono cosa del tutto diversa dalla sedizione, immediatamente armata, dei jihadisti di Bengasi, fin dall’inizio diretta da forze speciali occidentali e che la resistenza del popolo libico sconfisse, fino a recuperare il 70% del territorio, prima del micidiale intervento dell’aviazione Nato e di migliaia di mercenari forniti dagli Stati islamici più retrivi. Oggi, nel sanguinoso caos libico, sono attivi gli stessi protagonisti, evolutisi in ISIS e affini. Non di “guerra civile” si è trattato, ma, come nel caso di Iraq e Siria, di una cospirazione occidentale  e israeliana neocoloniale, tesa a liquidare gli ultimi bastioni di una nazione araba laica e sovrana. A linciare Gheddafi, con l’ilare plauso di Hillary Clinton, non furono “guerriglieri rivoluzionari”, ma terroristi, anche colombiani, al soldo degli aggressori.

Dare il merito dell’unificazione della Libia all’occupazione italiana, senza menzionare gli orrori inflitti a quel popolo da Balbo e Graziani, con incendi di villaggi, decimazioni, avvelenamento delle acque, deportazioni, campi di concentramento (600mila morti su due milioni di abitanti), non rende giustizia alla vera unificazione promossa dalla resistenza di tutti i libici sotto la guida di Omar Al Mukhtar, poi impiccato dai fascisti. Per la precisione, va detto che il Sud della Libia non era popolato da tribù “bellicose” (?) prevalentemente berbere, ma di libici africani  e Tuareg di varie tribù. I berberi sono una minoranza collocata al confine con la Tunisia, attorno a Zintan.

Infine non credo che ci si possa, da antichi dominatori e seviziatori coloniali, azzardare a formulare interventi e suggerire soluzioni federali (secondo i piani di frantumazione degli Stati arabi elaborati da Israele fin dagli anni ’80) a un paese di cui Gheddafi aveva realizzato l’unità e ne aveva fatto una nazione libera e indipendente, promuovendo al contempo l’unità e l’indipendenza africane: una banca africana, una valuta africana, un’unione economica africana, telecomunicazioni africane.  Altrettanti motivi per cui doveva essere rimosso e ucciso.

Le potenze colonialiste non hanno alcun diritto di interferire nel destino dei paesi che vorrebbero ricuperare al dominio e allo sfruttamento. Tanto meno ricorrendo a paesi arabi e musulmani definiti “moderati” (termine ambiguo assai), alleati degli Usa. Quali sarebbero? I satrapi del Golfo, i turchi del sultano Erdogan, le tirannie giordana e marocchina, che tutti insieme affiancano le imprese di conquista e depredazione occidentali? Alle quali una frantumazione della Libia in tre Stati farebbe molto comodo (come in corso di attuazione in Siria e Iraq). Quanto all’ “egida dell’ONU”, si sa a che risultato questa ha portato nella distruzione di paesi sovrani, tutti indistintamente più felici e giusti prima del cataclisma degli interventi occidentali e dei loro surrogati, dal Vietnam alla Jugoslavia, dall’Iraq alla Libia, al Sahel, alla Siria.

Tutto questo è ben esplicitato dalle posizioni del M5S in Parlamento e di Beppe Grillo (vedi recente post su ISIS e Gheddafi), oggi e storicamente unica voce liberatasi dallo tsunami propagandistico dell’imperialismo le cui “verità” sono finalizzate a imbrogliare e frodare la conoscenza della realtà allo scopo di ottenerne il consenso, o almeno la passività, nei confronti delle proprie operazioni genocide. A partire dalla stancamente ripetitiva satanizzazione dei leader che si ostinano a rifiutare obbedienza e sottomissione. Avessimo noi i diritti umani dei libici sotto Gheddafi! Ci leccheremmo i baffi.
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Aggiungo anche, eliminando la firma per non violare uno scambio personale su ciò che si definisce “sinistra”, queste inconfutabili osservazioni di un amico.


Anch'io vedo una buona dose di frustrazione. Dato che in Italia e in Occidente è tutto fermo, si aggrappano a ogni moto purchessia all'estero per vedervi le rivoluzioni che qui hanno solo sognato. A parte l'Egitto, che è un caso particolare secondo me, e alle primavere vere nei vari emirati corrotti di cui non si è parlato, era evidente che le "primavere arabe" erano una manovra a tenaglia. Quando Rasmussen le paragona fin da subito alle "primavere baltiche", occorre ancora che ci facciano i disegnini? In realtà nemmeno i bombardamenti Nato hanno fatto cambiare idea a molti "compagni" (ma sono compagni quelli che tollerano o addirittura guardano di buon occhio i bombardamenti Nato?). Invece si sono lette certe sbrodolate sulle "rivoluzioni senza partito" e altre parole in libertà! (i francesi sempre in testa a dire cazzate, assieme agli italiani, non a caso la Rossanda sta a Parigi). Senza partito ma con la Nato.
Il tanto vituperato "terzomondismo" ha spesso agito come anticorpo all'eurocentrismo e a tutti i suoi pregiudizi. Ma dico, 'sta gente non gira, non si muove, non legge? Come si fa a dire simili bestialità su Gheddafi? Come si fa a non accorgersi che la Siria è la nazione più civile del Medio Oriente?
Tutti affetti da orientalismo. Ottusi, incoscienti, superficiali, provinciali che si dicono internazionalisti.
Che strazio!
Persino sull'Alba sono riusciti a dire idiozie. Ad ogni modo, grande Maduro che ha sventato l'ennesimo golpe, questa volta yankee-UE-israeliano.
E spero che la Kirchner pigli anche lei a calci negli zebedei 'sti provocatori senza scrupoli.
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